Esibizione di muscoli
Il paese degli uomini veri


L’Espresso riporta la cronaca del Capodanno 2007 a Villa Certosa, con il nostro premier e i suoi ospiti circondati da 50 ragazze portate con aerei privati, diaria milionaria (in lire), gioielli, mancetta (sempre di milioni in lire) per lo shopping. Quello che mi rattrista di più non è la “faccia tosta” di un personaggio pubblico che pure messo allo scoperto delle sue menzogne, non mette in discussione il suo comportamento, anzi ci fa su battute, figurarsi se pensa alle dimissioni come accadrebbe in qualsiasi paese civile, ma il ritorno di una cultura maschilista per la quale chi “si fa” le ragazzine è un “uomo vero”. Non c’è dubbio, questo Paese sta diventando il paese degli “uomini duri e puri”, pronti a mostraci i muscoli e altro: come dimenticare il Bossi del «chi ce l’ha più duro»? Che poi questa virilità sia oramai solo virtuale viste le disavventure chirurgiche del premier e del leghista non conta. Quello che conta è dimostrare che è venuto il tempo dei “maschi”. E la campagna elettorale è ricca di queste esternazioni. Con stile “virile” all’anniversario della Polizia, il ministro Maroni ha chiuso il suo intervento così: per la sicurezza ora c’è «un binomio perfetto, Maroni e Manganelli», cioè lui e il capo della polizia.
Come ai bei tempi del Ventennio la politica si fa con battute da osteria, con ostentazione di forza e si rispolvera lo stile littorio. Se le organizzazioni e i giornali internazionali esprimono la loro preoccupazione per la deriva razzista e autoritaria, sono vigliacchi e criminali, come l’ONU che si ostina a difendere e proteggere le vite umane e il diritto di esistere dei migranti che non conta «un fico secco», come ci ha detto un altro uomo vero, il ministro La Russa, mentre Maroni garantisce che «noi tireremo dritto» perché «la sicurezza ora è garantita»; o asserviti alla sinistra come i giornali della “perfida Albione”. Così i muscoli e i toni truculenti nascondono tutti i nostri mali e le nostre insicurezze, PIL a picco, fabbriche che chiudono, operai in cassa integrazione, ceto medio sulla soglia della povertà, giovani senza futuro, la miseria culturale per cui entrare in Parlamento o fare la velina è la stessa cosa, un razzismo oramai pratica quotidiana nella violenza contro i diversi.
E questa nuova Italia, governata da un corruttore, come in ogni regime che si rispetti, sarà controllata da delatori che spiano i clandestini e da ronde di uomini veri, magari gli stessi che non muovono un dito se assistono a un’aggressione, ma poi sono pronti al linciaggio quando non corrono rischi. C’è qualcosa di diverso in questa viltà dall’azione del ministro alla Cattiveria che infierisce contro gli inermi, siano essi immigrati o rom?

Dijana Pavlovic     l’Unità 31.5.09

 

 


Silvio da Casoria, l’educatore
I misteri mai voluti chiarire sul rapporto con una neodiciottenne, gli attacchi ai giudici e la semplice domanda del leader Pd


