I neocons all'attacco
di Darwin
FILIPPO GENTILONI
Ancora Darwin e
l'evoluzionismo: una polemica fra scienza e fede (cattolica) che era stata aspra
nel secolo scorso e che si poteva credere risolta. Ma a quanto pare non è così.
A riaprirla - meglio: a riportarla in prima pagina - un intervento del cardinale
di Vienna, Schonborn, che ha fatto scalpore soprattutto negli Usa, dove la
tendenza neocon - come si suol dire - non ha mai cessato di fare una battaglia
contro l'evoluzionismo, considerando il vecchio Darwin fra i principali
avversari. Il momento, d'altronde, sembra particolarmente adatto ai
neoconservatori. Da una parte, l'elezione di un nuovo papa che ha tutte le
credenziali per apparire come custode della dottrina teologica tradizionale.
Dall'altra una situazione generale che mette in crisi i tentativi di
conciliazione e di moderazione, esaltando, invece, le posizioni intransigenti,
le uniche che sembrano reggere ai terremoti della globalizzazione e degli
appiattimenti massmediatici. Bene accolto, dunque, il cardinale di Vienna quando
afferma che l'evoluzione della specie, nel senso di Darwin, può anche essere
vera, ma «un sistema di pensiero che fondi tutto sul caso e neghi un disegno è
ideologia», e il disegno non può non essere quello divino della creazione.
«Stiamo tornando al medioevo», commenta invece Margherita Hack, e con lei buona
parte degli scienziati. In realtà il cattolicesimo più ufficiale aveva faticato
non poco ad accettare l'evoluzionismo di Darwin nel secolo scorso. È stata una
delle battaglie più difficili, non senza tragedie e ferite. Si pensi a studiosi
cattolici come Teilhard de Chardin e alle loro fatiche. Infine, dopo un mezzo
secolo di discussioni, la Santa Sede aveva accettato l'evoluzionismo, accettando
insieme una lettura nuova e meno letterale delle pagine bibliche (la cultura
protestante aveva già accettata l'ermeneutica moderna). Ma a due condizioni,
almeno: che a un certo punto, quello del passaggio, per così dire, dalla scimmia
all'uomo, si accettasse l'intervento di Dio per la creazione dell'anima umana,
spirituale e immortale, e che tutto il processo fosse guidato dal Dio creatore.
Due condizioni piuttosto difficili da accettare da parte della scienza e che
oggi vacillano più che mai.
Dopo il caso Galilei e la sua «sconfitta», la chiesa
cattolica aveva scelto di mantenere una certa prudenza. Nel suo ambito, lo
spazio per tre posizioni, che il teologo Bruno Forte, da poco nominato vescovo
di Chieti, sunteggia così: «il creazionismo fondamentalista, che rimane
attaccato alla lettera del racconto biblico; il neodarwinismo, che rimette tutto
alla casualità; il teismo evoluzionista, che accetta l'evoluzione, ma vi
riconosce il progetto di Dio creatore». Riuscirà la chiesa di Ratzinger a
rimanere ancorata a questa terza difficile posizione? È quello che molti
cattolici oggi si augurano, anche se li preoccupa il peso delle tendenze
neoconservatrici: una chiesa impegnata soprattutto nella difesa di una rigida
etica sessuale, potrebbe facilmente trovare nella condanna dell'evoluzionismo un
riscontro interessante e un passaggio logico dall'etica alla teologia. Speriamo
che non sia così.
Il manifesto 24/7/05