Il frutto avvelenato della tolleranza zero
A Parma, nella civile Parma, la polizia municipale ha massacrato di botte un
giovane ghanese, Emmanuel Bonsu Foster, e ha scritto sulla sua pratica la
spiegazione: "negro". Davano la caccia agli spacciatori e hanno trovato
Emmanuel, che non è uno spacciatore, è uno studente. Anzi è uno studente che gli
spacciatori li combatte. Stava cominciando a lavorare come volontario in un
centro di recupero dei tossici. Ma è bastato che avesse la pelle nera per
scatenare il sadismo dei vigili, calci, pugni, sputi al "negro".
Parma è la stessa città dove qualche settimana fa era stata maltrattata,
rinchiusa e fotografata come un animale una prostituta africana.
L´ultimo caso di inedito razzismo all´italiana pone due questioni, una limitata
e urgente, l´altra più generale. La prima è che non si possono dare troppi
poteri ai sindaci. Il decreto Maroni è stato in questo senso una vera sciagura.
La classe politica nazionale italiana è mediocre, ma spesso il ceto
politico locale è, se possibile, ancora peggio. Delegare ai sindaci una parte di
poteri, ha significato in questi mesi assistere a un delirio di norme incivili,
al grido di "tolleranza zero".
In
provincia come nelle metropoli, nella Treviso o nella Verona degli sceriffi
leghisti, come nella Roma di Alemanno e nella Milano della Moratti. A Parma il
sindaco Pietro Vignali, una vittima della cattiva televisione, ha firmato
ordinanze contro chiunque, prostitute e clienti, accattoni e fumatori (all´aperto!),
ragazzi colpevoli di festeggiare per strada. Si è insomma segnalato, nel suo
piccolo, nel grande sport nazionale: la caccia al povero cristo. Sarà il caso di
ricordare a questi sceriffi che nella classifica dei problemi delle città
italiane la sicurezza legata all´immigrazione non figura neppure nei primi dieci
posti. I problemi delle metropoli italiane, confrontate al resto d´Europa, sono
l´inquinamento, gli abusi edilizi, le buche nelle strade, la pessima qualità dei
servizi, il conseguente e drammatico crollo di presenze turistiche eccetera
eccetera. Oltre naturalmente alla penetrazione dell´economia mafiosa, da Palermo
ad Aosta, passando per l´Emilia.
I sindaci incompetenti non sanno offrire risposte e quindi si concentrano
sui "negri". Nella speranza, purtroppo fondata, di raccogliere con meno
fatica più consensi. Di questo passo, creeranno loro stessi l´emergenza che
fingono di voler risolvere. Provocazioni e violenze continue non possono che
evocare una reazione altrettanto intollerante da parte delle comunità di
migranti. Al funerale di Abdoul, il ragazzo ucciso a Cernusco sul Naviglio non
c´erano italiani per testimoniare solidarietà. A parte un grande artista di
teatro, Pippo Del Bono, che ha filmato la rabbia plumbea di amici e parenti. La
guerra agli immigrati è una delle tante guerre tragiche e idiote che non avremmo
voluto. Ma una volta dichiarata, bisogna aspettarsi una reazione del "nemico".
L´altra questione è più generale, è il clima culturale in cui sta
scivolando il Paese, senza quasi accorgersene. Nel momento stesso in cui si
riscrive la storia delle leggi razziali, nell´urgenza di rivalutare il fascismo,
si testimonia quanto il razzismo sia una malapianta nostrana. L´Italia è l´unica
nazione civile in cui nei titoli di giornali si usa ancora specificare la
provenienza soltanto per i delinquenti stranieri: rapinatore slavo, spacciatore
marocchino, violentatore rumeno. Poiché oltre il novanta per cento
degli stupri, per fare un esempio, sono compiuti da italiani, diventa difficile
credere a una forzatura dovuta all´emergenza. L´altra sera, da Vespa, tutti gli
ospiti italiani cercavano di convincere il testimone del delitto di Perugia che
"nessuno ce l´aveva con lui perché era negro". Negro? Si può ascoltare questo
termine per tutta la sera da una tv pubblica occidentale? Non lo eravamo e
stiamo diventando un paese razzista. Così almeno gli italiani vengono ormai
percepiti all´estero.
Forse non è vero. Forse la caccia allo straniero è soltanto un effetto collaterale dell´immensa paura che gli italiani provano da vent´anni davanti al fenomeno della globalizzazione. La paura e, perché no?, la vergogna si sentirsi inadeguati di fronte ai grandi cambiamenti, che si traduce nel più facile e abietto dei sentimenti, l´odio per il diverso. La nostalgia ridicola di un passato dove eravamo tutti italiani e potevamo quindi odiarci fra di noi. In questo clima culturale miserabile perfino un sindaco di provincia o un vigile di periferia si sentono depositari di un potere di vita o di morte su un "negro".
Curzio Maltese Repubblica 1.10.08