In difesa degli
scienziati: non dimenticano l'etica
Davvero «la scienza non è in grado di elaborare principi
etici»? Tutt'altro, l'etica è parte integrante
della scienza e «ci richiede di essere consistenti e di giustificare quello che
facciamo e le
interpretazioni che diamo ai fenomeni biologici», ha scritto su Nature
qualche tempo fa Paul
Copland professore di Biochimica in Nuova Zelanda. Chi fa ricerca nel campo
delle scienze della
vita lo fa per capire come siamo fatti e perché ci si ammala e per aiutarci a
guarire — quando si può
— o almeno per farci vivere meglio per quello che ci resta da vivere.
Bambini che una volta sarebbero morti di leucemia oggi vivono una vita normale.
Tanti destinati
alla sedia a rotelle camminano grazie a certe protesi dell'anca o del ginocchio.
Una piccola lente
consente di tornare a vedere a chi altrimenti sarebbe cieco.
Come nei miracoli, e succede tutti i giorni in tutti gli ospedali del mondo. I
cardiologi oggi sanno
liberare le coronarie dal colesterolo e ammalati che altrimenti avrebbero avuto
un infarto lavorano e
fanno sport come tutti gli altri.
Quando Luc Montagnier ha scoperto il virus dell'Hiv il mondo ha tirato un
sospiro di sollievo.
L'Aids era una malattia misteriosa. Giovani adulti senza difese immunitarie
avevano infezioni mai
viste prima e morivano. E nessuno sapeva perché.
Scoperto il virus si è trovato un test e poi farmaci che impediscono al virus di
replicarsi. E ogni
anno che passa ci sono farmaci più efficaci. Vuol dire che l'epidemia di Aids si
potrebbe fermare se
si facesse il test e ci si curasse per tempo. Il trapianto di certi organi come
il rene, il fegato, il cuore,
il pancreas, ha consentito a centinaia di migliaia di persone destinate a
morire, di continuare a
vivere, molti sono bambini. E se tanti altri bambini con malattie genetiche rare
presto si potranno
curare, è perché gli scienziati hanno capito come è fatto il Dna e quali e
quanti geni ci sono e che
rapporto c'è tra quei geni e le malattie. Degli antibiotici, dei vaccini e
dell'aspirina (hanno salvato la
vita a milioni di persone) non è neppure il caso di parlare.
Per questo la scienza è attività profondamente etica e «ritardare i progressi
per dispute ideologiche
non è nell'interesse degli ammalati», ha scritto Robert Swartz sul New England
Journal of
Medicine. Un giorno forse non ci sarà più bisogno di rivascolarizzare il cuore e
nemmeno di fare
trapianti.
Gli scienziati avranno imparato a riparare gli organi ammalati e lo faranno
probabilmente con le
cellule staminali. Adulte o embrionali? Non lo so, e non lo sa nessuno per
adesso.
Con le cellule staminali oggi non si curano le malattie salvo quelle del sangue
come le leucemie e i
linfomi.
A una cura efficace per Alzheimer, Parkinson e diabete si arriverà ma ci vuole
ancora tempo e tanta
ricerca anche se quello che s'è visto finora negli animali suggerisce che siamo
sulla strada giusta.
Bisogna però avere la possibilità di studiare tutte le cellule. Per venire
incontro alla sensibilità di chi
pensa che un embrione di poche cellule sia già un bambino gli scienziati hanno
trovato il modo di
non danneggiare l'embrione. Si possono prendere cellule da embrioni che hanno
smesso di crescere,
per esempio, o prelevare una cellula sola (come si fa per la diagnosi
pre-impianto) da un embrione
che poi continuerà a vivere nell'utero della madre. E non basta ancora. Oggi
cellule capaci di
trasformarsi in qualunque altra — proprio come le cellule embrionali — possono
essere ottenute a
partire dalle cellule della pelle. Per adesso l'efficienza è bassissima,
l'esperimento riesce una volta
su un milione, ma è un ostacolo che con il tempo si potrà superare.
In molti hanno paura dei passi avanti della ricerca, ma se avessero più
familiarità con le cose della
scienza capirebbero che gli scienziati sono i primi a cercare soluzioni ai
problemi etici. Ma forse
continuare a discuterne non aiuta a venire a capo di nulla. Perché non proviamo
noi, medici e
ricercatori, a fare il primo passo? Potremmo chiedere a chi ha paura del
progresso di venire nei
nostri laboratori o nei nostri ospedali, vedere quello che facciamo, come lo
facciamo, come
funziona la scienza e le sue regole e i controlli che ci sono e come gli altri
scienziati ci giudicano,
quasi ogni giorno e tutte le volte che scriviamo qualcosa. Se lo faremo davvero
e se chi non è
convinto vorrà raccogliere il nostro invito, tanti capiranno che scienza ed
etica sono due facce della
stessa medaglia.
Giuseppe Remuzzi Corriere della
Sera 18 ottobre 2008