Gli unici veri razzisti


Discriminare qualcuno perché “negro” o “rumeno”, quello sì che è razzismo, ma è una storia che non ci riguarda. Noi siamo brava gente. Adottiamo ogni giorno qualche nuova misura umanitaria che renda sempre più confortevole il soggiorno fra noi degli stranieri. Ai senza tetto procuriamo alloggi in centri specializzati; favoriamo la riunione delle famiglie con procedure snelle ed essenziali che permettono facilmente ai figli di raggiungere i padri e le madri che si spaccano la schiena nelle nostre case, campi, fabbriche e officine; curiamo gli infermi e accogliamo i bambini. E via dicendo. Per quelli che, nonostante le nostre attenzioni, insistono per volerci lasciare, attrezziamo voli charter che li scortano verso nazioni più accoglienti. Di una vulgata che si alimenta di simili proposizioni abbondano gli editoriali “terzisti” dei nostri grandi giornali, i talk-show, i blog. Tutti concordi nel condannare gli unici, veri razzisti italiani d’oggi: i tifosi di calcio. Secondo queste letture del presente, i tifosi sono gli ultimi che ancora si ostinano a non capire il messaggio di tolleranza e civiltà che proviene dalle istituzioni e dal comune sentire del nostro Paese. Sono le mele marce del cesto sano. Vanno, dunque, repressi. Ma davvero! Non sarà, invece, che hanno la sfrontatezza di dire in pubblico quello che gli altri dicono (e praticano) in privato? Insultato per tutta la partita dai tifosi, l’allenatore del Catania Mihajlovic ha risposto così (dichiarazione testuale riportata dalla stampa): «Non è la prima volta che i romanisti mi chiamano zingaro. Ma io mi ci sento dentro, per me non è un problema». Se l’ha detto davvero, tanto di cappello: è una lezione che ci meritiamo. Temo, però, che in troppi la vedano diversamente: «Che te dicevo? C’avevamo ragione. È zingaro. Ha rivendicato!».

Giancarlo De Cataldo    l’Unità 2.2.10

 




Un manuale on line contro pregiudizi e luoghi comuni

I pregiudizi costituiscono la maniera più semplice per “spiegare ed esorcizzare” le novità del paesaggio sociale che creano insicurezza e ansia: e, insieme, il mezzo più efficace per rimuovere quelle stesse novità attraverso una etichettatura prevedibile e riprovevole. Si tratta di idee errate prive di fondamento di realtà, eppure tenaci e resistenti anche di fronte alle più inoppugnabili delle controprove. Il loro radicamento nel senso comune si diffonde rapidamente, complici innanzitutto i mass media. E ciò consente di vedere nitidamente la disparità di risorse tra le grandi agenzie di comunicazione e gli strumenti che si sforzano di svelare e smontare, alla luce di dati inequivocabili, quegli stessi luoghi comuni. Eppure questi mezzi poveri possono svolgere una loro meritoria funzione formativa. È il caso del “prontuario” intitolato Mandiamoli a casa, i luoghi comuni curato da Andrea Civati, Giuseppe Civati, Ilda Curti, Ernesto Ruffini, Roberto Tricarico. È un agile manuale online fatto di voci e di statistiche. Ne anticipiamo un brano, rinviando al testo integrale pubblicato nei siti sotto indicati. “La maggioranza degli stranieri è cristiana. Ridurre il problema della libertà di culto alla costruzione o meno di moschee non è rappresentativo delle religioni professate realmente tra gli immigrati; infatti, tra gli stranieri i cristiani sono quasi il doppio dei musulmani. Ecco i dati: Musulmani 1.200.000; Cattolici 860.000; altri cristiani 1.100.000; altre confessioni (induisti, buddisti, sikh) 200.000; atei 230.000; non dichiarati 80.000”.
Il testo completo, nel blog civati. it, nel blog metilparaben.it curato da Alessandro Capriccioli, Francesca Terzoni, Giulia Innocenzi e Luca Sartirano e nel sito italiarazzismo. it.

l’Unità 2.2.10