IN MEMORIA DI KAROL
WOJTYLA
Caro Karol,
da un anno sei nel seno del Padre. Ti scrivo - oggi che, da uomo di fede, credo
te raggiungibile, mentre eri inavvicinabile sul trono pontificio - per
esternarti tanti miei dubbi e tante critiche che magari potrai "passare" al tuo
successore.
Molto si è parlato dei tuoi meriti. Fino alla sazietà e oltre. La tua teologia
del consenso ha trionfato sulla scena, dove hai dominato per 27 anni, dando
spettacolo. Appena morto, già santo: che bisogno c'è di processo canonico? Di
eccesso in eccesso. Fino al "Magno". Lo sanno bene i manovratori della fede, che
il popolino ha bisogno di "grandi" da applaudire. I tuoi successori faranno le
spese della tua onnipresenza mediatica. In futuro il papa dovrà soppesare meglio
certe scelte per non condizionare il suo erede?
Spenti i riflettori, è forse cresciuto in età e in grazia quel popolo di Dio,
che è stato mero spettatore delle tue gesta, ridotto a coreografia e claque
universale? Non è forse vero che quanto più il "grande" si mette in evidenza,
tanto più soffoca il piccolo? Sei passato come la star più applaudita del
secolo, anzi la superstar dell'unica vera religione. Tra parentesi, con i tempi
che corrono, la dichiarata unicità e veridicità della religione cristiana non
rischia di alimentare conflitti di civiltà? La proclamazione che le altre chiese
non sono sorelle ti ha fatto rigettare "l'ospitalità eucaristica". Come parlare
ancora di dialogo ecumenico?
Ridurre la religione a spettacolo, il crocifisso a tema da salotto... Non ci
avevate insegnato che Dio abita nel mistero? L'unica spettacolarità che il
figlio dell'uomo si concede è la cornice di una grotta, la scena di un Calvario,
il silenzio del granello di frumento che marcisce. Dio parla nella brezza
silenziosa, non nell'uragano spettacolare. Il vangelo mette sul moggio solo le
opere. E, "vedendole, conosceranno che siete miei discepoli" (Non ci sarebbe
neanche bisogno di predicare…!). "Non credete alle mie parole? Non potete negare
le mie opere". Cristo esige ciò che il mondo si aspetta dai cristiani: le opere
della fede, le quali vanno ben oltre la solidarietà e l'elemosina, ben al di là
dell'assisten-zialismo.
Il tuo primo grido papale: "Aprite le porte a Cristo". Hai fatto bene a
ripeterlo su più di cento pulpiti. Ma hai mai guardato in faccia a chi gridavi
in nome di Dio il tuo slogan? Popoli alla deriva, condannati alla denutrizione,
al debito eterno, allo sfruttamento strutturale da parte dei popoli bianchi e
cristiani. A questi, non a quelli bisognava gridare il giudizio universale.
Andare a dire ai popoli in catene economiche "Aprite le porte a Cristo" non è
come predicarlo ai crocefissi? Ai popoli obesi e con la coscienza al
colesterolo, ai cristiani dalla fede anoressica dovevi predicare che la pratica
delle beatitudini è ineluttabile, altrimenti non ci sarà futuro per nessuno.
Nel 1985, a Cuzco, un "selvaggio" ti riconsegnò la Bibbia e ti disse di portarla
ai suoi oppressori. Dopo aver chiesto la scomunica di coloro che massacrano gli
indios e producono armi atomiche, dichiarò: "Il Vaticano, lo voglia o no, dovrà
decidere: o continua a difendere, in Europa, l'op-pressione dei popoli, la
morte, o si mette dalla parte dei popoli colonizzati dall'Europa, insieme a
quelli che soffrono, e così difende la vita". Non era una voce profetica contro
il consumismo assassino? Tu di parole in favore degli ultimi ne hai proferite
anche troppe, ma opere?
Hai predicato il rispetto dei diritti umani fuori di casa ma li hai nascosti
sotto lo zerbino dell'ex-Sant'Uffizio. Hai chiesto perdono a coloro che sono
stati travolti dalla furia della conquista evangelizzatrice. Non ti restava che
chiedere perdono alle donne, suore comprese, agli ex-preti, alle vittime della
pedofilia clericale, ai 140 teologi imbavagliati per aver impedito loro di
pensare, di scavare nelle stigmate del Cristo-Terzo Mondo. Gli scandali delle
suore stuprate dai preti e dei sacerdoti pedofili non sono serviti a farti
rivedere certi puntigli. Ci penserà la rarefazione dei preti a costringere la
Chiesa a rivedere il celibato, a chiedere scusa agli 80.000 preti che hanno dato
retta più alla voce della vita che alla castrazione obbligatoria? Se Paolo
raccomanda di sposarsi piuttosto che "bruciare", non dovrebbe essere la Chiesa
ad esortare i preti a sposarsi, piuttosto che "friggere"? Fino a quando la
morale coniugale sarà appannaggio esclusivo dei preti eunuchi, amministratori
del corpo altrui, degli embrioni, delle cellule staminali e affini? Ma spetta
proprio a voi pronunciarvi su ciò cui avete "liberamente" rinunciato? Siete i
più "esperti" in una materia che avete chiuso a doppia mandata nei vostri
manuali? Quanti coniugi tra i 1.800 santi messi sugli altari? Le vittime del
franchismo potranno mai venerare certi santi come Escrivà? Hai incrementato una
Chiesa di facciata, di moralismo esteriore, una religione del sabato e del
diritto canonico?
Hai ribadito che "la Chiesa non è una democrazia". Ma il concetto stesso di
fraternità non esclude ogni monarca per il quale esistono solo dei sudditi? Se
tu sei stato un sovrano, come hai fatto a chiamarci "figli"?
Ti sei mai messo nei panni dei popoli-schiavi, che dalle favelas sono stati
costretti a vederti abbracciare al vivo i loro crocefissori, dare loro la
comunione? Te lo immagini Erode, Pilato, ecc. ecc. in fila a rendere o-maggio a
Cristo? Quando i rappresentanti degli indigeni, dei senza terra, senza patria,
senza diritto di essere uomini occuperanno i primi posti nella convivialità
della Chiesa? E cosa c'è in comune tra il fasto della corte pontificia e la
povertà di Be-tlemme ed i tuguri del sud del mondo?
Piazza S. Pietro sempre più piena, le chiese sempre più vuote. Una
contraddizione che annuncia chieli e terre nuove? Il tuo servizio papale ha
accelerato i tempi del sogno di una Chiesa-popolo al posto di una
Chiesa-gerarchia? L'esasperazione del sovrano innescherà nei cristiani la voglia
di essere un popolo di fratelli, non di sudditi?
Fausto Marinetti
frate cappuccino, già missionario in Brasile
Adista notizie n.23 2006