I conti in tasca alla Chiesa
Esce "La Questua", un´inchiesta di Curzio Maltese su cattolicesimo e finanza
Una cifra enorme passa ogni anno dal bilancio dello Stato alle casse
ecclesiastiche Quanto costa davvero la religione al contribuente?
Dopo lo scandalo Ior-Ambrosiano l´attenzione sull´argomento si è spenta
Gli italiani spendono più per il Vaticano che per il ceto politico Ma non lo
sanno
In quasi trent´anni di giornalismo, avevo felicemente ignorato il Vaticano e
avrei continuato a farlo se non fosse stata la Chiesa cattolica a occuparsi
molto, troppo, di me. E di altri cinquantotto milioni di connazionali. Il papa e
i vescovi intervengono nella vita pubblica italiana - perfino nel dettaglio
delle singole leggi - molto più di quanto non faccia l´Unione europea, alla
quale siamo vincolati. Per quanto mi riguarda, ho voluto restituire la premura.
Da anni, i corrispondenti esteri a Roma mi ripetono la stessa cosa: «Voi
giornalisti italiani siete capaci di scrivere poemi sull´ultima mezza calza
della politica e ignorate l´influenza della Chiesa. Mentre per noi una notizia
sul papa vale venti volte una sulla crisi di governo. Il Vaticano è troppo
importante per lasciarlo ai vaticanisti». Ogni mattina saluto il mio vicino di
casa, Udo Gumpel, della tv pubblica tedesca, che esce per andare alla sala
stampa vaticana. Ormai è diventato un esperto di teologia ratzingeriana: «Avete
San Pietro in casa e nell´archivio Rai non ho trovato un´inchiesta sul Vaticano,
soltanto messe e interviste ai vescovi. Se scoppia uno scandalo, come la
pedofilia, dovete comprare i documentari della Bbc». Ho toccato con mano la
rimozione del problema quando ho cercato di documentarmi sui finanziamenti
pubblici alla Chiesa cattolica: in quasi ottant´anni dal Concordato, non era mai
stata fatta un´inchiesta sul tema.
Esistono naturalmente molte belle inchieste sulle finanze vaticane, quasi tutte
però fra gli anni sessanta e la fine dei settanta. Dallo scandalo Ior-Ambrosiano
l´attenzione si attenua fino a spegnersi. Negli articoli di Ernesto Rossi su Il
Mondo ho trovato molte tracce utili e una riflessione della quale ho verificato
la stringente attualità. Sul numero del 17 maggio 1960, Rossi scrive: «Quando si
tratta della "roba" i monsignori del Vaticano hanno la pelle delicata come
quella della principessina che non riuscì a chiudere occhio tutta la notte per
il pisello che le avevano messo sotto sette materassi. L´Osservatore Romano ha
incassato in silenzio la documentazione, da me portata per dimostrare che Pio
XII è stato uno dei maggiori responsabili della Seconda guerra mondiale; ma ha
reagito violentemente alla mia moderatissima osservazione che la politica
reazionaria della Chiesa e la sua stretta alleanza con la Confindustria devono
essere considerate anche un effetto dell´ingigantimento del patrimonio della
Santa Sede e degli ordini religiosi che hanno avuto in pratica le clausole
finanziarie contenute nei Patti Lateranensi, e una conseguenza degli
investimenti massicci fatti dalla Santa Sede e dagli ordini religiosi in
partecipazioni azionarie delle società elettriche e degli altri maggiori gruppi
che sfruttano monopolisticamente il mercato nazionale. Tali affermazioni, scrive
L´Osservatore Romano, "destano un sentimento di pena prima che di sdegno,
infatti rivelano una mente chiusa alla comprensione di quanto trascende
l´interesse materiale e contingente; incapace, dunque, di misurare la realtà che
contempla con il metro del proprio squallore"». A distanza di quasi mezzo
secolo, l´atteggiamento della Chiesa quando si tocca la "roba" non è cambiato di
una virgola.
Circa un anno fa, colpito dal volume di fuoco scatenato ogni giorno contro il
governo Prodi dalle gerarchie ecclesiastiche, in un viavai di tonache sui
telegiornali pubblici e privati, mi sono rivolto a un amico prete, cui mi legano
stima e affetto. Uno che ha dedicato la vita alla lotta alla povertà,
all´ignoranza e alla mafia, come io non sarei mai capace di fare. La risposta,
nel tono spiccio del personaggio, è stata: «I vescovi fanno politica. Non
vogliono il centrosinistra e si danno da fare per far cadere il governo. Vedrai
che alla fine la vera spallata a Prodi la daranno loro». Con un candore ormai
perduto, avevo allora chiesto la ragione di tanto odio politico nei confronti
del cattolicissimo Romano Prodi e di un centrosinistra assai timido sui temi
della laicità, certo più vicino del berlusconismo agli ideali cristiani di
solidarietà. «Nessun odio, semmai convenienza», è stata la risposta. «Il fatto è
che da quegli altri i vescovi ottengono molto di più».
