I silenzi del papa negli Usa
A giudicare dai mass media, soprattutto da quelli
nostrani,il viaggio di Benedetto XVI negli Stati uniti è stato un grande
successo. Folle plaudenti, opinione pubblica sostanzialmente favorevole.
Cancellata - almeno a parole - la grande «vergogna» - così l'ha definita il papa
- della pedofilia all'ombra dei campanili cattolici. Cancellate anche le
vergogne della storia degli Stati uniti ricchi e conquistatori.
Ma un' analisi un po' più attenta di quella settimana non può essere altrettanto
ottimista. Non pochi osservatori, infatti, hanno sottolineato quello che il papa
non ha detto nei suoi innumerevoli discorsi. Temi caldi, che molti speravano
maggiormente sottolineati.
La guerra in Iraq prima di tutto: un tema sul quale ci si poteva attendere
qualche cosa di più. Non basta, proprio negli Stati uniti, un generico auspicio
di pace mentre si spara e si muore.
Così per la questione della pena di morte. Il papa ha ripetuto il discorso sulla
sacralità della vita e della persona, ma non appena partito per Roma l'aereo
papale, il boia ha ricominciato a lavorare. E probabilmente anche a Guantanamo
il triste lavoro dei torturatori è ricominciato, se mai era stato interrotto.
Omaggio papale all'impegno contro il terrorismo? Probabilmente sì. Il discorso
contro il terrorismo, infatti, è stato quello che Ratzinger ha ripetuto più
spesso, riecheggiando quasi alla lettera i continui discorsi di Bush e di tutto
l'establishment. E' sembrato che non ci fosse nel mondo un rischio maggiore di
quello del terrorismo. Più delle guerre. Più, anche, della fame e della povertà
in buona parte del mondo. Più, forse, anche del bisogno di pace.
I media hanno sottolineato l'importanza del discorso «magistrale» del papa alle
Nazioni unite. Un discorso nel quale Benedetto XVI ha ripetuto alcune tesi che
gli sono particolarmente care.
Soprattutto la tesi della necessità per la pace e il benessere del mondo di una
legge naturale universale, valida per tutti e sotto l'egida di un unico Dio,
proprio quello che Roma sostiene. Una tesi che bisognerà tornare a discutere.
Filippo Gentiloni Il manifesto 27/4/08