Gli irriducibili nostalgici del papa re


In nome del papa re. Folclore che ancora agita i salotti e che ogni anno, quando il XX Settembre si
avvicina, scopre nuovi sostenitori, come il generale Antonino Torre, ex parà, consigliere di
Alemanno, che dopo aver letto uno ad uno i nomi dei soldati caduti per difendere lo Stato
Pontificio, si è fatto venire un dubbio coerente sulla reazione del sindaco Alemanno che già deve
temperare le sue nostalgie e non ha nessuna intenzione di fare i conti anche con quelle degli altri.
«Me caccerà?», si è chiesto il parà-papalino?
Come ogni anno l’anniversario della breccia che ha unito l’Italia trova nuovi sostenitori del Papa,
non solo nobiltà nera, ma anche retrovie vaticane, revisionisti incalliti, giovani per cui quel varco è
storia presente. La bandiera pontificia sventola nei salotti, come in quello del principe di Cerveteri,
Lillio Sforza Ruspoli, ma anche degli Orsini, dei Barberini, dei Ghigi, dei Borghese, dei Sacchetti,
dei Serlupi. Degli «europei» Windish Graetz.
Una compagnia di giro che si ritrova al circolo della caccia, alle spalle di piazza in Lucina dove,
nella chiesa, ogni anno si celebrano messe per ricordare l’infausto anniversario.
Se chiedi a Ruspoli la risposta è scontata, sempre la stessa: «Fu una violenza contro Santa Romana
Chiesa. Roma fu presa a cannonate e noi ci sentiamo autorizzati a ricordare questa tragedia». Sua la
proposta di internazionalizzare Roma e di farla reggere da un governatore nominato dal Santo Padre
per liberarla dalla criminalità e dall’inquinamento morale.
Il revisionismo storico impera negli ambienti di anziani «don», di austere nobildonne con il velo
nero a coprire il capo, di diplomatici, di cavalieri di Malta.
E in queste messe ogni tanto si scoprono «borghesi» molto fedeli come successe anni fa quando
arrivò l’allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, ma anche politici come Pino Rauti
(suocero di Alemanno) o la «foulardata» Ombretta Fumagalli Carulli.
Quando ancora esternava, Fazio, spiegò che cosa pensasse di Pio IX, il pontefice «sfregiato» dalla
breccia: «Io credo che sia stato un grande uomo, ritengo che l’unificazione italiana e la fine del
potere temporale possano essere stati un bene, perché spesso dal male nasce il bene. La sua dottrina
va letta con gli occhi del tempo: noi oggi pensiamo che, siccome Pio IX aveva combattuto il
liberalismo, era contro la modernità, ma era invece contro un certo tipo di modernità».
Truppe papaline unite dal piglio di Lillio Sforza Ruspoli che si è scelto come alleati ed eredi, nella
battaglia, Fabrizio e Roberto Lastei, fratelli quarantenni senza un goccio di sangue blu, presidente e
vicepresidente di «Militia Christi». Un «movimento politico cattolico che si batte per ricostruire la
Nostra Patria, seguendo esclusivamente la Dottrina Sociale Cattolica, in piena obbedienza al
Magistero ed alla Disciplina della Chiesa».
Un «movimento» nato «per ricostruire tutto quello che hanno distrutto tutti questi partiti omologati
al pensiero delle potenti ed influenti logge massoniche, delle varie lobbies e sette, fortemente
anticristiane». Insomma per riparare la breccia.
Gli iscritti? Nessun tesseramento solo fedeltà sulla parola. Più o meno? 250 persone.
E molti prelati tra cui monsignor Ignacio Barreiro che, per capirci, ancora si lamenta del fatto che
nel punto della breccia le mura non furono fortificate perché confinanti col giardino di un principe
Bonaparte, che non voleva gente nella sua proprietà.
E tra i simpatizzanti delle truppe papali negli anni si sono alternati molti nomi come Rocco
Buttiglione, che per difendere i privilegi concessi dallo Stato Italiano alla Chiesa ha usato una
spiegazione «papalina»: «Sono una compensazione per la confisca dei beni ecclesiastici dello Stato
Pontificio».
E dire che nel 1970 Paolo VI il XX Settembre aveva celebrato la breccia in Campidoglio
definendola una «liberazione» per la Chiesa da un potere temporale che ne ostacola la missione. E
adesso chi glielo dice al generale Antonino Torre?


Maria Corbi      La Stampa 24 settembre 2008