Fini, i laici e i
diktat vaticani
Il presidente della Camera, on. Gianfranco Fini, ha pronunciato nei giorni
scorsi un’assoluta
ovvietà, che la legge dello Stato non deve ispirarsi ai precetti di una
religione. Ovvietà in
democrazia, beninteso. In una teocrazia farebbe notizia e scandalo (nell’Iran
khomeinista con
un’affermazione del genere finisci in galera, se ti va bene). Ora, l’ovvietà di
Fini, anziché passare
inosservata, è finita sulle prime pagine, ha fatto scandalo, ha scatenato lo
«stracciarsi le vesti» ormai
d’ordinanza. Applichiamo perciò la logica più elementare: se quella che in
democrazia è un’ovvietà,
ma in una teocrazia è una notizia, da noi suscita clamore, vuol dire che questo
Paese già non è più
una democrazia, e che nell’establishment le pulsioni teocratiche sono assai
forti, e in Parlamento
addirittura maggioritarie.
Va da sé: la pulsione teocratica in Italia non si esprime nella forma
khomeinista canonica («il
Corano è la nostra Costituzione» - anche perché: ve li immaginate Berlusconi e
Bagnasco a
prendere sul serio il Vangelo?), ma come servitù volontaria ai diktat del
Vaticano. Che hanno solo la
sottigliezza teologica di non presentarsi come precetti della fede, dogmi del
Ratzinger di turno, ma
come «evidenze» della «natura umana». Se non è zuppa è pan bagnato: la «natura
umana» secondo
un laico libertario ha «evidenze» opposte a quelle della Chiesa gerarchica. I
laici libertari non
appartengono dunque al genere «sapiens sapiens»?
Ora, benché sfugga ai Gennari, Formigoni e altre Roccella, in una democrazia
liberale la
maggioranza dei voti non è tutto, prima di tutto viene l’autonomia di ciascuno
sulla propria vita e la
propria libertà. Se una maggioranza parlamentare, anche schiacciante, votasse il
battesimo cattolico
obbligatorio per ogni nascituro, noi non saremmo più una democrazia, meno che
mai se un
successivo referendum ratificasse plebiscitariamente questa teocratica violenza.
A maggior ragione sulle questioni «eticamente sensibili». Sulla tua vita (e
dunque anche fine-vita),
amico lettore, o decidi tu o decide un altro. Ma se sulla nostra vita può
decidere sovranamente l’on.
Lupi, sulla sua potrà domani decidere la tua volontà, o la mia, o di chiunque
detenga una transitoria
maggioranza. Mostruosità. Che i nipotini di don Giussani (o di mons. Escrivá de
Balaguer)
accettano solo in una direzione. Stalin voleva imporre a tutti l’ateismo di
Stato. I catto-khomeinisti
di Berlusconia vogliono imporre a tutti i malati terminali (o vegetativi
permanenti) la tortura di
Stato. No.
Paolo Flores D'Arcais La Stampa 21 maggio 2009