I due colpi del papa

Dall'altare di Monaco Benedetto XVI, assestando uno dei consueti colpi al suo bersaglio preferito - la secolarizzazione delle società democratiche e la ragione illuminista dell'Occidente -, questa volta ne ha assestato uno meno consueto anche ai fautori dello scontro di civiltà. Le coordinate del suo discorso sono le solite, ma il messaggio stavolta è più spiazzante del solito, come è chiaro dalle reazioni che ha suscitato.
Dice il papa, in sostanza, che lo scontro di civiltà è l'Occidente a cercarselo, perché il suo disprezzo del sacro, il suo cinico utilitarismo tecnocratico, la sua sordità e il suo mutismo nei confronti di Dio spaventano i popoli asiatici e africani, i quali dell'Occidente detestano non il Dio ma l'assenza di Dio. Se scontro c'è dunque, sembra dire il papa, non è tra Occidente e Oriente né fra cristianesimo e islam, né tantomeno fra democrazia e fanatismo, bensì tra società che mantengono viva un'istanza spirituale e società che invece l'annegano nel trionfo della tecnica, dell'indifferenza, della laicità. L'istanza spirituale, va da sé, può assumere una forma fondamentalista, e in questo caso il papa la deplora; ma allo stesso titolo deplora la sua cancellazione. Sul terreno di una spiritualità riconosciuta e condivisa, invece, secondo Benedetto XVI la tolleranza e il rispetto reciproco sarebbero possibili, anche fra le tre religioni monoteiste.
Per gli occidental-fondamentalisti il colpo è serio: se l'islam non è tutto fanatico ed è perfino mosso da un'istanza spirituale più del campo cristiano, dal messaggio del papa non solo risulta delegittimata l'attuale crociata democratica contro di esso, ma quel che è peggio rischia di risultare legittimata la guerra santa islamica contro di noi. Uno come Magdi Allam ne è comprensibilmente preoccupato, una come Oriana Fallaci farebbe bene a pensarci un attimo, uno come Marcello Pera glissa disinvoltamente sul punto per non cogliere l'amico Ratzinger in contraddizione e si limita a puntellarne per l'ennesima volta la denuncia della crisi morale dell'Europa.
Ma il messaggio di Benedetto XVI è spiazzante anche per i laici, perché, come commenta Massimo Cacciari sulla Repubblica, sulla despiritualizzazione dell'Occidente il papa ha ragione; e la difesa della razionalità illuminista - impugnata sul Corsera da Lucio Villari con l'ottimo argomento delle potenzialità che essa mantiene proprio agli effetti del dialogo con altre culture - non può prescindere dalla considerazione critica dei suoi esiti attuali.
Tuttavia per almeno tre ragioni il messaggio di Benedetto XVI rimane poco convincente e asfittico, a onta del soffio spiritualista che lo motiva. In primo luogo esso avoca alla fede la spiritualità, negando che quest'ultima possa esprimersi e trovare alimento anche fuori dai confini della religione. In secondo luogo, auspicando fra religioni diverse un dialogo fondato sulla spiritualità condivisa il papa sembra dimenticare - come gli fanno notare sia Cacciari sia, sul Corsera Vittorio Messori - l'ostilità propriamente religiosa che l'islam mantiene nei confronti del Dio incarnato e crocifisso cristiano, ostilità di gran lunga precedente la secolarizzazione occidentale. In terzo luogo il papa ignora, o finge di ignorare, di quanta teologia sia stato impregnato il processo di secolarizzazione in Occidente, sì che il progetto di recuperare le radici cristiane dell'Europa contro la sua storia politica suona come sempre strumentale, volto paradossalmente più alla riconquista di una egemonia mondana che a un processo di rievangelizzazione del Vecchio Continente. Più delle discontinuità sono le continuità fra radici cristiane e secolarizzazione a rendere, sul fronte occidentale, il quadro dello «scontro di civiltà» più complicato di quanto non vedano papa Ratzinger e i suoi abituali crociati teocon, per una volta delusi.

 

Ida Dominijanni      il manifesto 12/09/06