I gendarmi del papa

Come mai quando i cattolici minacciano di spaccare la maggioranza «per ragioni di coscienza» li si accontenta sempre? E come mai invece nessuno gli dice mai che c'è un limite a tutto e che se intendono far cadere Prodi si devono assumere la responsabilità storica di riconsegnare l'Italia nelle mani di Berlusconi? È uno dei tanti misteri insoluti della politica italiana.
Un «fatterello» successo ieri in senato conferma in compenso la regola: quando i teodem (cioè gli esponenti della lobby vaticana eletti nel centrosinistra) fanno la voce grossa bisogna dargliela vinta sempre e comunque. L'oggetto del contendere, nel caso specifico, era un emendamento di maggioranza alla legge Finanziaria che avrebbe dato la possibilità ai conviventi che ereditano per testamento i beni del loro partner di pagare la tassa di successione alla stessa aliquota prevista per i coniugi e per i parenti più stretti. Si noti che la tassa di successione si paga sui patrimoni superiori al milione di euro e si immagini a quale percentuale della popolazione ammontino i conviventi che ogni anno ereditano tali fortune.
Il problema, come pare ovvio, era di principio: i gendarmi parlamentari del papa non possono accettare neppure in caso di morte una qualsiasi forma di equiparazione tra le coppie di fatto e quelle unite in matrimonio. Costi quel che costi. Sull'altare dei loro dogmi sono pronti, oltre che a lottare a mani nude con i leoni, perfino a far saltare la Finanziaria, ovvero la più sacra tra le leggi per un leader medio del centrosinistra.
Per scongiurare l'orrida eventualità, gli strateghi dell'Unione si sono messi al lavoro e hanno prodotto, per dirla con la capogruppo dell'Ulivo in senato Anna Finocchiaro, «un grande fatto politico». Mettendola così viene l'acquolina in bocca: ci si rimane quindi anche male scoprendo che la mirabolante trovata è solo l'ennesimo cedimento ai teodem. L'Unione si è infatti ricompattata intorno a santa Finanziaria grazie al ritiro dell'emendamento sulle successioni, in teoria compensato da un ordine del giorno che impegna il governo a preparare entro gennaio un disegno di legge sulle unioni di fatto come da programma.
Ora, che in una qualunque sede politica gli ordini del giorno siano pura fuffa non è un segreto per nessuno. Così come non lo è il fatto che la sola cosa di cui c'è abbondanza in materia di disciplina delle convivenze sono le proposte legislative. Il problema casomai è discuterle e approvarle, ma di questo il grande evento a cui si riferiva Anna Finocchiaro non parla.
Non ci vuole la sfera di cristallo neppure per prevedere che non appena si comincerà a discutere di diritti effettivi per le persone che convivono i teodem e i loro amici (vedi il ministro Mastella) alzeranno nuove barricate e rimetteranno a repentaglio il destino della coalizione. Sarebbe dunque bello sapere perché perfino il capogruppo del Prc al senato Giovanni Russo Spena parla dell'odg di ieri come di «un atto politico che non potrà essere aggirato in nessun modo».
Alla fine, forse, la domanda che ci ponevamo all'inizio ha una risposta. I cattolici ce l'hanno sempre vinta perché, giusta o sbagliata che sia, un'idea chiara in testa ce l'hanno. Che dire invece dei laici del centrosinistra? C'è un orizzonte oltre la Finanziaria di Padoa Schioppa?

  

Gianni Rossi Barilli      il manifesto 08/12/06