Governo a muso duro con poveri e immigrati


Il complesso delle misure disegna una strategia e un'ideologia affidate a un sistema di intimidazione
ed esclusione. Questi i punti più significativi.


La schedatura dei clochard

Si istituisce il registro delle persone che non hanno fissa dimora, rimettendone a un mero decreto
del Ministro dell'interno la disciplina di funzionamento. La norma contrasta con il principio di
eguaglianza, assoggettando a una sorta di schedatura persone per il solo fatto di essere «senza fissa
dimora». Non si specificano poi le finalità che dovrebbero legittimare questo trattamento
discriminatorio, gravemente lesivo della dignità personale.

Le ronde e il presidio

Gli enti locali potranno avvalersi «della collaborazione di associazioni tra cittadini» al fine, tra
l'altro, di «cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio»; finalità, questa,
prevalente, tanto da comparire nel «titolo» della norma. Ora, coinvolgere privati nell'esercizio di
una delle funzioni principali della sovranità dello Stato contrasta con il monopolio statuale della
forza. Né si prevede espressamente il carattere pacifico (non in armi) di tali associazioni. Se quindi
esse perseguissero anche indirettamente scopi politici (il che non è escluso dalla norma),
incorrerebbero anche nel divieto di cui all'art. 18 Cost..

Il permesso a punti

Si subordina il rilascio (e il rinnovo) del permesso di soggiorno alla stipula di un «accordo di
integrazione» e si prevede l'espulsione immediata nel caso di perdita dei «crediti», senza neppure la
deroga per asilanti e rifugiati. Contrasta con il diritto internazionale subordinare uno status
soggettivo (la presenza in uno Stato) alla valutazione (necessariamente discrezionale) del grado di
integrazione della persona. Giudizio complesso, che l'autorità amministrativa fatalmente
esprimerebbe con criteri arbitrari: tanto più che non sono previsti dalla legge parametri certi né i
fatti che determinano la perdita dei crediti (si rinvia a un regolamento, in contrasto con la riserva di
legge di cui all'art. 10 Cost.).

l'immigrazione irregolare è reato

Benché «derubricato» da delitto (com'era in origine) a contravvenzione, questo reato resta
inaccettabile. Non si comprende infatti l'esigenza di incriminare l'immigrazione irregolare quando
(e per fortuna) la sola misura applicabile resta quella dell'espulsione, la cui esecuzione impedisce la
prosecuzione dell'azione penale, salvo riattivarla in caso di reingresso. Inoltre - fatto gravissimo-
non si prevedono cause di non punibilità o di sospensione del processo per le vittime di tratta, o per
i titolari di un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. Ancora: questo reato sarebbe
difficilmente compatibile con lo jus migrandi sancito quale libertà fondamentale (e non mero diritto
alla fuga) dal diritto internazionale. Infine, la norma sarebbe allo stato inapplicabile, poiché le
disposizioni del d.lgs. sul giudice di pace richiamate ai fini del procedimento… non esistono.

Nei centri identificazione per 18 mesi

È prevista la detenzione nei centri fino a 18 mesi in caso di difficoltà nell'accertamento dell'identità
e della nazionalità dello straniero, o nell'acquisizione dei documenti per il viaggio. La direttiva Ce
migration policy, invocata dal Governo italiano a sostegno della misura, prevede che il termine
massimo di 18 mesi valga per la sola resistenza all'identificazione, il che è diverso dalla mera
difficoltà nell'accertamento. Inoltre, la direttiva sancisce il carattere di extrema ratio del
trattenimento, prevedendo la liberazione dello straniero qualora non esistano verosimili possibilità
di esecuzione dell'espulsione. Correttivi, questi, assenti dal disegno di legge, nonostante la
Commissione de Mistura abbia dimostrato che i tempi per l'identificazione dello straniero non
superano mai i 60 giorni. Perché allora legittimare una simile estensione della detenzione
amministrativa, per un tempo pari a quello di pene previste per reati anche di una certa gravità,
invece di promuovere gli accordi di riammissione che, essi soli, rendono effettive le espulsioni? E
come giustificare tale privazione della libertà motivata solo da circostanze estranee alla condotta
individuale, quali sono l'indisponibilità dei documenti di viaggio o l'impossibilità di identificare lo
straniero?
 

