I fatti «eversivi» rimasti senza risposte


Noemi-gate, sentenza Mills, inchiesta sui voli di Stato, veline
Il premier, incalzato, replica con un contro-piano. Giustizia nel mirino


Un progetto «eversivo». Probabilmente ancora in corso «da parte di quei media disfattisti a cui è meglio non dare pubblicità». Poi i media diventano i «leader disfattisti come Franceschini», ma il messaggio sul «progetto eversivo» resta confermato. Così Berlusconi davanti alla platea dei giovani industriali a Santa Margherita ligure. «E’ eversione voler far decadere un Presidente del Consiglio - argomenta - scelto dal voto popolare per sostituirlo con qualcuno non eletto democraticamente».
Il Noemi-gate; le motivazioni della sentenza di condanna dell’avvocato inglese David Mills; l’inchiesta sui voli di stato ed eventuali abusi da parte della presidenza del Consiglio: ecco, tutto questo non è diritto di cronaca in funzione del diritto dei cittadini ad essere informati ma «un piano eversivo».
Il cerchio si chiude. E si capovolge. Il Presidente «vittima» aggiusta i fatti, li impacchetta e li confeziona come «un piano» contro di lui. Un piano ovviamente da cui difendersi, a sua volta, attaccando. Andiamo con ordine. Il piano eversivo conta tre capitoli, tutti pronti a deflagrare alla vigilia del voto del 6-7 giugno.
Il primo capitolo comincia, secondo il premier, il 26 aprile scorso quando la stampa dà conto della presenza del Presidente del Consiglio, con tanto di scorta in forza ai servizi segreti, alla festa per il diciottesimo della bionda Noemi Letizia che chiama il presidente «Papi». Continua, nei giorni a seguire, con Veronica Lario che accusa il marito di «frequentare minorenni» perché forse «non sta bene in salute». Prosegue con una serie di ambiguità e contraddizioni su chi sono i Letizia, quali legami e da quando. Domande alimentate da un rincorrersi di bugie e a cui il premier non risponde chiudendo la questione con: «Con Noemi mai nulla di piccante». Insomma non ha fatto, dice, sesso con minorenni. Il punto, al solito, non sono le abitudini private del premier. Il punto è un premier non può dire bugie.
Del secondo capitolo parla solo dicendo ai giornalisti di non fare domande che tanto lui non risponde. Si concretizza il 19 maggio giorno in cui la cancelleria del tribunale di Milano deposita le motivazioni della sentenza Mills spiegando perché, in quale momento e grazie a quali passaggi di società off shore il premier è il corruttore del corrotto avvocato Mills. «Depositano ora per farmi fuori, il solito complotto dei giudici» attacca il premier protetto dallo scudo Alfano a cui non intende rinunciare. Nota tecnica: la sentenza Mills è stata pronunciata il 17 febbraio 2009 e, per legge, le motivazioni devono essere depositate entro sessanta giorni dalla sentenza. Così è stato. Infine i voli di stato. Le migliaia di foto di Zappadu dimostrano che sui voli di stato, cioè quelli che pagano i cittadini (60 milioni solo nel 2009), hanno viaggiato con destinazione Villa Certosa-Sardegna ballerine, cantanti, coristi e amiche varie. Non solo: si scopre anche che aeromobili Fininvest hanno la qualifica di volo di stato. Per questo capitolo Berlusconi è indagato per abuso di ufficio e le opposizioni in Parlamento attendono spiegazioni. Il «piano eversivo» diventa così giustificazione e alibi per il contro piano del premier «in pericolo». I suoi collaboratori più stretti, Niccolò Ghedini in testa, la chiamano «fase 2» e punta esplicitamente a riformare la giustizia, che tanto da lì cominciano sempre i guai. Già che ci sono anche i media. Il ddl sulle intercettazioni comprensivo di bavaglio alla stampa è solo l’assaggio. Prima della pausa estiva sono in agenda la riforma del processo penale e quella del Csm.

 

Claudia Fusani     l’Unità 14.6.09

 

 

 



