Family-Day,
non per tutti
Viva la famiglia, ma solo se italiana. Che sia rispedito in Albania il
padre di due bambini iscritti alle
scuole di Busto Arsizio; e pazienza se la moglie, in regola col permesso di
soggiorno, ha in corso le
pratiche per ottenere la nostra cittadinanza. Dovrà spiegare a quei figli che
papà è un irregolare, non
ha i requisiti per vivere con i suoi cari in terra varesotta. E se i bambini le
chiederanno che giustizia
è quella che li separa dal padre, magari userà le parole dei giudici: non
volevano «legittimare l
´inserimento di stranieri strumentalizzando l´infanzia».
Sarà difficile per loro comprendere l´accusa secondo cui i genitori li
avrebbero messi al mondo non
per amore, ma per "strumentalizzarli", riducendo le loro persone a
pretesto escogitato per
commettere l´illecito di vivere dove non gli spetta.
La vergognosa sentenza della prima sezione civile della
Cassazione contraddice giudizi precedenti
di segno opposto, ispirati a un ovvio criterio di umanità peraltro contemplato
dalla legge. E infatti,
avventurandosi maldestramente sul terreno della puericoltura, gli estensori del
verdetto negano la
sussistenza di «gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore se
determinato da una
situazione di emergenza».
Viene voglia di chiedersi come reagirebbero i giudici se toccasse a loro
di doversi separare dalla
prole e dalla moglie. Chissà se ritengono di avere ripristinato la
necessaria gerarchia dei principi in
un paese che lo "spirito dei tempi" descrive come afflitto dal buonismo.
Parola ipocrita che cela il
proliferare tra noi della cattiveria, la perdita dei valori elementari di una
convivenza armoniosa.
La doppiezza, del resto, è ormai elevata tra noi a
codice morale. In Italia si può aderire al "familyday"
praticando con vanteria l´adulterio. Si può affermare come priorità
nazionale la difesa della
famiglia, riempirsi la bocca con la tutela dell´infanzia, rendere omaggio alla
gerarchia ecclesiastica,
e contemporaneamente usare il commercio di prestazioni sessuali come strumento
del potere. Anche
la giurisprudenza nazionale, dunque, si adegua disinvoltamente all´idea che la
famiglia è sacra, sì,
ma solo se italiana. Che i bambini degli altri non hanno gli stessi
diritti dei nostri. Perciò la parola d
´ordine continuamente rilanciata dal vertice governativo – "no all´invasione
degli stranieri" giustifica
la separazione forzata delle famiglie. E trova un giudice disposto a legittimare
questa
plateale discriminazione.
Cosa penseranno di noi gli albanesi, ormai inseriti a
centinaia di migliaia sul nostro territorio? Solo
un mese fa Berlusconi, rispondendo al loro presidente Berisha che gli assicurava
il suo impegno
contro gli sbarchi irregolari sulle coste italiane, sorrise: «D´accordo, ma un
po´ di belle ragazze
continuate a mandarcele pure». Che siano donne, giovani, disponibili a poco
prezzo.
Chissà se il nostro premier, di solito così lesto nell´ingiuriare i
magistrati, troverà una parola in
difesa di quel padre albanese strappato alla sua famiglia. Chissà se i difensori
della cristianità
padana, prontissimi a minacciare di scomunica il cardinale Tettamanzi, stavolta
muoveranno un dito
a protezione del sacrosanto diritto dei bambini cui viene sottratto il genitore.
Fra le numerose teorie del complotto inventate per raffigurare un´italianità
minacciata dallo
straniero, non pensavamo trovasse udienza, per giunta in una sede autorevole
come la Corte di
Cassazione, anche una motivazione così volgare: la procreazione indicata
non come diritto naturale,
ma come pretesto cui negare legittimità. Quasi che la natura umana meritasse
rispetto solo entro
certi limiti.
Non vorrei trovarmi al posto del poliziotto che dovrà bussare a quella porta di
Busto Arsizio per
espletare la pratica dell´accompagnamento coatto alla frontiera.
Gad Lerner la Repubblica 12 febbraio 2010
Enrico Fierro Il Fatto Quotidiano 12/3/2010