I temi della chiesa in campagna elettorale

 

La gerarchia cattolica , in questi giorni, è aggressiva come non mai. Titoli come «i vescovi contro i

medici» non si erano mai visti. Neppure nei giorni più «caldi» come quelli dei referendum su

divorzio e aborto. Oggi oltre Tevere è logico che si rimpianga quella Democrazia cristiana che

sosteneva le posizioni cattoliche permettendo alla gerarchia di non esporsi in prima fila. Oggi, al

contrario, la gerarchia deve esporsi se non vuole accettare la scomparsa della voce cattolica nel

dibattito pubblico. E la possibilità di un partito più o meno ufficialmente cattolico? Se ne è parlato e

se ne parla.

Come si parla di un abbraccio dei cattolici teodem con Pierferdinando Casini. Come si è parlato di

«genuflessioni» vistose da parte di laici molto noti, come Giuliano Ferrara. Ma la gerarchia non

sembra entusiasta.

Forse diffida della sincerità di alcuni. Forse - direi soprattutto - diffida dello spazio politico che le

aggregazioni etichettate come cattoliche potrebbero avere. Il loro spazio dovrebbe essere quel

«centro» che abbraccia i moderati sia di destra che di sinistra e non esclude nessuno. Uno spazio

che di fatto si è talmente ristretto da apparire inesistente.

Oggi il bipolarismo è inevitabile e costringe anche i cattolici a schierarsi: proprio quello che la

gerarchia non vorrebbe, per evitare una chiesa di destra contro una chiesa di sinistra. Niente centro e

quindi niente partito cattolico. Alla gerarchia non rimane che intervenire direttamente, in prima

persona. E' quello che sta accadendo in questi giorni. Non un partito, ma i temi. Meglio: un tema,

quello che si presta maggiormente a una campagna elettorale, il grande tema cattolico della famiglia

e dell'aborto. Un tema difficile, comunque, come hanno dimostrato i recenti referendum e come

dimostrano i dati su divorzio, unioni di fatto, separazioni, ecc.

Un altro fatto, piuttosto nuovo, spiega l'irritazione dei palazzi vaticani. Il nuovo Partito

democratico, erede non soltanto del comunismo ma anche della Democrazia cristiana, ha aperto,

anche se con moderazione, le sue liste a persone autorevoli ma lontane dalle posizioni cattoliche,

come l'oncologo Sandro Veronesi. L'accordo con i radicali, antichi e tradizionali avversari del

Vaticano, contribuisce alla irritazione. E probabilmente anche a un certo spostamento cattolico

verso la destra. Silvio Berlusconi, ovviamente, pronto ad approfittarne. A questo punto, però, è bene

distinguere decisamente fra Vaticano e mondo cattolico italiano. Il primo è il soggetto

dell'irritazione e dell'aggressione. Il secondo ne è ignaro e probabilmente anche lontano.

Il tempo di un cattolicesimo che aspettava indicazioni politiche dalla chiesa gerarchica e era

disposto a seguirle si può dichiarare finito e lontano. Man mano, con lo scorrere degli anni, i

cattolici anche italiani - come all'estero - si sono fatti più maturi e autonomi. Perfino nelle questioni

riguardanti matrimonio e famiglia, ancora più nelle scelte politiche. Il successo del cardinale Ruini

nel referendum sulla procreazione assistita non fa testo. Basta guardare la freddezza della stampa,

sia dei quotidiani che dei libri. Basta osservare le cifre, tutte in diminuzione, della frequenza ai riti

cattolici. Si può ragionevolmente prevedere che anche l'attuale aggressività non gioverà molto alla

causa della gerarchia cattolica.

 

Filippo Gentiloni    il manifesto  2 marzo 2008