Fanalino di coda
Gli episodi di intolleranza nei confronti dei cittadini gay continuano a
offendere la dignità civile
della nostra società. I motivi più innocenti come un bacio, la più universale e
diffusa manifestazione
d’affetto e d’amore, o tratti dell’abbigliamento sono sufficienti a scatenare
insulti violenti, reazioni
di disgusto e spesso di brutale violenza . La questione non riguarda solo la
minoranza oggetto delle
varie forme di aggressione, come probabilmente pensano molte persone che pure
aborrono le
violenze sui gay o su altre minoranze, ma riguarda tutti noi cittadini. È una
questione di civiltà
generale.
Una nazione democratica, come l’Italia si fregia di essere,
non dovrebbe permettere manifestazioni
di odio o di discriminazione come quelle che hanno luogo nei confronti dei gay
perché esse sono il
segno di patologie democratiche, di illiberalità che influiscono sulla qualità
della vita di tutto il
paese. Sarebbero necessarie al riguardo leggi severissime non solo al fine di
reprimere la natura
delittuosa delle aggressioni, ma anche per contribuire al formarsi di una nuova
sensibilità collettiva
sull’uguaglianza di tutti i cittadini. Ma tali provvedimenti sono inefficaci se
non si mette mano in modo inequivoco ad una legge sulle unioni gay nella forma
del matrimonio civile. È ora di abbandonare titubanze e pavidità che servono
solo a creare ambiguità tossiche, le ridicole prudenze nominalistiche sono segno
di contorsioni idiote e riescono solo a ritardare processi di civiltà
giuridica che sono iscritti nel cammino di una cultura universale del diritto
che sta manifestando
tutta la sua naturale forza in ogni parte del mondo come dimostra il caso del
Portogallo e soprattutto
il luminoso esempio dell’Argentina.
Risparmiamoci per una volta l’umiliante condizione del fanalino di coda.
Moni Ovadia l'Unità 14 agosto
2010
Italiani da
cattolici a genericamente cristiani
A quale livello è la pratica religiosa cattolica in Italia? Non è facile dirlo
con esattezza. Ci aiutano i
dati sulla frequenza alla messa domenicale, dati che rivelano una frequenza
molto più alta rispetto
agli altri paesi dell’Europa occidentale: circa il 30 per cento della
popolazione va a messa tutte le
domeniche, un altro 20 per cento da una a tre volte al mese, un altro trenta per
cento a Natale,
Pasqua e nelle altre grandi festività (in Francia quelli che dicono di andare a
messa tutte le
domeniche sono meno del 5 per cento della popolazione).
Le indagini più recenti sono state eseguite in due
diocesi, nel patriarcato di Venezia e nella diocesi Piazza Armerina (in entrambe
le indagini risulta che i praticanti effettivi sono meno di quelli dichiarati).
Da un’altra inchiesta a largo raggio
(Professor Segatti, dell’Università di Milano) affiorano seri dubbi sul valore
di tale tenuta. Si
conferma il 30 per cento circa che va a messa regolarmente, ma si mette in luce
una frattura
drammatica fra i nati dopo il 1970 e più ancora dopo il 1981 e le generazioni
precedenti: «Sembra
veramente di osservare un altro mondo. I giovanissimi sono veramente fra
gli italiani quelli più
estranei all’esperienza religiosa. Vanno decisamente meno in chiesa, credono di
meno in Dio,
pregano di meno, hanno meno fiducia nella chiesa, si definiscono meno come
cattolici e ritengono
che essere italiani non equivalga ad essere cattolici». Il crollo è così
netto da fare sparire anche le
differenze di pratica religiosa tra uomini e donne – queste ultime molto più
praticanti – tipiche delle
precedenti generazioni. Tra i giovanissimi anche le donne vanno pochissimo in
chiesa al pari dei
maschi.
Il professor Segatti commenta: «Già si intravede la futura
condizione del cattolicesimo in Italia. È immaginabile che quando i figli della
generazione più giovane saranno padri, daranno ulteriore contributo alla
secolarizzazione». E questo nonostante il 94 per cento delle famiglie italiane
iscrivano i loro figli all’ora di religione e nelle scuole di grado superiore
scelgano di
avvalersene l’84 per cento degli alunni. L’inchiesta sul cattolicesimo
pubblicata su Il Regno (n.1 del
2O10) si intitola: “Ricerca sull’Italia religiosa: da cattolica a genericamente
cristiana”.
Filippo Gentiloni il manifesto 15
agosto 2010