Gli evangelici tra Dico e Family-day
Il Papa ha tuonato ancora
in mezzo alla tempesta scatenata dal magistero cattolico sui Dico. Rivolgendosi
direttamente ai politici e ai legislatori cattolici, Ratzinger li ha richiamati
alla difesa dei «valori non negoziabili» e a opporsi alle «leggi contro natura».
Anche l'esortazione apostolica Sacramentum caritatis diffusa qualche tempo fa e
che ha come tema l'eucaristia, diventa, seppure indirettamente, strumento
politico contro i Dico!
La difesa della famiglia per Ratzinger e i suoi si pone in
antitesi ai diritti civili riconosciuti nei Dico. Il ragionare per
contrapposizione su questi temi in cui sono in gioco principi di umanità e di
convivenza civile fra diversi, non fa che innalzare delle barricate là dove
occorrerebbe invece cercare con un po' di razionalità, una via di intesa, e
lacera ulteriormente il mondo cattolico e la società civile e politica italiana.
E' quanto molti cattolici (vescovi compresi) hanno capito perfettamente, senza
con ciò rinunciare in nulla alla loro fede cristiana cattolica - ma dubitando
fortemente che i cosiddetti «valori non negoziabili» debbano diventare oggetto
di uno scontro frontale.
In questa cornice il Family-day, che intende mostrare i
muscoli della cattolicità papalina, non sposterà di un centimetro le rispettive
convinzioni sui Dico. I Dico, per chi ancora usa la ragione nelle proprie
argomentazioni, non costituiscono alcun attacco alla famiglia, che nessuno mette
in questione, giuridicamente ben definita e protetta dall'art. 29 della
Costituzione. I Dico intendono riconoscere altre relazioni fra le persone, non
contemplate dall'art. 29 e che sono state inserite nel programma di governo di
chi ha vinto le elezioni. Family-day come rivincita elettorale? Comunque sia, il
magistero cattolico sta al gioco, trincerandosi dietro a una ambigua difesa
della «legge naturale» che viene ora interpretata in chiave anti-Stato. In
nessun paese civile che ha riconosciuto le coppie di fatto si è assistito a un
attacco così massiccio alle istituzioni laiche di una nazione, in aperta
violazione del patto concordatario.
Attestandosi su posizioni di intransigenza e di rifiuto di
una realtà così evidente e che tocca la vita di molti cittadini e cittadine,
quella stessa chiesa che in altri momenti si definisce minoranza, vuole ora
imporre a tutto il paese la propria visione della famiglia e della coppia. C'è
qualcosa di cristiano in questa rivendicazione?
L'istituto familiare, è bene ricordarlo, non è
un'invenzione dei cristiani: esso è condiviso da credenti e non credenti. La
visione cristiana della famiglia e del matrimonio non si riduce a fatto di
natura, si situa nell'orizzonte di una vocazione, nella direzione di una parola
che permette a chi l'ascolta di confrontarsi con l'evangelo di Gesù Cristo e non
con i non possumus ecclesiastici che non hanno altra autorità se non quella
della propria autoreferenzialità. In Italia la questione dei Dico - come dei
grandi e complessi problemi di bioetica - è letta unilateralmente attraverso le
lenti del Vaticano e della Cei, oscurando tutti gli altri punti di vista di
cattolici, protestanti, ebrei, credenti e non credenti. E tutto ciò con la
compiacenza dei mass media che non hanno ancora capito che cosa significhi
«informazione» in una società laica, democratica e pluralista.
Gli evangelici italiani non hanno tutti la stessa opinione
sulle coppie di fatto, ma sono convinti che debbano essere riconosciuti i
diritti civili attualmente negati. Questo riconoscimento non chiede a nessuno di
rinunciare alle proprie convinzioni, al proprio giudizio di valore sulla
famiglia e sulla sessualità.
Riconoscere questi diritti non mette in questione né la
famiglia né il matrimonio fra un uomo e una donna: permette però alle coppie di
fatto, che vivono relazioni d'amore e di solidarietà diverse da quelle
matrimoniali, di essere riconosciute, nella loro dignità di persone umane.
Ermanno Genre docente di teologia sistematica Facoltà valdese di teologia di Roma