I ragazzi senza illusioni
Ma cosa sta succedendo ai nostri adolescenti, e perché sempre più spesso si calano nei panni del
bullo, del prepotente, del mascalzone? Una certa dose di aggressività probabilmente è fisiologica,
da poco ho riletto Pinocchio e anche lì, nel lontano e severo Ottocento, i ragazzini fuori dalla scuola
se le davano di santa ragione, indifferenti ai richiami della morale e alla paura delle punizioni. Però
non c'è dubbio che oggi le cose sono peggiorate, che la violenza è diventata pane quotidiano,
impastato con la farina del diavolo. Alle scuole superiori arrivano bambinetti già travestiti da
teppisti, l'aria torva, la camminata spavalda, lo sguardo gelido. Si sono già bevuti milioni di ore di
cartoni animati fatti di scontri, botte da orbi, raffiche mortali, lotta a tutto campo per la supremazia,
sono spugne che grondano un'acqua sporca, che già imparato a tirare fuori gli aculei. Rispetto a
vent'anni fa, questi adolescenti hanno un sistema nervoso arroventato, a scuola scattano per un
nonnulla, sbattono le porte alle spalle, litigano con tutti e con tutto senza che ci sia alcun motivo
apparente, non accettano alcuna limitazione. In un attimo un'allegria sbracata si converte in un'ira
funesta, e in mezzo non è accaduto niente. Il problema di fondo sta tutto nell'immaginario che li
nutre e li cresce. Non c'è mai silenzio attorno a loro, non c'è quella pace magari un po' noiosa che
riempiva di nulla i pomeriggi e invitava i ragazzi a coltivare sogni privati, dolci illusioni, nobili
progetti contro la mediocrità del mondo. Quasi nessuno ama più chiudersi nel bozzolo di una
camera, come in un'astronave che vola fuori dallo spazio terrestre, per suonare una chitarra, leggere
un romanzo d'avventure, lasciare che il tempo scorra portando con sé pensieri infiniti. Oggi
l'adolescente deve subito misurarsi con il mondo, farsi valere. Chi retrocede è perduto, chi vuole
abitare l'incanto malinconico della sua età è una vittima predestinata. Se un ragazzino durante la
ricreazione, mentre i suoi compagni gridano, mostrano i muscoli, millantano chissà quale
personalità, mi viene vicino per confidarmi che sta scrivendo delle poesie, o che ha letto un
romanzo bellissimo, sono contento, ma temo per lui, vaso di coccio tra vasi di ferro.
Se è vero che l'economia dà le regole e il tono a tutto il resto, allora è chiaro che una società in cui
si esalta solamente la competitività, la dura legge del mercato, il trionfo del vincente, non può che
produrre a tutti i livelli tensione e conflitto. I ragazzini incamerano subito questo dato: chi perde è
perduto. La tipica figura adolescenziale del "loser", del sognatore, del poeta con la testa tra le
nuvole non esercita più alcun fascino. Contano i soldi, conta sembrare forti e spietati. Proprio ieri
una ragazzetta di Tor Bella Monaca mi ha raccontato che la moda del momento è accumulare un po'
di denaro e affittare per un giorno una limousine: te la danno con tanto di autista e bodyguard, e
dentro ci si ammucchiano in dieci, quindici, e girano per ore la città, fingendo di essere grandi
attori, famosi rapper, gente che può ostentare ricchezza e potenza. Alla fine tutti tornano nelle loro
case ai margini della città, case con quattro televisori sempre accesi e nessun libro. Il nostro mondo
vive di questi miti. E questi miti producono inevitabilmente disprezzo e arroganza, angoscia e
miseria. Ricordiamocelo: siamo noi adulti ad aver progettato questo immaginario, e ora ci
preoccupiamo perché i nostri adorati pesciolini rossi vogliono diventare in fretta feroci barracuda.
Marco Lodoli la Repubblica 7 maggio 2008