Mi sono ricordato di quelle parole nelle convulse settimane che hanno preceduto
la caduta del governo Prodi. Travolto da una "spallata" finale dei vescovi.
L´episodio più noto è la mancata visita del papa all´Università La Sapienza di
Roma. Un caso da manuale; di più: da antologia storica del machiavellismo, di
come si fabbrica un caso politico.
(...) In Italia il rapporto fra Stato e Chiesa non è di reciprocità. La Chiesa
può intervenire quando vuole negli affari interni italiani, mentre il contrario
è vietato dall´articolo 11 del Concordato: «Gli enti centrali della Chiesa sono
esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano». Le gerarchie
ecclesiastiche, dall´alto di un magistero morale, possono dunque giudicare
criminali le leggi dello Stato, criticare la pressione fiscale, mettere sotto
accusa una Regione o un Comune per un´apertura sui diritti degli omosessuali, e
allo stesso tempo invocare contro le eventuali (in verità, scarse) reazioni la
protezione del Trattato. Il Vaticano è uno Stato estero che vive grazie
all´Italia, ma ha il diritto di sputare nel piatto in cui mangia. Se davvero le
questioni etiche - il divorzio, l´aborto, la procreazione assistita, le coppie
di fatto - fossero così centrali e dunque non negoziabili, la Chiesa non
dovrebbe più accettare di ricevere finanziamenti e privilegi fiscali da parte di
coloro - Stato ed enti locali - che giudica nemici dei valori cristiani. Al
contrario, non vi ha mai rinunciato. Anzi, ne chiede e ne ottiene sempre di più.
Mi sono dilungato sul caso Sapienza perché anche per me, come per Clemente
Mastella, la folla di San Pietro ha rappresentato, nel mio piccolo, «un´illuminazione».
Decisiva per la nascita di questo libro. La prima domanda a cui si vuol
rispondere è semplice: perché negli ultimi anni le gerarchie cattoliche hanno
deciso di appoggiare il centrodestra? La scelta è evidente e testimoniata anche
dai flussi elettorali. I cattolici praticanti in Italia sono calcolati in un
terzo circa della popolazione, quanti cioè dichiarano di andare a messa (in
realtà, quelli che ci vanno davvero sono ancora meno) e di essere influenzati
nel voto dall´opinione del papa e dei vescovi. La percentuale coincide con il
numero di italiani che dona l´otto per mille alla Chiesa cattolica. Questo
elettorato cattolico, dalla comparsa del maggioritario nel 1994, si era sempre
diviso a metà nel voto fra destra e sinistra. Ma nel 2006 si è spostato in
maniera massiccia verso il centrodestra: due terzi dei consensi contro un terzo
andato alle liste dell´Unione. La spiegazione ufficiale è la prevalenza di
alcuni temi etici nella polemica elettorale, per esempio i Dico, le coppie di
fatto, il presunto attacco ai valori della famiglia da parte del centrosinistra.
Ma le gerarchie cattoliche usano i temi etici per mascherare importanti
interessi economici. La vera differenza fra un governo di centrodestra e uno di
centrosinistra non sta tanto nella difesa dei valori cattolici o laici - assai
timida nel secondo caso, almeno rispetto agli altri paesi europei.
La differenza reale sta nel diverso atteggiamento nei confronti della perenne
"questua" di danaro pubblico da parte del Vaticano. Si tratta di un do ut des
fra due caste, quella dei politici e quella ecclesiastica, che passa sulla testa
dei cittadini. Gli italiani spendono per mantenere la Chiesa più di quanto
spendano per mantenere l´odiato ceto politico. Ma non lo sanno.
(...) Da laico riconosco e rispetto il diritto dei cattolici di
intervenire e pronunciarsi come e quando vogliono sui temi etici. Ma sono anche
consapevole che in questo paese la libertà di un laico è considerata inferiore a
quella di un cattolico. Un laico non può offendere una persona sulla base di un
pregiudizio personale, né può intromettersi nella vita privata o giudicare le
scelte sessuali altrui, tanto meno boicottare le leggi dello Stato, o accusare
il prossimo di reati inesistenti. Per esempio, sostenere che la Chiesa cattolica
"ruba" il danaro pubblico. Un cattolico invece può offendere qualcuno perché è
ebreo, o musulmano, o omosessuale, invitare i medici a boicottare la legge
sull´aborto e bollare come "assassine" le donne che ricorrono a una pratica
legale sancita dalle leggi dello Stato e approvata da un referendum popolare.
Curzio Maltese Repubblica 15.5.08