Quelli sinora esposti sono i contenuti principali del disegno di legge. Altre norme, altrettanto
illiberali, prevedono l'obbligatorietà della custodia cautelare anche per i reati informatici,
nonostante la Consulta e Strasburgo non abbiano censurato tale disciplina solo perché sinora
limitata ai reati di mafia; e prevedono, poi, il rimpatrio dei minori comunitari che esercitano la
prostituzione, senza assicurare loro possibilità di accoglienza e protezione in Italia. Si è infine
subordinata la possibilità di contrarre matrimonio - diritto fondamentale e non legato alla
cittadinanza - al possesso del permesso di soggiorno.

Luigi Manconi e Federica Resta        l'Unità  9 novembre 2008

 

 

«Perché un registro degli homeless? Va fermata questa deriva pericolosa»


Senza dimora. Un diritto violato, un’emergenza sociale non possono essere affrontati come un
problema di sicurezza, di pericolo sociale, di rischio criminale. Non si può considerare una colpa o
un rischio di devianza sociale un’assenza di diritti. Pare addirittura incredulo oltre che preoccupato
il vice direttore di Caritas Italia, Francesco Marsico, di fronte al provvedimento avanzato dalla Lega
su cui dovrà pronunciarsi il Parlamento. «Quale tipo di motivazione c’è - si chiede - nel ricercare un
controllo centralizzato e nazionale sulle persone senza dimora? Non vi è nessuna evidenza
scientifica su un possibile rapporto tra queste persone e le forme di devianza sociale e di criminalità».

È più che un travisamento della realtà: è una pericolosissima e inaccettabile inversione
dei problemi. Lo spiega il vice direttore di Caritas Italia. «Le persone senza fissa dimora esprimono
un bisogno sociale di integrazione e una domanda: avere una casa. Patiscono un’assenza di diritti,
non sono certo criminali». Sono un problema sociale da affrontare all’interno di quella devoluzione
dei poteri che la riforma del titolo V della Costituzione attribuisce a Regioni e comuni. «Perché un
registro nazionale?» afferma evidenziando la contraddizione in cui incorre la Lega. Chi sono i senza
dimora? Gente comune che improvvisamente, per la perdita del lavoro, per la difficoltà a pagare il
mutuo, per vicende familiari come una separazione, si è trovata all’improvviso senza più un tetto.
«Esprimono percorsi di fallimento non soltanto personale, ma della rete sociale e del sistema di
tutele che una comunità dovrebbe garantire ai cittadini» mette in chiaro. «Non abbiamo di fronte dei
“devianti” - aggiunge Marsico -, ma dei percorsi di vita spezzati nelle loro aspettative, nello loro
speranze di vita normale e di diritti. Dovremmo domandarci che risposte riusciamo a dare a questi
bisogni e non che tipo di rischi producono verso la comunità». Tanti i motivi di preoccupazione per
questa possibile schedatura di massa con l’istituzione di un albo nazionale dei “senza dimora”
presso il ministero dell’Interno. Potrebbe comportare la loro cancellazione dalle liste di anagrafe dei
comuni. «Così rischierebbero di non essere più considerati cittadini a livello locale. Dovrebbero
votare in una sorta di collegio nazionale inesistente? Sarebbero cittadini soltanto in quanto soggetti
da controllare?». «Tradurre questo tipo di bisogni e queste storie drammatiche in pericolosi cittadini
che vanno perseguiti e controllati sarebbe un'aberrazione giuridica che il nostro paese non merita».
Marsico teme che, come già paventato con il pacchetto sicurezza di Amato, le marginalità vengano
intese come rischi di potenziali criminalità. Che un writer come un senza dimora siano considerati una categoria a pericoloso rischio criminalità per il paese». È una deriva da fermare.

Roberto Monteforte     l'Unità  9 novembre 2008