Gramsci convertito? I dubbi di un prete

 Quale messaggio si vuole ricavare da un'eventuale «conversione», in extremis, dell'intellettuale marxista italiano di maggiore prestigio? La Chiesa istituzione intende vantare una rivincita sull'uomo Antonio Gramsci o sul marxismo? Il terrore della dottrina di Marx, l'essere rassicurati dal suo definitivo fallimento, sta portando anche la Chiesa, come la destra, alla manipolazione degli eventi? Al di là delle tragiche vicende del mondo sovietico, da tutti riconosciute e condannate, il comunismo ha risvegliato le coscienze al sentimento della giustizia sociale, ai diritti delle classi lavoratrici, mentre la Chiesa si poneva sempre a rimorchio di ogni appuntamento decisivo con la storia. Al comunismo rappresentato da Gramsci va riconosciuto il merito di aver contrastato in Italia il fascismo mentre discusso rimane, presso gli storici, l'atteggiamento della Chiesa ufficiale di Pio XII. La società capitalistica continua intanto a strangolare i paesi poveri, per nulla consapevole di creare le premesse per future inevitabili nuove «rivoluzioni», se non si corre in tempo ai ripari. Il fallimento del capitalismo è sempre più evidente a livello globale: dalla crisi delle banche al fenomeno migratorio fino all'esperienza degli stessi paesi dell'Est. Credono forse in Vaticano che la disperazione del mondo dei poveri si fermerà al pensiero «edificante» che Gramsci avrebbe ricevuto i sacramenti in fin di vita? Se vuole dare scacco matto al marxismo la Chiesa attui quel modello di vita cristiana descritto nei capitoli 2 e 4 degli Atti ove si afferma: «I credenti erano un cuor solo e un'anima sola...avevano tutto in comune... Non vi era nessuno che ritenesse suo ciò che possedeva, ma tutto era di tutti...». Se si relega al «mito» la descrizione di quelle comunità cristiane, diventerà legittimo anche affermare che l'intero ideale evangelico è, nella pratica, irrealizzabile. Il Concilio Vaticano II riaffermava che qualsiasi uomo, coerente coi sani principi della sua coscienza, è accolto da Dio con benevolenza. In punto di morte la persona non può dare garanzia di un autentico assenso né alla Chiesa né ad altri ed è deplorevole la speculazione nei confronti dei morenti. In una lettera alla madre del 10 Maggio 1928, Gramsci scriveva: «Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita (...) Vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato (...) I figli, qualche volta, devono dare dei grandi dolori alle mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini».
 

Don Raffaele Garofalo,    Pacentro (Aq)       Il manifesto 02/12/08