I
semi della sapienza
Immaginiamo una donna, medico, scienziato, bella. Immaginiamola vestita di un camice bianco che mitiga, parzialmente, la sua identità femminile. Immaginiamola tesa ad una ricerca scientifica, una ricerca che dovrà divenire, una propria realizzazione di identità e, allo stesso tempo, una possibilità di realizzazione per altri esseri umani sconosciuti; donne e uomini di cui non vedrà mai il viso. Bene, ora immaginiamola vivere in una società teocratica dove solo i dogmi cristiani siano epistéme, cioè verità vera e quindi scientifica; una società dove un'opprimente cappa religiosa possa far si che le leggi vietino di affermare persino la verità sensibile della percezione. Immaginiamo questa donna fare questa ricerca in uno stato dove gli uomini che governano obblighino a credere solo alle "verità rivelate" suggeritegli da coloro che gestiscono l'alienazione religiosa, facendo di ciò che è, ciò che non è, e di ciò che non è, ciò che è: stiamo parlando di Ipazia, scienziata alessandrina, certamente non solo di Ipazia.
In un
mondo scientifico che, ancor oggi, parla quasi esclusivamente al maschile,
Ipazia viene ricordata come la prima scienziata della storia. Fu la
sola matematica per più di un millennio: per trovarne altre, da Maria Agnesi a
Sophie Germain, bisognerà attendere il Settecento. Ipazia fu anche l'inventrice
dell'astrolabio, del planisfero e dell'idroscopio, oltre che la principale
esponente della scuola neoplatonica. Figlia di Teone, rettore dell'università di
Alessandria e famoso matematico egli stesso, è passata alla storia scientifica
per i suoi commenti ai classici greci: si devono a lei le edizioni delle opere
di Euclide, Archimede e Diofanto che presero la via dell'Oriente, e tornarono in
Occidente in traduzione araba, dopo un millennio di annullamento imposto dalla
teocrazia cristiana. Così parlava di lei Damascio, filosofo neoplatonico, ultimo
direttore dell'Accademia di Atene, soppressa dall'imperatore Giustiniano nel
529: «Ipazia nacque ad Alessandria dove fu allevata ed istruita. Poiché aveva
più intelligenza del padre, non fu soddisfatta dalla sua conoscenza delle
scienze matematiche e volle dedicarsi anche allo studio della filosofia. La
donna era solita indossare il mantello del filosofo ed andare nel centro della
città. Commentava pubblicamente Platone, Aristotele, per tutti coloro che
desiderassero ascoltarla. Oltre alla sua esperienza nell'insegnare riuscì a
elevarsi al vertice della virtù civica. Era così bella e ben fatta che uno dei
suoi studenti si innamorò di lei».
Anche per il poeta Pallada bellezza e sapienza erano fuse in lei: «Quando ti
vedo mi prostro, davanti a te e alle tue parole, infatti verso il cielo è
rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza della parola, astro incontaminato
della sapiente cultura».Questa fu Ipazia, un astro di sapiente bellezza
solitaria, nel tempo in cui i non aderenti al cristianesimo canonico, venivano
perseguitati e giustiziati.
La filosofa alessandrina cadde in un agguato e fu crudelmente assassinata l'otto
marzo del 415 d.C., dai monaci parabolari, sgherri assetati di sangue
pagano, guidati da Cirillo, vescovo di Alessandria. Il suo corpo fu
fatto a pezzi ed infine bruciato.
Con lei
finì per secoli, la libera ricerca, che veniva punita con la morte dagli editti
teodosiani ancor oggi non disconosciuti dalla Chiesa cattolica. Scrivono
Petta e Colavito: «Per i successivi 1200 anni la Chiesa di Roma manovrò
principi, re ed imperatori per tenere a freno il suo più acerrimo nemico: il
sapere, la conoscenza. Il 17 febbraio dell'anno 1600 la Chiesa di Roma fece
bruciare vivo Giordano Bruno, il filosofo e scienziato che aveva studiato gli
atomisti greci e che, attraverso le opere di Democrito, aveva capito l'essenza
di quegli universi infiniti che Ipazia aveva intuito. Il 22 giugno 1633 la
Chiesa di Roma fece abiurare Galileo Galilei, il quale aveva proseguito l'opera
della Scuola Alessandrina e di Ipazia nella sperimentazione della scienza».
Papa Pio XII nel 1944, per festeggiare i 1500 anni della morte di San Cirillo di
Alessandria, promulgò l'enciclica Orientalis Ecclesiae, per "esaltare con
somme lodi" e "tributare venerazione a San Cirillo", a colui che aveva fatto
massacrare ebrei, nestoriani, pagani e fatto bruciare la biblioteca di
Alessandria d'Egitto; a colui che aveva fatto assassinare Ipazia, la madre della
scienza moderna. Immaginiamo una donna, medico, bella. Immaginiamola vestita di
un camice bianca che mitiga, parzialmente, la sua identità femminile.
Immaginiamo che abbia tra le mani semi di sapienza ricevuti da Ipazia, la
scienziata alessandrina.
Gian Carlo Zanon da "Quattro Passi", Marzo 2009
Adriano Petta, Antonino Colavito Ipazia, scienziata alessandrina,
Lampi di Stampa, pp 288, Euro 15,00
Caterina Contini, Ipazia e la notte, Longanesi; Collana
La Gaia Scienza . pp 272, Euro 15,00
Ricorda l'incontro su Ipazia che proporremo il 1 dicembre. Cfr. la pagina "Novità"