Gay e famiglia, i no del papa
Le tante ingerenze della santa Sede nella vita politica italiana
 

Il Vaticano è qui. Più di papa Wojtyla, Ratzinger non perde un'occasione per ribadire la supremazia della Chiesa sullo stato.


Dalla procreazione alla famiglia, dall'aborto (pillola RU486 compresa) al no perentorio alle unioni gay. Senza dimenticare la difesa delle scuole cattoliche. Non è certo la prima volta che la Santa sede interviene pesantemente nella vita politica italiana. Lo fece più volte papa Wojtyla lo fa, con maggiore determinazione, Benedetto XVI. E la sferzata data lunedì dall'Osservatore romano a Romano Prodi sui Pacs non è poi una novità. Le unioni civili erano state infatti già bocciate dal cardinale Camillo Ruini durante la presentazione dell'ultimo libro di Joseph Ratzinger nel dibattito col presidente del Senato Marcello Pera. Ma cosa pensa sulla sessualità e contraccezione, Ratzinger ebbe modo di chiarirlo fin da subito, durante la cerimonia di insediamento a San Giovanni in Laterano il 7 maggio: «La libertà di uccidere è una tirannia che riduce l'essere umano in schiavitùù. No all'aborto e alla pena di morte», disse il pontefice, dimenticando però, nella sua battaglia in difesa della vita, di condannare la guerra. Pochi giorni dopo ha inizio la crociata astensionista al referendum sulla fecondazione assistita, che porterà al mancato raggiungimento del quorum grazie soprattutto al lavoro svolto dal solito Ruini. Il presidente della Conferenza episcopale, a Bari per la chiusura del Congresso nazionale eucaristico (27 maggio) chiama a raccolta i fedeli: «Grazie per la testimonianza data, grazie per l'impegno attuale nel referendum e che alla fine è un impegno a favore di ciò che è proprio di ogni essere umano, che non può mai essere ridotto a mezzo ma rimane un fine». Ma è in occasione dell'assemblea della Cei del 30 maggio che papa Ratzinger scende in campo personalmente esortando i vescovi: «Siete impegnati a illuminare le scelte dei cattolici e di tutti i cittadini circa i referendum ormai imminenti sulla procreazione assistita».

Qualche giorno dopo, il 6 giugno, durante il Convegno diocesano sulla famiglia a San Giovanni, a Roma, lancia il suo anatema e per cinquanta minuti si scaglia non solo contro aborto e fecondazione, ma anche contro divorzio, omosessuali e famiglie di fatto e bolla i matrimoni omosessuali come «libertà anarchiche fondate sulla banalizzazione del corpo che passa a sua volta per la banalizzazione dell'umano e che porta a far sì che ognuno possa fare ciò che vuole».

La vittoria ottenuta con il referendum è solo l'inizio della campagna vaticana. Il 24 giugno, in occasione della prima visita al Quirinale, Benedetto XVI non perde l'occasione per ribadire i temi che gli sono cari. A Ciampi il papa chiede impegni in difesa della «famiglia fondata sul matrimonio», «della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale» e delle scuole cattoliche, non prima di aver rassicurato il capo di stato che la Chiesa intende svolgere la sua missione «senza mire di potere e senza chiedere privilegi o posizioni di vantaggio sociale o economico».

Lo stesso compendio al Nuovo Catechismo, presentato il 28 giugno, sposa l'assioma che «lo stato di diritto deve difendere gli embrioni e immorale è la fecondazione eterologa». Ultima battaglia, per ora, quella per l'esposizione del crocefisso. Benedetto XVI la intraprende nell'omelia di Ferragosto e le sue parole, come al solito, sono un monito al governo: «E' importante - dice - che Dio sia presente nella vita pubblica, con segni della Croce, nelle case e negli edifici pubblici»

 

ELEONORA MARTINI      Il manifesto 14/9/05