Fra Chiesa e Stato Conflitto e dialogo

 

Nelle discussioni di queste ultime settimane, tra Appello dei 67 (e la larga mobilitazione a favore

dei docenti della «Sapienza», sottoposti a un linciaggio morale senza precedenti) e varie, reiterate,

insistenti e insistite «prese di posizione» della Cei, e direttamente del Papa, si è reso palese, a chi lo

avesse dimenticato, che la Chiesa cattolica in Italia svolge un ruolo direttamente politico.

Per capirne la natura, le peculiarità, e le interne contraddizioni, non si può far altro che, innanzi

tutto (come sempre, del resto!) studiare. E un ausilio importante giunge ora - quasi favorevole

congiuntura astrale! - il libro di uno dei massimi specialisti in materia, Francesco Traniello, storico

dell'Ateneo torinese. In Religione cattolica e Stato nazionale, egli traccia, in una serie di saggi (editi

e inediti), compilati a partire dagli Anni Novanta, un panorama storico, dal Risorgimento in poi, che

è anche un utile strumento per delineare le problematiche dell'oggi fuori dal pantano delle talora

avvilenti e poco produttive polemiche. E, siccome la Storia è scienza che indaga il particolare,

Traniello mette a fuoco, con solida competenza, i nodi essenziali - non tutti, s'intende, ma certo tutti

i principali - del complesso, spesso tormentato, talora conflittuale, talaltra di reciproco sostegno (si

può dire, in qualche caso, di complicità? Come dimenticare il reciproco appoggio tra Vaticano e

regime mussoliniano?) tra una entità immateriale, quella facente capo alla religione rivelata da

Cristo; e l'entità statuale, ossia l'istituzione delle istituzioni politiche, che dovrebbe avere il

monopolio della forza, e che non dovrebbe, giusta la lezione dei padri fondatori dello Stato italiano,

accettare compromessi che ne limitino l'autonomia e l'indipendenza del giudizio e dell'azione,

creando distinzioni e discriminazioni in base alle fedi o non fedi religiose. In una parola, che ne

limitino la laicità.

 

le eccezioni di Rosmini e Sturzo

Ma questa entità immateriale che è la religione cattolica, estrinsecazione di una fede religiosa, da

sempre, in Italia, si è presentata con il volto dell'istituzione statuale, dotata di una sua potenza

economica e di una forza militare (indiretta, o diretta), e si è storicamente posta contro il processo di

costruzione dello Stato unitario, dal primo '800, dopo essere stata un fattore che aveva contribuito,

nei secoli precedenti, a impedire l'ingresso dell'Italia nel novero dei grandi Stati nazionali che si

andavano formando, costituendo, più in generale, un freno al processo di modernizzazione. Ciò

senza nulla togliere alle grandi figure che tanto hanno dato alla cultura politica italiana, da Rosmini

a Sturzo, guarda caso, entrambi, poco graditi alla Santa Sede, però…

Oggi, dopo anni nei quali la religione sembrava ridotta a una condizione di mera privatezza dei

singoli, un fatto della coscienza, o del «foro interiore» (ciò che chiamiamo «secolarismo»), siamo

passati al post-secolarismo, fase in cui, sulla scena mondiale, la religione riprende il sopravvento,

ma su quale piano? La religione istituzionalizzata - in Italia, innanzi tutto, quella cattolica e il suo

braccio operativo, la Cei - non solo sta occupando lo spazio pubblico, ma tende a diventare un

soggetto politico in senso proprio. Una sorta di superpartito, con precise opzioni che fuoriescono

dalla sfera religiosa, interagendo direttamente con quella politica, in modo sempre però surrettizio,

ossia non dichiarato, anzi ripetendo che la Chiesa dà solo precetti di tipo morale.

 

le scelte del vaticano, le reazioni dei laici

Ma esiste l'eterogenesi dei fini, e anche ripercorrendo nelle limpide e problematiche pagine di

Traniello il lungo cammino del rapporto Chiesa/Stato che è anche Chiesa/società italiana, non si può

che convenire sulla conclusione, pur esposta in forma garbatamente dubitativa, che un eccesso di

presenza (politica e mediatica) celi una debolezza di fondo proprio sul terreno religioso. E le scelte

del Vaticano spesso foriere di contrasti feroci in seno agli italiani, lungi dal pacificarne gli animi,

hanno finito per isolare in una fortezza il Papa e i suoi cardinali. Da quella fortezza essi sparano,

con tutte le armi a disposizione; ma la loro è forse la battaglia di chi vede che il popolo radunato


       
entro le mura del castello, non aspetta che di uscirne.

 

        Angelo D'Orsi         La Stampa   23 febbraio 2008