ETICA E POTERE
Carenza di cultura, un vuoto da colmare
ENZO MAZZI

Il cortocircuito che si crea fra fede-etica e potere è il problema di fondo posto da questo riemergere delle gerarchie cattoliche come soggetti che fanno politica in prima persona, scavalcando le mediazioni. Il nuovo catechismo è netto: la chiesa ha il dovere e il diritto di esigere che gli stati mettano la loro forza a servizio della verità e dell'etica; solo così la democrazia si riscatta dal pericolo della dittatura del relativismo di maggioranze fluttuanti. E' miele dolcissimo per il sistema di dominio mondiale assetato di stabilizzazione: c'è sempre stato e c'è ancora bisogno di un Dio che renda eternamente stabile il potere nel cuore stesso degli uomini. «Non temete coloro che uccidono il corpo, temete quelli che vi tolgono l'anima», dice in sostanza la sapienza del Vangelo. Questo legame diretto fra etica e potere, che appunto «uccide l'anima», mantiene una certa attrattiva anche oggi in un'opinione pubblica disorientata per non dire impaurita e angosciata di fronte agli sconvolgimenti planetari che investono le nostre vite e minano le nostre sicurezze. Come ha dimostrato il recente referendum.

Per questo credo che la vicenda referendaria non debba essere accantonata troppo frettolosamente. Il problema di fondo posto dal referendum era infatti proprio il rapporto fra etica e potere. Quel problema resta. Non eravamo chiamati, in ultima istanza, a dire un sì o un no a principi etici. La scelta che ci stava dinanzi era fra due modalità di affrontare la vita e in sostanza fra due opposti orizzonti di senso dell'esistere e dell'agire. Affidarsi al potere, nelle sue varie forme e articolazioni, alla onniscienza e onnipotenza del potere, «che ci pensino gli dèi», oppure scommettere sulla nostra responsabilità di donne e uomini capaci di trarre dalla forza delle relazioni soluzioni condivise, anche istituzionali e legislative, mai scontate. Tre quarti degli elettori si è affidata all'abbraccio dei poteri. Ha scelto di sedare paure e angosce ma anche giuste preoccupazioni e smarrimenti di fronte alla velocità e complessità delle trasformazioni, gettandosi nelle braccia paterne, severe ma rassicuranti, capaci di coniugare etica e potere, tradizione e innovazione, continuità e progresso, scienza e fede, razionalità e amore come dice Ratzinger e come ripetono le «scimmiette».

E noi ci troviamo spiazzati e disorientati. Perché la legge sulla fecondazione assistita e il successivo fallimento del referendum ci hanno messo di fronte a profonde carenze della nostra cultura. Sono carenze strutturali e non settoriali. «Il mondo laico di sinistra non si aspettava questo `ritorno di Dio' in chiave reazionaria, che sta scombinando il nostro lessico e i nostri riferimenti», ha scritto Rossanda sul manifesto dopo la vittoria di Bush. Potrebbe scriverlo oggi dopo il referendum. «Non era poi così difficile da immaginare - le ha risposto Lea Melandri - perché tutto ciò che è stato sepolto nella zona più oscura della vita dei singoli, identificato con la natura o con la parola rivelata di un Dio, per potersi modificare ha bisogno innanzi tutto di essere riconosciuto, narrato e analizzato, restituito alla cultura e alla politica con cui è sempre stato in rapporto, sia pure un rapporto alienato, strumentale, distruttivo della politica stessa e delle sue conquiste democratiche».

Insomma per alimentare il processo di trasformazione in senso sociale non basta lavorare sulla politica in senso stretto (rapporti di produzione, diritti, pace, fame nel mondo, ecc.) bisogna impegnarsi anche su tutto ciò che viene prima della politica, compreso l'inconscio collettivo, e su ciò che va oltre la politica. Ma la modernità aveva e ha troppa fretta di conquistare il mondo con la politica, con la scienza e con la tecnica per stare dietro a queste «fisime da streghe». E così «l'immensa esperienza negativa che si è accumulata nelle viscere della storia nel corso dell'ultimo secolo, come conseguenza del fatto che sono stati considerati condizione quasi esclusiva del cambiamento i rapporti di produzione, oggi esce allo scoperto attraverso la retorica populista delle destre occidentali», scrive ancora Lea Melandri dopo lo shock per la vittoria di Bush. E conclude, inascoltata: «E' quasi incredibile che chi si batte per la giustizia sociale e per l'umanizzazione dei rapporti tra diversi (contro la guerra), non si renda conto che sottrarre all'insignificanza storica le pulsioni e le componenti più elementari della vita psichica è il passo indispensabile per non esserne pesantemente condizionati e ostacolati nello sforzo di costruire `un altro mondo possibile'»".

E non è ancora quasi incredibile che il grande movimento per la pace e per la globalizzazione sociale contro il liberismo sia entrato in coma profondo di fronte al referendum? Non l'apertura di un dibattito, non un documento, non una manifestazione. E i cattolici della pace e della solidarietà con i poveri, salvo poche eccezioni, dov'erano? Il dominio patriarcale cova nel profondo di tutti noi e continua a generare mostri. Distrugge continuamente nella notte delle nostre inconsapevolezze la trama del prezioso tessuto che faticosamente costruiamo alla luce del maschile delirio di potenza. L'orrida legge sulla fecondazione assistita e la sua conferma referendaria sono due di tali mostruosità. E' vero, le donne e i loro movimenti sono state lasciate sole. Ce lo dicono in tante. Ma non è un pianto. E' la presa di coscienza di un vuoto di cultura e di umanità da colmare. E' la segnatura di un punto di partenza. Vogliamo continuare a lasciarle sole?

 

Il manifesto 03/07/05