I Rom e il ritorno
della bestia razzista
Italia, Francia, Svezia: allarme xenofobia
Un racconto popolare rom descrive come si sente il popolo che i nazisti volevano
sterminare con gli ebrei e che tuttora viene discriminato e perseguitato: anche
un “maiale” si può sentire superiore a un rom.
Come dei maiali non si butta via nulla, così dei rom non ci si libera tanto
meno quanto più si strilla contro di loro. Da questo punto di vista
Milano è la capitale italiana della vigliaccheria e dell’ipocrisia.
Nella primavera prossima si vota per le amministrative e tempestivamente si è
riaperta la questione rom: il ministro leghista Maroni finanzia il piano rom di
Milano (chiusura di 4 campi regolari con circa 1000 tra adulti e minori di
nazionalità italiana, rumena, macedone e kossovara da sistemare), a luglio
Regione, prefettura e assessore alle politiche sociali del Comune firmano un
contratto con relativo finanziamento con le associazioni del terzo settore a
luglio con l’assegnazione di 25 case Aler fuori quota. Ora facendo finta di
cadere dal pero lega e pdl insorgono: non una casa ai rom, presidi per le
strade, benzina sul disagio delle periferie e via così verso il voto di
primavera.
Ma i “nostri” non sono soli. In Francia Sarkozy di fronte al
declino della sua politica monarchica ha pensato bene di aprire la caccia al rom
rumeno con un editto che utilizza la direttiva europea che garantisce la
libertà di movimento sul territorio comunitario condizionandolo
all’autosufficienza economica. Solo che questo editto è applicato
esclusivamente alla comunità rom caratterizzandosi quindi come una vera e
propria espulsione su base etnica e sollevando così le proteste del parlamento
europeo e attirandosi persino la reprimenda degli Stati Uniti.
C’è in tutto questo un utilizzo dell’ondata xenofoba che percorre
l’Europa, un’ondata che ha lambito persino la civilissima Svezia, patria della
tolleranza e dell’accoglienza, che è molto pericoloso.
Il calcolo elettorale di ̆recuperare voti coltivando il disagio,
il sentimento xenofobo e la paura di fronte alla crisi economica e di valori di
questa fase storica ha la gravissima conseguenza di legittimare le spinte
razziste anziché contrastarle. Si pensa
che il gioco vale la candele di un pugno di voti che consenta di vincere e forse
che una volta al potere queste spinte si possano tenere sotto controllo. Ma
non è così: questo calcolo di breve respiro fa finta di non accorgersi del
veleno che diffonde nelle coscienze e dimentica le tragiche esperienze del
secolo scorso. La bestia razzista è più forte del padrone che crede di tenerla
al guinzaglio.
Dijana Pavlovic l’Unità 24.9.10