Giochi ipocriti con frontiere
Dopo i
talk-show,le gare: meglio,molto meglio gli atleti di piscine,palestre,campi e
piste che non gli atleti della parola vuota o del silenzio.Della parola,specie
negli ultimi giorni,spesa dalla politica con una leggerezza e un’improvvisazione
da brividi.Del silenzio e naturalmente dell’ipocrisia di chi ha fatto avvicinare
le date dei Giochi quasi a sorpresa,come se il discorso non fosse quello
gravemente ampio che sappiamo.Un Grande Paese,destinato a soppiantare secondo
gli esperti gli Usa nel Pil entro il 2041 (ma c’è chi ultimamente ha di molto
anticipato questa data) e forse pronto secondo un altro tipo di esperti a far
strame degli americani nel medagliere di queste Olimpiadi entro quindici giorni…
La Cina come mercato imperdibile detta tempi,esigenze e priorità nel calendario
internazionale,compreso quello olimpico che lo influenza e ne viene
influenzato:sempre di merci si tratta…La Cina come sterminato (nei due sensi)
popolo reclutabile sportivamente, su cui fare esperimenti muscolari ed organici
in una sorta di doping a tutto campo e senza scrupoli,come a dire “siamo i
migliori anche in questo”.Gli ideali olimpici,la lealtà sportiva?Ma via,vi va di
scherzare?
Vedete,per fare un po’ di memoria soprattutto per l’ultima generazione per la
quale questa di Pechino è un’edizione formidabile,con pochi confronti, proviamo
proprio a confrontare,a mettere a fuoco qualcosa a proposito del tema
“boicottaggio”.Quello sportivo per antonomasia è avvenuto nel 1980,Giochi di
Mosca,assegnati come di rito assai prima.Solo che non era stata prevista
l’invasione dell’Afghanistan,nel 1979,e così a Mosca non andarono négli Usa né
la Germania (Federale,ovviamente) né la Cina,tanto per dire.Fu una clamorosa
dimostrazione politica nel nome del leggendario capitano ottocentesco Charles
Boycott, curiosamente solo due anni dopo i Mondiali di calcio d’Argentina
giocati in serenità sotto gli occhi di Videla e tra i morti,e quattro anni dopo
la finale di Coppa Davis benedetta da Pinochet :ma si sa,politica e sport
debbono restare divisi…
Nel caso di Pechino,cui proprio a Mosca nel 2001 dal furbo e plutocratico
Comitato Olimpico Internazionale sono stati attribuiti questi Giochi allo
smog,al terrorismo e ai diritti umani e civili vacanti,della sdrucciolissima
“questione cinese” si sapeva già tutto da allora.E da allora il business ha
trionfato.E da allora c’è stato e si è evidenziato sempre più quel problemuccio
del Tibet,e del Dalhai Lama in giro per il mondo ricevuto per esempio in Italia
solo “privatamente”(né da destra né da sinistra…).
Ebbene,se uno avesse visto tv,ascoltato radio e letto i giornali italiani in
questa settimana,avrebbe pensato a un risveglio dal letargo politico-diplomatico
cialtronesco e assai tardivo di una parte della casta nostrana,a colpi di
Gasparri e Meloni,nel sonno circostante: l’ammonimento che arrivava dal pulpito
era che dovevano essere gli atleti a dare dei segnali di consapevolezza umana e
civile,mentre gli altri,i dirigenti politici e politici sportivi,indigeni ed
estrogeni, se ne fregano e se ne sono fregati.Grottesco,eppure utile,detto con
disperazione ma senza ironia: almeno sia pure con toni e bersagli sbagliati,si è
parlato del problema Cina,e l’effetto che in giro in Italia e fuori si sia
capito che non è una Olimpiade “normale”, forse è stato raggiunto.Del resto,se
le notizie arrivano da noi e dappertutto via tv,perché “scomodare” la
sensibilità degli atleti quando basterebbe che fosse la tv (Rai,Mediaset,La7,le
locali) a incrociare due strisce nere sul teleschermo per ricordare che cosa
avviene e perché sono a rischio i Giochi di Pechino?
Per carità,questo non vuol dire che gli atleti non possano (debbano è un’altra
faccenda,assai scivolosa…) avere sortite personali democratiche e protestatarie.Ma
non ci si dimentichi mai che mentre la politica mette in campo parole,gli atleti
mettono in campo se stessi,la propria vita del momento,del passato e spesso del
futuro,e parole e vita non sono grandezze commensurabili.Insomma Tommy Smith
l’ha fatto.Basta.Nel frattempo l’adolescente Gasparri faceva altro,I
presume,mentre la Meloni non era nata.
Il punto è naturalmente che la politica è vuota,e non può darsi carne e sangue
con il corpo e l’anima degli atleti.In realtà nessuna presa di posizione seria
avverso il totalitarismo economico della Cina è stata assunta né dall’Italia né
dall’Europa,mostrando o debolezza o –peggio- asservimento dell’una e dell’altra
alle priorità economiche.Adesso in extremis si ciancia, abbaiando in poltrona da
posizioni di tranquillo potere alla luna e magari alla recente eclissi di sole
che in Cina porta jella: meglio gareggiare da oggi,continuando a parlare della
“questione cinese” anche durante e dopo le gare.
Oppure molto meglio sarebbe stato nel 2001 opporsi a una candidatura interna
alle esigenze del business sportivo (prossimi Giochi a Londra,2012, alè) che è
solo una faccia di un business più generale,quello del fondamentalismo economico
di un pianeta che ogni quattro anni recita una parte con gli attori/atleti
immersi nel denaro con uno spirito ormai esattamente opposto a quello di quando
ricominciarono le Olimpiadi moderne con De Coubertin.In Grecia antica,in termini
di democrazia etimologica,di fronte alla Cina di oggi avrebbero già tirato giù
il sipario.
Oliviero Beha L'Unità 8 agosto