Evviva Zapatero
abbasso il Vaticano
Un attacco clamoroso, di inusuale violenza verbale e arroganza, quello che il
Vaticano ha scagliato
ieri contro, nientemeno, che la Spagna di Zapatero. L'accusa è anch'essa
inusuale: il governo di
Madrid, guidato dal leader socialista, sarebbe colpevole, nientemeno, che di
"statolatria". E' toccato
a Monsignor Amato, un vescovo-teologo che oggi è addetto alle "cause dei Santi"
(e che presto
Ratzinger, suo amico personale, eleverà alla porpora cardinalizia), lanciare
l'incredibile
provocazione: tutte le così dette "leggi etiche" del governo Zapatero, secondo
il nostro Vescovo,
implicano uno smisurato allargamento del ruolo dello Stato, anzi una indebita
"ingerenza" nella vita
dei singoli. In breve: le questioni etiche spettano tutte all'autorità
religiosa, è il pensiero nemmeno
tanto recondito del Monsignore, e al massimo un Governo (come per esempio fa
quello italiano) le
può supinamente ratificare. La vita, la nascita, la morte, la
sessualità - queste bazzecole che
riguardano ciascuno di noi e la libertà di ciascuno di noi - appartengono alla
Chiesa. Come
accadeva, all'incirca, nel Medio Evo, magari prima delle celebre "lotta per le
investiture".
Incredibile, poi, gli esempi concreti che Amato cita, nella sua intervista alla
rivista Il Consulente Re,
a sostegno della sua tesi.
Sapete perché Zapatero sarebbe "statolatrico"? Perché ha introdotto, come
materia obbligatoria
nelle scuole, l'educazione civica. Perché la legislazione laica del suo governo
"obbliga le famiglie a
scegliere" tra determinate scuole "dove si insegnano determinate materie". Sono
argomenti di tale
assurdità e prepotenza, da lasciare basito il più incallito dei mangiapreti. A
parte l'ossimoro
dell'"obbligo alla scelta" (in genere, almeno in italiano, si dice "consentire"
una scelta), l'unica cosa
che si capisce è che il Vaticano non sopporta la libertà. Nessuna
libertà, di pensiero, di stampa, di
organizzazione, di azione, men che mai la libertà di coscienza.
Del resto, Monsignor Amato è lo stesso che, in un convegno di
un paio d'anni fa, dedicato ai problemi della comunicazione cattolica,
spiegò che, ahimé, "il Magistero della Chiesa" subisce oggi una certa
"indocilità" da parte degli
stessi fedeli e perfino "da parte di alcuni teologi". Cioè, gli stessi
cattolici, e pensatori cattolici, non
tendono più, nel 2008, a comportarsi come un gregge: si rifiutano di essere
pecore e pecorelle. Ciò è
un gran male, ribadiva l'allora segretario della "Dottrina della fede": vuol
dire che il "nichilismo, il
relativismo e la biopolitica stanno prendendo il sopravvento". E minano non solo
la necessaria
"docilità" delle masse, ma la libertà stessa dell'uomo che, secondo questo
pensiero, sta tutta e
soltanto in Dio e nei suoi rappresentanti in terra.
Certo che ha un bel fegato, questo monsignor Amato: un integralista classico, in
fondo. Uno che
certamente rimpiange, in cuor suo, la Spagna franchista o la considera un
modello da riproporre:
giacché era un bell'esempio di regime clerico-fascista, retto da un blocco di
potere che aveva alla
sua testa giusto la Chiesa cattolica. Infatti, in più di trent'anni di
dittatura, vescovi, cardinali o
teologi ufficiali quando mai si sono sognati di accusare il franchismo di una
qualche tendenza
"statolatrica" - leggi adorazione a-critica del ruolo dello Stato e della sua
funzione repressiva in
specie - o almeno di una qualche propensione autoritaria? Del resto, a
chiarimento delle idee
dell'alto prelato, vale la pena di ricordare che, anche recentemente, proprio
lui ha dichiarato che in
Italia "i cattolici sono sotto tiro" - perseguitati e vilipesi. Roba da chiodi,
come avrebbe detto mia
nonna. Roba che fa pensare, lì per lì, che le stanze vaticane sono
percorse da una vera e propria
ondata di follia.
Ma molto probabilmente la follia non c'entra nulla. C'entra, piuttosto, la
radicalizzazione a cui sta
andando, in gran parte è già andato, l'attuale pontificato, nella direzione,
come dicevamo,
integralista, clericale, medioevaleggiante. Sepolto, o quasi, il
Concilio Vaticano II e le sue tematiche
sociali, abbandonato ogni interesse concreto per i poveri, i deboli, gli
affamati, le vittime della
guerra, Ratzinger ha deciso, chissà, che l'unica attività in cui oggi la Chiesa
(ufficiale) può, chissà,
primeggiare è quella delle crociate (uno sport antico e mai del tutto
autocriticato).
E' di questi giorni un'altra violenta polemica, che ha come
bersaglio l'attuale presidente della Camera: Gian Franco
Fini è sotto accusa di "opportunismo" perché ha detto che, quando furono varate
le leggi razziali del
1938, la Chiesa, sostanzialmente tacque - ovvero, come si usa dire, acconsentì.
Fini è diventato un
nemico del Vaticano (e certo sulla sua futura carriera politica si accettano
scommesse) solo perché
si è permesso di dire apertamente quello che Veltroni, D'Alema o qualche altro
leader anche illustre
che li ha preceduti non hanno mai osato dire apertamente: vale a dire che
l'antisemitismo cattolico
c'è stato, e come, al di là dei tanti e meritevoli sacerdoti che hanno aiutato
gli ebrei (e i perseguitati
in genere dal fascismo). Ecco un altro incredibile paradosso che ci regala
questa fase confusa e
torbida della storia: un leader postfascista, comunque un uomo della destra, che
batte la sinistra in
laicità e anche coraggio. Ma, appunto, il principale nemico del
Vaticano è oggi proprio la laicità:
quel principio e quella pratica fondativi dello Stato di diritto, che non
dividono il mondo in fedeli e
miscredenti, ma sanciscono la libertà di tutti - e dell'irriducibile libertà
dell'individuo. La libertà di
credere e di non credere. La libertà di pensare e di amare. La libertà di
nascere, di non nascere - e
anche di morire in pace.
Rina Gagliardi Liberazione 19 dicembre 2008