Giovanni Paolo II, un ricordo inquieto
Per un
paio di giorni si è avuta l'impressione che Giovanni Paolo II fosse ritornato.
Le folle in piazza San Pietro, la sua figura nei media su tutti i canali a tutte
le ore, le immagini, i ricordi. Eppure si è trattato di un ritorno velato, un
po' triste. Non soltanto perché attraversato dalla morte, come ogni ricordo.
Anche perché questo ritorno, al di là degli inni di gloria, aveva qualche cosa
di particolare.
Forse per quel «santo subito!» che le folle avevano
gridato allora: è passato un anno e quel «subito» non vale più. Il tempo è
crudele nella sua corsa. Travolge, distrugge, delude. Quel 2 aprile di un solo
anno fa oggi sembra lontano decenni. Il tempo delle commemorazioni, dei ricordi,
dei «subito» è un passato remoto.
Anche se la piazza è la stessa ed è la stessa la
finestra con quella figura bianca che benedice. E che fa di tutto per
sottolineare la continuità e la presenza del suo predecessore.
Una preoccupazione, questa di Benedetto XVI, che ha
qualche cosa di patetico. Gli sembra faticoso distaccarsi. Faticoso, ma
necessario. E al prezzo di qualche forzatura, come se gli fosse difficile essere
se stesso. Papa Wojtyla come un'ombra su quella finestra, con la famosa colomba
che non voleva volare via e tornava continuamente indietro.
I commenti, d'altronde, dopo un anno sono ancora
troppo vicini. Vicini e localizzati. Sulla vicinanza si pensi al tempo
necessario per le valutazioni più tranquille e meno legate alle grida della
piazza e alle trasmissioni tv. Il tempo, per fare un esempio, che ha esaltato,
ma anche demitizzato, il pontificato di papa Giovanni.
Nel caso di Wojtyla, poi, è in gioco la forte e
nazionalista cattolicità della Polonia. Sembra, infatti, che il primo
anniversario della morte sia stato celebrato con grande solennità, oltre che a
Roma, in Polonia. Ben poco altrove.
Altrove, infatti, è lo stesso pontificato romano ad
essere in gioco. Anche nello stesso mondo cattolico, più che mai fra i cristiani
non cattolici. Ogni esaltazione che ha Roma per luogo e per oggetto è, per così
dire, a doppio taglio. Mentre si applaude, si dubita. Più si esalta più ci si
allontana.
Lo stesso Wojtyla aveva dato il via ad un difficile
processo di revisione del ruolo del papato romano. Una revisione necessaria se
Roma vuole parlare con sincerità di ecumenismo. Una revisione che la esaltazione
di questi giorni non porta avanti, ma rischia di bloccare.
Non sarà facile per Benedetto XVI conciliare la
necessità di una radicale revisione del ruolo del pontificato romano con la
esaltazione del suo predecessore. Una difficoltà che le celebrazioni di questi
giorni hanno evidenziato. Comunque è forse significativo che non si è più
gridato «Santo subito!».
FILIPPO GENTILONI Il manifesto 4/4/2006