Basta elencare alcuni fatti - nessuno enorme, tutti esemplari - accaduti lo stesso giorno, rivederli sui giornali e le notizie tv del giorno dopo, per capire la strana, misteriosa avventura che stiamo vivendo.
Primo fatto: il Presidente del Consiglio va alla Assemblea della Confesercenti e dichiara: «Se vuoi fare il male o fai il delinquente, o fai il giornalista o fai il magistrato». Solo i magistrati hanno protestato. Secondo fatto: «In un carruggio di Genova un giovane anarchico, tale Juan Antonio Sorrache Fernandez ha urlato contro il ministro La Russa una raffica di insulti prima di essere bloccato dagli uomini della scorta» (La Repubblica, 29 maggio). Episodio sgradevole su cui il generoso ministro della Difesa ha sorriso. Ma non il suo guardaspalle, il corpulento senatore della Repubblica Giorgio Bornacin. Ha atteso che il giovane scalmanato spagnolo fosse tenuto ben fermo dalla scorta e solo in quel momento gli ha sferrato un pugno al volto. Il TG3, Linea Notte, 28 maggio, ha mostrato con chiarezza il gesto di coraggio del senatore extra-large di cui il ministro La Russa dispone. Terzo fatto: «Einaudi non pubblica Il Quaderno il nuovo libro del premio Nobel José Saramago. «L‘opera contiene giudizi a dir poco trancianti su Silvio Berlusconi che di Einaudi è il proprietario» (Il Corriere della Sera 29 maggio). Qui c’è anche anche una nitida ridefinizione dell’editore. Non conta il Nobel. Conta il proprietario. Altrimenti come avrebbero potuto pubblicare, in America, la copiosa produzione di libri contro Kennedy, contro Clinton, contro Carter, contro Reagan, contro Bush, padre e figlio? Quarto fatto: il segretario del Partito democratico Dario Franceschini rivolge ai suoi ascoltatori, durante un incontro elettorale a Genova, questa domanda: «Fareste educare i vostri figli da Berlusconi?». È utile dire che domanda di Franceschini segue di pochi giorni l’improvvisa apparizione di Berlusconi alla festa di una diciottenne bella e sconosciuta (al resto degli italiani) circondata da decine di amiche e coetanee. Segue un regalo alla giovane debuttante, acquistato per migliaia di euro da orafo di reputazione internazionale; segue una serie innumerevole di affermazioni solenni e di solenni smentite; segue la perplessità di tutta Europa, stampa e politica, sul legame, la origine del legame, il rapporto tuttora immerso nel mistero fra Berlusconi e famiglia Letizia, in particolare con il padre della fortunata diciottenne. Però è un fatto che la festa ha avuto luogo a un tiro di schioppo dall’inceneritore di Acerra, festosamente inaugurato, con presidio di Forze armate, poche settimane prima dal premier.
Per allargare il quadro a beneficio dei posteri è bene ricordare che la domanda di Franceschini segue di pochi giorni una motivata sentenza del Tribunale di Milano (primo grado) che definisce più volte Berlusconi Silvio, padre e padrone di mezza Italia, «corruttore». Segue di pochi giorni una accorata lettera della consorte divorzianda Veronica Lario. Dice «frequenta minorenni» Supplica: «Aiutatelo come si aiuta qualcuno che non sta bene». Berlusconi Silvio, l’educatore. A questo punto, dite la verità: è difficile che un italiano, per quanto di destra, decida di far educare i suoi figli da uno che, di notte, deve improvvisamente recarsi a Casoria. Da uno che risponde alla sgradevole sentenza di Milano con attacchi violenti alla magistratura. Da uno che non tollera neppure la mite stampa italiana e la mette in lista fra i delinquenti; da uno che non risponde a dieci semplici elementari domande di Repubblica se non con il giuramento di non aver fatto nulla di «piccante» (notare il gergo da vecchio cabaret); da uno che la stampa del mondo definisce «un pericolo» e «una minaccia»; da uno di cui l’opinione americana diffida a causa degli intimi legami di affari con la Libia e con Putin, due ambienti dove gli oppositori e i giornalisti fastidiosi si eliminano.
Ma il leader giura sulla testa dei figli (un bel pericolo!). E i figli, rispondono sia al legame di affetto sia a quello, innegabilmente forte, di azienda. Di fronte al padre-azienda, l’Italia - ci dicono - si commuove. Che cosa accade allora? Accade che la sottosegretaria Roccella offra i suoi figli al presidente di Casoria (senza rivelare, però, che sono già grandini). E il resto dell’opinione pubblica, tutta la destra, tutta la stampa, un bel po’ di sinistra e Pd, accusano Franceschini di delitto contro la famiglia (Berlusconi).
Ma lui, tutto solo e accusato da ogni singolo editoriale di ogni singola libera testata, intendeva mettere in guardia la famiglia Italia. Perciò ripetete con lui la frase che vale la pena di fare bandiera elettorale: «Fareste educare i vostri figli da Silvio Berlusconi?».

Furio Colombo      l’Unità 31.5.09