Il Cavaliere e il suo fantasma


Dunque siamo giunti al punto in cui il Presidente del Consiglio denuncia pubblicamente un vero e proprio progetto eversivo per farlo cadere e sostituirlo con «un non eletto dal popolo». Un golpe, insomma, nel cuore dell´Europa democratica, come epilogo dell´avventura berlusconiana, dopo un quindicennio di tensioni continue introdotte a forza nel discorso pubblico italiano: per tenere questo sventurato Paese nella temperatura emotiva più adatta al populismo che può dominare le istituzioni solo sfidandole, fino a evocare il martirio politico.
È proprio questa l´immagine drammatica dell´Italia che l´uomo più ricco e più potente del Paese porta oggi con sé in America, all´incontro con Obama.
Solo Berlusconi sa perché dice queste cose, perché solo lui conosce la verità, che non può rivelare in pubblico, della sciagura che lo incalza. Noi osserviamo il dramma di un leader prigioniero di un clima di sconfitta anche quando vince perché da quindici anni non riesce a trasformarsi in uomo di Stato nemmeno dopo aver conquistato per tre volte il favore del Paese.
Quest´uomo ha con sé il consenso, i voti, i numeri, i fedeli. Ma non ha pace, la sicurezza della leadership, la tranquillità che trasforma il potere in responsabilità. Lo insegue l´altra metà di se stesso, da cui tenta di fuggire, sentendosi ghermito dal fondo oscuro della sua stessa storia. E´ una tragedia del potere teatrale e eccessiva, perché tutto è titanico in una vicenda in cui i destini personali vengono portati a coincidere col destino dell´Italia. Una tragedia di cui Berlusconi, come se lo leggesse in Shakespeare, sembra conoscere l´esito, sino al punto da evocare la sua fine davanti al Paese.
In realtà, come è evidente ad ogni italiano di buon senso, non c´è e non ci sarà nessun golpe. C´è invece un rapido disfacimento di una leadership che non ha saputo diventare cultura politica ma si è chiusa nella contemplazione del suo dominio, credendo di sostituire lo Stato con un uomo, il governo con il comando, la politica con il potere assoluto e carismatico.
Oggi quel potere sente il limite della sua autosufficienza. Ciò che angoscia Berlusconi è il nuovo scetticismo istituzionale che avverte intorno a sé, il distacco internazionale, il disorientamento delle élite europee, le critiche della stampa occidentale, la freddezza delle cancellerie (esclusi Putin e Gheddafi), lo sbigottimento del suo stesso campo: dove la regolarità istituzionale di Fini risalta ogni giorno di più per contrasto.
Il Cavaliere sente di aver perso il tocco, che aveva quando trasformava ogni atto in evento, mentre lo spettacolo tragicomico dei tre giorni italo-libici dimostra al contrario che le leggi della politica non sono quelle di uno show sgangherato.
Soprattutto, Berlusconi capisce che la fiaba interrotta di un´avventura sempre vittoriosa e incontaminata si è spezzata, semplicemente perché gli italiani improvvisamente lo vedono invece di guardarlo soltanto, lo giudicano e non lo ascoltano solamente. E´ in atto un disvelamento. Questa è la crepa che il voto ha aperto dentro la sua vittoria, e che è abitata oggi da queste precise inquietudini.
Il Cavaliere ha infatti ragione quando indica i quattro pilastri che perimetrano il campo della sua recente disgrazia: le veline, le minorenni, lo scandalo Mills e gli aerei di Stato. Giuseppe D´Avanzo, che su questi temi indaga da tempo con risultati che Berlusconi conosce benissimo, spiega oggi perché siano tutt´altro che calunnie come dice il premier. Sono quattro casi che il Cavaliere si è costruito con le sue mani, che lo perseguitano perché non può spiegarli, che lui evoca ormai quotidianamente mentre tenta di fuggirli, e che formano insieme uno scandalo pubblico, tutt´altro che privato: perché dimostrano, l´uno insieme con l´altro, l´abuso di potere come l´opinione pubblica comprende ogni giorno di più.
E´ proprio questo il sentimento del pericolo che domina oggi Berlusconi. Incapace di parlare davvero al Paese, di confrontarsi con chi gli pone domande, di assumersi la responsabilità dei suoi comportamenti, reagisce alzando la posta per trascinare tutto - le istituzioni, lo Stato - dentro la sua personale tragedia: di cui lui solo (insieme con la moglie che di questo lo ha avvertito, pochi giorni fa) conosce il fondo e la portata. Reagisce minacciando: l´imprenditore campione del mercato invita addirittura gli industriali italiani a non fare pubblicità sui giornali «disfattisti», quelli che cioè lo criticano, perché la sua sorte coincide col Paese. Poi si corregge dicendo che voleva invitare a non dar spazio a Franceschini, come se non gli bastasse il controllo di sei canali televisivi ma avesse bisogno di un vero e proprio editto. E´ qualcosa che non si è mai visto nel mondo occidentale, anche se la stampa italiana prigioniera del nuovo conformismo preferisce parlar d´altro, come se non fosse in gioco la libertà del discorso pubblico, che forma l´opinione di ogni democrazia.
In realtà Berlusconi minaccia soprattutto se stesso, rivelando questa sua instabilità, questa paura. Se sarà coerente con le sue parole, c´è da temere il peggio. Cosa viene infatti dopo la denuncia del golpe? Quale sarà il prossimo passo? E se c´è una minaccia eversiva, allora tutto è lecito: dunque come userà i servizi e gli altri apparati il Cavaliere, contro i presunti «eversori»? Come li sta già usando? Chi controlla e chi garantisce in tempi che il premier trasforma in emergenza?
Attendiamo risposte. Per quanto ci riguarda, continueremo a comportarci come se fossimo in un Paese normale, dove la dialettica e anche lo scontro tra la libera stampa e il potere legittimo del Paese fanno parte del gioco democratico. Poi, ognuno giudicherà dove saprà fermarsi e dove potrà arrivare questo uso privato e già violento del potere statale da parte di un uomo che sappiamo pronto a tutto, anche a trasformare la crisi della sua leadership in una tragedia del Paese.

 

Ezio Mauro      Repubblica 14.6.09