Incombe l'era della controriforma?


Stiamo scivolando, pressoché senza accorgercene, verso l'era della Controriforma. Quasi un
invisibile Concilio tridentino fosse tornato a riunirsi per escogitare nuovi strumenti per reprimere e
prevenire insorgenti eresie e quali vie battere per ottenere che le prescrizioni ecclesiastiche siano
osservate da tutti, non solo dai credenti. E cosa sostituire alla Inquisizione, alla Congregazione
dell'Indice e soprattutto al ricorso al "braccio secolare" per ottenere obbedienza.
Questa inquietante
visione mi è venuta alla mente al termine di un dibattito da me diretto al Congresso della Società
italiana di Chirurgia tra la sen. Paola Binetti e il sen. Ignazio Marino su «Etica e testamento
biologico». Due senatori appartenenti allo stesso Partito democratico, ambedue cattolici, eppur di
cultura antitetica, l'una convinta assertrice dell'ortodossia vaticana, l'altro interprete impegnato della
libera scelta dell'individuo all'interruzione dei trattamenti sanitari al fine di evitare l'accanimento
terapeutico.
La discussione non ha trovato alcuna possibilità di accordo, soprattutto su un punto centrale che si
riflette nella stesura di due contrapposti disegni di legge. Il discrimine riguarda la libertà del
cittadino di decidere, quando è ancora nel pieno possesso delle sue facoltà, a quali cure e terapie
vuole essere sottoposto nel caso in cui si trovi in coma irreversibile o in uno stadio finale di una
malattia così invalidante e penosa da ridurlo ad una parvenza di vita del tutto inaccettabile (caso
Welby). Non si tratta, quindi, di una legalizzazione dell'eutanasia (che, peraltro, personalmente
auspico), poiché non si sancisce la possibilità di somministrare al malato sostanze che assicurino
una «morte dolce», ma solo di interrompere o rifiutare trattamenti terapeutici che prolunghino,
senza alcun elemento di regressione della sofferenza, un mantenimento artificiale della
sopravvivenza. Su questo aspetto il non possumus pontificio, proclamato come principio
indisponibile e immodificabile, ha trovato una formulazione cosiddetta tecnica nel progetto di legge
teo-dem, firmato alla Camera dalla Binetti, Bobba, Carra, Lusetti ed altri Pd, mentre al Senato
analogo disegno è firmato da un folto gruppo di ex Popolari e ex Margherita, oggi Pd, tra cui la
Baio, la Garavaglia, Fioroni, Del Vecchio ed anche Follini e Tonini che, forse aspirando a una
impossibile sintesi, hanno anche sottoscritto il progetto di legge che sostiene l'opposto, firmato da
110 senatori a partire da Ignazio Marino, Levi Montalcini, Veronesi, Finocchiaro, Zanda, Livi
Bacci, Chiaromonte, Nicola Rossi, Latorre nonché numerosi dell'IdV e alcuni della CdL (Malan,
Paravia, Saro, ecc.). La linea di separazione è netta: i teo-dem (vedi art. 4 della legge Binetti) si
sono inventati che l'idratazione e la alimentazione artificiale non sono terapie ma un atto
equivalente alla somministrazione di pane ed acqua (l'evangelico «dar da bere agli assetati» e
«nutrire gli affamati»). Quindi non ricade nell'accanimento terapeutico, per cui, se un individuo nel
suo testamento biologico, peraltro revocabile in ogni momento, dichiarasse il contrario, la sua
disposizione è nulla, non deve essere eseguita e chi vi ottemperasse commetterebbe un crimine
penale. Ignazio Marino, Levi Montalcini, Veronesi e gli altri parlamentari laici e cattolici che
sostengono il contrario, affermano «che nessuno può essere obbligato, contro la sua volontà, a
introdurre nel proprio corpo, attraverso un sondino inserito chirurgicamente o no nello stomaco,
sostanze come lipidi, elettroliti, proteine, ecc. elaborate chimicamente». Ma il quesito va ben oltre
ed è tutt'altro che tecnico. Esso tocca la libertà della persona umana, la disponibilità sul proprio
corpo, il valore delle sue decisioni. In uno Stato di diritto i cattolici, così come i credenti di altre
religioni, debbono godere del pieno diritto di uniformarsi, se lo ritengono giusto, ai dettami delle
gerarchie ecclesiastiche. Per contro, solo in uno Stato integralista, dove la legge religiosa è anche
legge civile e norma politica per tutti i sudditi, il diktat dei preti o degli ulema, del Papa o degli
ayatollah ha forza d'imperio. Lo Stato italiano si colloca a metà: non c'è più l'Inquisizione o il
«braccio secolare» per imporre i testi sacri, interpretati dal Sant'Uffizio, come obbligo generale.
Essi sono stati sostituiti dalla precettistica invadente del Vaticano sostenuta da una Politica succube
(teo-dem o neo-com che sia) oppure complice per convenienza strumentale, tipica della CdL. La
Sinistra, infine, appare dilaniata e finge di non accorgersene. Per quanto tempo ancora?

Mario Pirani       la Repubblica 27 ottobre 2008