I rumeni hanno lo
stupro scritto nel Dna. Parola di razzista
«Tutto rosso è il sangue umano e tutto umano è», scrive un poeta senegalese, e
credo valga anche
per il Dna. La storia di cercar di identificare "scientificamente" appartenenze
biologiche alle
"razze", che è un nonsenso scientifico, indica che ci si muove sul terreno
dei più puri e pericolosi e
vili pregiudizi. La cosa viene da lontano, come il dire che tutte le
donne sono puttane, o "porca
Eva", così che tutti i Neri sono sporchi, gli Ebrei avari, i Gialli infidi e gli
Arabi poi depositari di
ogni crudeltà, sorpassati solo dai Romeni detti anche Rom, che è persino
un'altra cultura. Questo è
già razzismo, cioè rendere uno o una sospettabile di qualcosa, non perché ci
sono indizi o prove che
l'abbia fatta, ma per quello che è. E se non si vince fino in fondo, non
si sradica dalle fondamenta
qualsiasi traccia di pregiudizio legato a ciò che siamo, il pregiudizio riciccia
nelle forme più
inverosimili, così gli Italiani migranti erano discriminati e noi discriminiamo
gli immigrati, gli
Ebrei furono sottoposti alla Shoà e ripetono lo sterminio a Gaza. Per un
certo periodo sembrò che il
furto fosse ignoto in Italia e che ce lo avessero portato gli Albanesi. Adesso
si vuol far credere che
lo stupro è caratteristico di un gruppo culturale umano e si cerca di
"dimostrarlo" in un modo che fa
fare solo brutti pericolosi inquinanti errori. Si chiama "petizione di
principio" ed è uno dei più noti
errori di logica classica: una cosa inventata dagli uomini, che sono campioni "a
prescindere" di
razionalità (altro diffuso pregiudizio). Orbene. Lo stupro è in ogni cultura,
più in quelle stanziali e
fondate sulla proprietà (anche la donna è merce e deve essere "nuova"), era
considerato e persino
sancito come un diritto degli eserciti vittoriosi, e diffuso soprattutto nelle
famiglie a motivo del loro
ordinamento patriarcale, col padre investito della patria potesta se arbitro di
vita e di morte sui figli.
E' stato fino a pochi decenni fa coperto dalle leggi: in Italia,
"patria del diritto", era un reato contro
la morale e non contro la persona e comportava indagini sulla moralità della
vittima (la donna
provoca, mente e simula!). E per ottenere che il parlamento italiano votasse una
legge che lo
definisce un reato contro la persona, ci sono volute un milione di firme
raccolte da associazioni di
donne sotto un testo di iniziativa popolare e ben due legislature, con un tenace
impegno di donne
parlamentari. Infine il parlamento italiano si sentì "costretto" ad approvare
una legge contro la
violenza sessuale che è una delle migliori in Europa. Naturalmente se
nella polizia e nella
magistratura permangono i pregiudizi che uno stupratore è per forza romeno e una
donna provoca
se gira senza una ronda di scorta, non si fa un passo avanti, anzi si rotola
indietro. Considero un
enorme vanto civile che noi donne del Comitato per la legge non abbiamo voluto
allora un
inasprimento delle pene, perché abbiamo sempre confidato in e voluto un
mutamento di cultura e
non un incrudimento repressivo. La Gelmini, sempre più Beata Ignoranza,
presentando la sua
"nuova materia", da non confondere - dice lei - con la "vecchia educazione
civica" perde una
splendida occasione: tra tutte le cose che elenca sotto il titolo della nuova
materia scolastica, non
pensa nemmeno per sbaglio di citare l'informazione sessuale e la lotta contro il
pregiudizio e il
razzismo. Peccato! l'avrei applaudita, anche col rischio di farmi male (al
cuore).
Lidia Menapace Liberazione 5 marzo 2009