Futuro passato
IDA DOMINIJANNI

«L'elezione di Joseph Ratzinger a Papa ha segnato per la Germania la fine della Seconda guerra mondiale e della quarantena seguita al nazismo». Parole del direttore di Die Zeit, intervistato ieri dall' Avvenire. Conviene meditarle, nel ponderare guadagni e costi simbolici e politici della storica visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Colonia, conclusasi con piena soddisfazione della comunità ebraica. Piena e comprensibile: lì, nel tempio distrutto nella Notte dei cristalli del 9 novembre 1938, di fronte alla madre del rabbino Teitelbaum che tutt'ora porta sul braccio il marchio del campo di sterminio, il Papa ha pronunciato frasi solenni. Ha detto che la Shoah fu un crimine inaudito, che non va dimenticato, che ne va trasmessa la memoria alle giovani generazioni convenute a Colonia. Ha evidenziato le radici comuni e le differenze da far dialogare fra cristiani ed ebrei, ha denunciato i segni di risorgente antisemitismo che avvelenano l'Europa, ha promesso rispetto anche ai musulmani. E ha invitato tutti, su queste basi, a volgere lo sguardo più avanti che indietro, più verso il futuro che verso il passato, puntando ai compiti comuni alle due religioni per il governo della vita e del mondo oggi e domani. Ma il dosaggio del futuro e del passato, del progetto e della memoria, è sempre incerto e scivoloso quando c'è di mezzo la colpa della Shoah, e la sua elaborazione in terra tedesca. Sulla scia di Wojtyla, Joseph Ratzinger definisce lo sterminio «mysterium iniquitatis», mistero del male, ma la suggestività teologica dell'espressione - così vicina e così lontana dalla arendtiana e umana banalità del male - non convince: di ciò che è mistero, non si possono e nemmeno si devono nominare le responsabilità. Il mistero del male assolve papi e dittatori, che infatti innominati restano nel discorso di Benedetto XVI. Come pure la scristianizzazione e la paganizzazione della società, poste da Ratzinger all'origine del precipizio, parificano le colpe dei potenti e dei sudditi, e sbiancano la coscienza di troppi cattolici che ne furono partecipi. Non a caso, pur nella dichiarata soddisfazione per la visita, torna insistente nei rabbini di Colonia la domanda che siano finalmente aperti gli archivi della Chiesa. E Benedetto XVI, per ora, non risponde.

Con l'elezione del Papa tedesco la Seconda guerra mondiale è finita, nello stesso anno in cui la Germania riunificata ha potuto celebrare insieme ai vincitori il sessantesimo anniversario della propria sconfitta. Guardando più avanti che indietro, adesso c'è l'Europa da costruire, che per Ratzinger o sarà ebraico-cristiana o non sarà. E' in questo segno del potere che il Papa tedesco e il presidente tedesco possono discutere di dove vanno il mondo e la Germania, e stringersi fiduciosi la mano.

 

Il manifesto 20/08/05