Hitler, la chiesa e l’antisemitismo
Il dittatore pensava
di poter contare sulla tradizione cristiana.
La rarità di pubbliche voci
di dissenso ecclesiastico verso la politica antiebraica confermavano ai nazisti
che non ci sarebbe stata opposizione dell’episcopato
l resoconto che monsignor Berning, vescovo di Osnabreck, scrisse per i suoi
confratelli su ciò che Hitler aveva detto della «questione ebraica» nel corso di
un incontro con una delegazione episcopale il 26 aprile 1933, attesta una sorta
di sintonia di fondo con settori non irrilevanti del mondo cattolico (...): «Hitler
parlò con calore e calma, qua e là pieno di fervore. Contro la Chiesa non una
parola, solo apprezzamento per i vescovi. Sono stato attaccato per il mio modo
di trattare la questione ebraica. Per 1.500 anni la Chiesa ha considerato gli
ebrei come esseri nocivi, li ha esiliati nel ghetto eccetera, in quanto ha
riconosciuto ciò che gli ebrei sono. Al tempo del liberalismo non si è più visto
questo pericolo. Io risalgo nel tempo e faccio ciò che si è fatto per 1.500
anni. Io non metto la razza al di sopra della religione, ma vedo nei membri di
questa razza esseri nocivi per lo Stato e la Chiesa, e forse fornisco così al
cristianesimo il più grande servizio; da qui il loro allontanamento
dall´insegnamento e dagli impieghi statali».
Hitler non mentiva ma era solo reticente quando affermava di non mettere la
razza al di sopra della religione: ne faceva infatti una componente costitutiva
di essa, pur ironizzando sulle fumisterie dell´ideologia völkisch. Né aveva
difficoltà a richiamarsi alla tradizione ecclesiastica per le misure adottate
contro gli ebrei. (...) Non a caso Karl Lueger e le agitazioni di massa
promosse contro gli ebrei a Vienna dai cristiano-sociali figurano nel Mein Kampf
tra i suoi modelli, anche se il loro limite restava per lui di aver fondato il
loro antisemitismo non sulla razza ma su una visione religiosa. E probabile che
egli pensasse davvero di poter in qualche modo contare, nella lotta contro gli
ebrei, sulla tradizione antiebraica cristiana. (...)
Il calcolo, entro certi limiti, non era sbagliato. Non è privo di significato il
fatto che monsignor Berning non trovò difficoltà né avanzò obiezioni di fronte
alle affermazioni e ai propositi di Hitler. (...) quei propositi non erano certo
tali da poterlo particolarmente inquietare: per decenni voci autorevoli della
pubblicistica cattolica avevano avanzato proposte non dissimili. La rarità di
pubbliche ed esplicite voci di dissenso da parte della Chiesa nei confronti
della politica antiebraica (...) non potevano non confermare Hitler e i
dirigenti nazisti nell´opinione che, su tali questioni, nessuna seria
opposizione sarebbe venuta loro dall´episcopato.
In quei primi mesi del potere nazista la Santa Sede e la Chiesa cattolica
tedesca si mostrarono dunque concentrate soprattutto a tutelare la propria
condizione in Germania. (...) Non va dimenticato il ripetuto, esplicito
riconoscimento espresso da Pio XI nei confronti di Hitler dopo la sua nomina a
cancelliere il 30 gennaio 1933 e già prima della vittoria elettorale del 5
marzo: «Hitler è il primo e unico uomo di Stato che parla pubblicamente contro i
bolscevichi. Finora era stato unicamente il papa». Meriterebbe da questo punto
di vista analizzare con cura le informazioni contraddittorie sul
nazionalsocialismo e le sue imprese che nei primissimi anni Trenta e anche dopo
la sua conquista del potere pervenivano alla segreteria di Stato e di cui la
documentazione vaticana offre ricca testimonianza. (...) Spiaceva che con gli
ebrei e l´ebraismo si colpissero e si rifiutassero capisaldi della tradizione
cristiana come il Vecchio Testamento, spiacevano certi metodi di lotta, spiaceva
soprattutto che le misure adottate si fondassero su premesse ideologiche che si
ispiravano ad un razzismo estremo, sostanzialmente incompatibile con il credo
cristiano. Nelle famose prediche dell´Avvento del 1933 il cardinale Faulhaber
scese perciò in campo a difesa del Vecchio Testamento e della tradizione
cristiana, Rosenberg e il suo Mythus des XX. Jahrhunderts, così come i maestri
del neopaganesimo germanico, divennero il bersaglio di molta pubblicistica
cattolica. Ma ci si guardò bene dal coinvolgere nella polemica e nella
condanna l´antisemitismo. Non erano del resto pochi a ritenere che, se
vi era un antisemitismo razzistico vietato ai cattolici, ne esisteva un
altro, spirituale ed etico («geistiger und ethischer»), che era «stretto dovere
di coscienza di ogni cristiano consapevole», come scrisse il vescovo di
Linz, monsignor Gfvllner, nel gennaio 1933, in una pastorale che ebbe larga
diffusione negli ambienti cattolici europei.
Giovanni Miccoli Repubblica 28.11.08