Fede e ragione ratzingeriane
Se la gerarchia cattolica si
era prefissa una forte presenza nei mass media bisogna ammettere che in queste
ultime settimane lo scopo è stato raggiunto. Dai pacs all'eutanasia, sembra che
non si parli d'altro. Giornali, tv, ma anche aule parlamentari. In primo piano
proprio i temi dei quali si occupa la gerarchia cattolica, che con la
moltiplicazione degli interventi sta dividendo il paese. Non tanto in credenti e
non, quanto in obbedienti e non; per non dire in teocons e laici. Ma quello che
sta accadendo si può veramente considerare come un successo per la gerarchia (il
papa e il cardinale Ruini)? Se ne può, a dir poco, dubitare. Non è chiaro se
questa maggiore presenza rappresenti un passo avanti, come vorrebbe il Vaticano,
nel livello di cattolicità del nostro paese. Al segnale di questa maggiore
presenzialità nei mass media e nella politica bisogna accostare altri segnali,
ben diversi se non addirittura contrari. Lo stesso aumento delle unioni di
fatto, di cui tanto si discute, dice un accrescimento della laicizzazione, non
certo della evangelizzazione. Così la costante diminuzione della frequenza alla
messa domenicale; così le difficoltà per l'insegnamento della religione
cattolica nelle scuole, soprattutto superiori. Così il continuo e costante
spostamento degli interventi ecclesiastici: sempre più verso il sociale e
politico, sempre meno nel campo strettamente evangelico. Si ha l'impressione,
soprattutto con questo papa, che il testo base sia il diritto naturale più che
il vangelo.
Uno spostamento che risponde ad una logica ben
precisa: il papa cerca di parlare a tutti gli italiani, non soltanto ai credenti
cattolici. Logico, allora, l'uso dello strumento della ragione più di quello
della fede. La ragione è per tutti. Logico, allora, il continuo sforzo per
dimostrare il collegamento fra la fede e la ragione. Ma questo abbraccio
ratzingeriano fra fede e ragione non è esente da limiti e da difficoltà. Da una
parte e dall'altra. La ragione, da parte sua, risulta come limitata, nel tempo e
nello spazio. Basti pensare allo stesso matrimonio: è difficile considerare
irrazionale - e quindi da condannare - il matrimonio che una larghissima parte
dell'umanità pratica in maniera diversa da quello della «nostra» ragione. Non è
facile , ai nostri tempi, parlare di una ragione al singolare. Sono lontani i
tempi di una ragione universale, valida per tutti e della quale il Vaticano
sarebbe custode. Ma l'abbraccio comporta difficoltà anche sul versante della
fede. La sua razionalizzazione comporta la eliminazione di quegli aspetti di
«follia della croce», che pure sono essenziali al vangelo. Finiscono in soffitta
le lezioni sugli ultimi che dovrebbero diventare primi, sui bambini e sui poveri
dei quali dovrebbe essere il regno e così via.
L'abbraccio fra fede e ragione, dunque, rischia di
offendere sia la moderna ragione, inevitabilmente relativa, sia la radicalità
del messaggio evangelico.
Filippo Gentiloni il manifesto 17/12/2006