GUANTANAMO
La colpevole cattiveria di Maroni


Nella giostra della politica italiana, i ministri di Berlusconi restano spesso indietro di un giro. Stavolta tocca a Maroni, il ministro dalla faccia cattiva, spiegare al paese che, se mai l'Italia collaborerà con il governo degli Stati Uniti per la chiusura di Guantanamo accettando di prendersi cura di qualcuno di quei malcapitati, lo farà mettendo a disposizione le proprie galere.
A Maroni, e alla Procura di Brescia che ha prontamente assecondato il ministro dell'Interno, sfugge un dettaglio: i tunisini che verranno trasferiti da Guantanamo in Italia, e le altre decine di detenuti rimessi in libertà dagli americani, sono tecnicamente e formalmente innocenti. Tenuti sotto chiave per anni, sottratti alle più elementari garanzie processuali, privati d'un pubblico processo e del diritto alla difesa ma infine scarcerati perché sul loro conto la giustizia militare americana non ha potuto provare alcuna accusa. Sappiamo, perché è storia di questi anni, che molti di loro erano stati venduti come «combattenti nemici» da bande afgane e da servizi segreti maghrebini per poter intascare taglia e gratitudine dalla Cia. Sappiamo che se solo un concreto sospetto fosse rimasto sul capo di quei disperati, sarebbero già stati processati in una corte federale americana. Così non è stato.
Insomma, i tunisini che toccherebbero in sorte all'Italia non sono pericolosi terroristi estradati da un paese all'altro ma poveri cristi con molti anni di ingiustificata carcerazione preventiva sulle spalle, vittime di uno spietato abuso giudiziario, estirpati dalle loro vite e dalle loro famiglie per essere spediti nel girone di Guantanamo. Verso di loro, la giustizia occidentale ha un debito antico, come lo abbiamo nei confronti dei troppi innocenti sottoposti in questi anni alla lotteria delle extraordinary renditions pur essendo del tutto innocenti (qualche nome? Maher Arar, Khaled El Masri, Murat Kurnaz...). Quel debito andrebbe onorato evitando di ripetere la parodia dell'inquisitore: che ragione c'è di accanirsi su persone risultate estranee a tutte le accuse? Qualcuno crede davvero che se quei tunisini fossero stati davvero armigeri di Al Qaeda, il governo americano si libererebbe di loro così facilmente? Possiamo ammettere, almeno per una volta, che dell'indecenza di Guantanamo una parte di colpa la portiamo anche noi? Mentre i nostri governi fingevano di non sapere cosa accadeva in quel lager, in Europa s'era diffuso un pensiero malato, l'idea che la nostra sicurezza valesse bene qualche eccesso, qualche arbitrio, qualche benevolo abuso. Non sono forse stati i nostri governi, tutti, a far la guerra con ogni carta bollata a loro disposizione contro la procura di Milano per evitare che Cia e Sismi venissero processati per il rapimento di Abu Omar? Non sono stati Prodi e Berlusconi a opporre, contro quel processo, il segreto di Stato puntando ad ottenere l'impunita dei servizi segreti italiani e americani di fronte a un conclamato sequestro di persona?
Maroni, che adesso fa la faccia cattiva, almeno ha la sfrontatezza di dirlo. E questo ci permette di spiegargli che la faccia cattiva va fatta con i cattivi veri. Per esempio con alcuni amici di mafiosi e camorristi che abbiamo appena eletto al parlamento europeo e alla guida delle amministrazioni locali. Non certo con quel pugno di tunisini che portano ancora intatti sulla loro pelle i lividi di una giustizia frettolosa.

Claudio Fava     il manifesto  18/06/2009