GIUSEPPE MAZZINI: QUEL SOGNO DI EDUCARE GLI ITALIANI
Per gentile concessione dell' editore anticipiamo parte della prefazione di Donald Sassoon al libro di Giuseppe Mazzini "Dei doveri dell' uomo" che esce oggi per Rizzoli .In un numero infinito di testi scolastici, Mazzini è posto accanto a Cavour e a Garibaldi come uno dei tre che "fecero l' Italia". In realtà Mazzini non "fece" l' Italia. L' Italia che vide la luce nel 1861 era molto diversa da quella in cui egli aveva sperato. Forse era l' Italia di Cavour, forse quella di Garibaldi. "Forse", perché Cavour non si era augurato di unificare un territorio tanto vasto, con tutti i problemi che ciò comportava (problemi di cui Mazzini era ignaro), e perché l' eroica impresa di Garibaldi consegnò le terre che aveva conquistato a un sovrano e a uno Stato per i quali egli non provava nessun affetto.
A differenza di Cavour e Garibaldi, Mazzini era stato, nell' arco di tutta la sua esistenza, un classico perdente, che non aveva ottenuto alcun risultato concreto: tutte le insurrezioni che aveva progettato non avevano avuto successo - da quella fallita a Napoli nel 1833 al ridicolo tentativo dell' anno seguente di invadere il Regno di Savoia con l' incompetente generale Gerolamo Ramorino; dalla spedizione fallita dei fratelli Bandiera nel 1844 a quella di Carlo Pisacane nel 1857. Nel 1860, quando fu pubblicato Dei doveri dell' uomo, Mazzini aveva ormai capito che tutti i suoi sogni e le sue speranze erano state spazzate via. È il testo di una sconfitta. La nazione che si stava costituendo non era quella per cui egli aveva combattuto. Tuttavia, se lo spirito di Mazzini continua a vivere, e non solo in Italia, molto si deve a queste pagine (...). All' inizio il nuovo Stato italiano preferì ignorare Mazzini.
Dopotutto era stato spesso additato come ribelle e terrorista. Finalmente, cinquant' anni dopo l' unificazione, il suo nome iniziò ad apparire nei testi scolastici seppellendo il suo repubblicanesimo per lasciare spazio a magniloquenti celebrazioni del Regno d' Italia. Solo nel 1949 fu finalmente eretta, a Roma, una statua a lui dedicata. Il monumento era pronto già nel 1929, che però era l' anno del Concordato, e sembrava fuori luogo offendere il Vaticano con la celebrazione di un uomo che aveva così a lungo denigrato il Papa e la Chiesa. In breve tempo Dei doveri dell' uomo divenne il testo chiave del pensiero mazziniano, non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo. Poiché Mazzini aveva vissuto più a lungo in Inghilterra che in madrepatria, non sorprende che il libro sia stato immediatamente tradotto in inglese. Ciò lo rese accessibile e conosciuto nei luoghi più remoti. Alla fine dell' Ottocento era diventato reperibile non soltanto in Europa, ma anche in America Latina e in Asia, in modo particolare in Cina e in India (...).
In questo libro Mazzini inventa un Dio a sua immagine, un Dio che parla la lingua di Mazzini e stabilisce per il popolo l' obiettivo di diventare una nazione. Quando De Sanctis suggerì che l' esule genovese fosse stato come Mosè, condannato a mostrare al suo popolo la Terra promessa ma incapace di condurvelo, non sbagliava. Il Dio di Mosè è un Dio che assegna un compito al popolo ebraico: l' abbandono di una terra ostile e la conquista di un altro paese dove poter costruire una nuova nazione. In questo fervore messianico il nazionalismo è divino e Dio è un costruttore di nazioni. Ma perché Mazzini ricorre a un tale linguaggio religioso? Il compito di unificare l' Italia era più complicato del progetto di liberare l' Irlanda, la Polonia o la Grecia, dove il nemico era manifesto: il dominio da parte di un paese straniero e di un popolo che seguiva una religione straniera. In Italia non c' era un singolo nemico che potesse essere facilmente identificato come ostacolo all' unificazione. Mentre i greci, i polacchi e gli irlandesi parlavano di Liberazione, gli italiani parlavano di Unificazione. C' è una differenza. La maggior parte dell' Italia non si trovava sotto una dominazione straniera ma era soggetta a governanti locali, e l' unica potenza straniera (l' Austria) non era molto più oppressiva della dinastia di casa Savoia o del granduca di Toscana e, comunque, meno oppressiva del Papa o dei re borbonici. L' Italia e gli italiani si dovevano costruire partendo da zero, non sulla base di una religione comune, perché la Chiesa era contraria all' unità nazionale, e non su un principio di identità etnica o razziale e nemmeno potevano fondarsi su una lingua comune, perché l' italiano era una lingua elitaria. Per costruire la nazione italiana il popolo doveva vedersi assegnata una missione, e Dio poteva assegnarla. Ma così come si erano venuti a formare, gli italiani erano, nell' opinione di Mazzini pessimi quanto i loro governanti: egoisti, individualisti e alla mercé di false idee. Dovevano essere rieducati e riformati. Ecco perché l' educazione «è la gran parola che racchiude tutta quanta la nostra dottrina» (...).
La preoccupazione di Mazzini era garantire che il principio fondante della nuova repubblica fosse distintamente separato da qualsiasi idea utilitaria, da qualunque calcolo "razionale" (à la Bentham) dei vantaggi e degli svantaggi che un' Italia unita avrebbe portato ai singoli. Com' era possibile - si era chiesto in un articolo del 21 novembre 1846 - educare le masse senza un principio morale, senza un sentimento religioso? In Dei doveri dell' uomo egli rigettò esplicitamente l' individualismo illuministico della Rivoluzione francese e, almeno implicitamente, la logica capitalistica dell' individualismo possessivo. (...) Non stupisce che la sua visione politica non abbia trionfato. Era difficile che avesse successo nel 1860, quando Dei doveri fu pubblicato; 150 anni dopo sarebbe assolutamente utopistico sperare di trovare un leader che possieda un "potente ingegno", che sia disposto a "sacrificare l' intera esistenza al bene comune" e alla "ricerca... della verità"- il tutto, senza lasciarsi sedurre dagli applausi. -
DONALD SASSOON Repubblica 08 aprile 2010