Gli italiano leggono poco. Perfino la Bibbia
Nonostante le insistenze del Concilio Vaticano II e le
tante ore di religione a scuola non sembra che il rapporto dei cattolici
italiani con la Bibbia sia migliorato. Lo rivela e lo conferma un recente
sondaggio pubblicato da Famiglia cristiana e introdotto da Enzo Bianchi, priore
della famosa comunità di Bose, in termini drastici: «L'ignoranza delle Scritture
è l'ignoranza di Cristo. I rischi di un cristianesimo non ispirato dal Vangelo».
I dati sono significativi. Il 69 per cento degli intervistati (età media 49
anni, titolo di studio mediamente elevato), non ha mai letto per intero neppure
i quattro Vangeli. Ma il 68 per cento degli intervistati si considera credente,
il 17 per cento praticante. Il sondaggio rivela che, comunque, gli italiani
leggono ben poco.
Il nostro cattolicesimo, dunque, è piuttosto sganciato dalla Bibbia, con
conseguenze piuttosto significative. La prima riguarda direttamente l'importanza
dei «palazzi»: la loro autorità diviene, così, essenziale e determinante. In
primo luogo l'importanza del papa che, d'altronde, non tende a ridimensionare il
proprio ruolo, tutt'altro.
Ne deriva un cattolicesimo certamente compatto e unitario, ma lontano dalla
ricchezza dei testi biblici e della loro interpretazione.
Una impostazione che favorisce indubbiamente il centralismo di Roma ma che
inevitabilmente appiattisce. E è logico e inevitabile che l'accento venga posto
soprattutto sui temi etici di attualità più che su quelli indicati dalle storie
bibliche.
Una impostazione che è indubbiamente favorita dai moderni mass media che fanno
del papa di Roma una specie di parroco universale. Le istanze intermedie vengono
inevitabilmente sottovalutate, come anche il valore della lettura e
interpretazione personale.
All'opposto il mondo evangelico. Da Lutero e Calvino in poi, gli evangelici
hanno sottolineato il valore della lettura più di quello dell'autorità. Una
ricchezza personale forte,
anche se con le inevitabili discussioni e divisioni.
Lo si è potuto constatare anche di recente, nell'incontro ecumenico di Sibiu.
Nonostante le difficoltà antiche e nuove, il cattolicesimo romano per
sopravvivere dovrà cercare di sottolineare il valore del «libro», anche a costo
di frenare un certo attivismo organizzativo e assistenziale, anche a costo di
spegnere qualche volta la televisione.
Filippo Gentiloni Il manifesto 4/11/07