Caro Direttore,
pensando a Eluana Englaro i nostri primi sentimenti sono di affettuosa amicizia
e di solidarietà nei
confronti della sua mamma e del suo papà. Esaminando invece la situazione che si
è determinata e
scrivendo dall'interno della nostra Chiesa cattolica, non possiamo che esprimere
il nostro sconcerto
e la nostra amarezza per quanto riguarda la posizione dei vertici ecclesiastici
che contribuisce a
suscitare un grande e inopportuno clamore mediatico intorno a una persona
crocifissa su un letto da
sedici anni. Ci sembra che la pietà sia dimenticata e che non ci sia serenità
nell'esaminare la situazione di fatto,
avendo come riferimento le parole di speranza del Vangelo. Dio è il signore
della vita e della morte
e a ogni essere umano tocca affrontare la conclusione dell'esperienza terrena,
che è solo una fase
della vita, accompagnato da chi lo circonda con dolcezza e rispetto, verso il
futuro di felicità che ci
prefigura la nostra fede. Ci sembra invece che ci si accanisca nei confronti di
Eluana e che non si
rispettino le sue precedenti accertate dichiarazioni di volontà prima
dell'incidente, secondo la
testimonianza dei genitori e di altri, e che non si prenda atto della sua
attuale perdita definitiva della
coscienza. Ci sembra che, in questa vicenda, si manifesti una concezione meccanicistica
e materialista della
vita che è ben diversa da quella fondata sui sentimenti e sui valori
spirituali vissuti coscientemente
che caratterizza la visione cristiana della persona umana. Non ci può essere
contrapposizione tra
«principi» e «fatto»: il principio astratto della vita e il fatto di una «vita
non vita». Anche la
scolastica insegna che contra factum non valet argumentum che si potrebbe
tradurre con: «i fatti
sono incontrovertibili». Ci sembra criticabile il consenso al conflitto formale (prima sollecitato
e poi applaudito) che si è
aperto, in modo del tutto inconsueto, tra il potere legislativo e il potere
giudiziario in relazione alle
sentenze della Corte di cassazione e della Corte d'appello di Milano; questo
consenso è la
conseguenza di una mobilitazione propagandistica che ignora i principi dello
Stato di diritto su cui
si fonda la Costituzione repubblicana. Ci sembra anche che l'impegno a difesa della vita non debba manifestarsi,
principalmente o solo,
sulle modalità del suo inizio e della sua fine naturale, ma con attenzione alla
sua qualità e al
percorso terreno di ogni donna e di ogni uomo. Così l'impegno dei
cristiani e della Chiesa dovrebbe,
anzitutto e soprattutto, prestare attenzione alla vita concreta dei tanti che
fanno fatica a vivere e la
cui esistenza vita è sempre a rischio o addirittura è violentemente interrotta.
Sarebbero quindi necessarie forti campagne di opinione, con le mobilitazioni
conseguenti, oggi, qui,
nel nostro paese, nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità religiose come
nei movimenti, nelle
associazioni e nelle comunità cristiane di base a favore di chi rischia gli
infortuni sul lavoro, per i
clandestini nel canale di Sicilia, per le donne che subiscono violenze, per
quanti, militari o civili,
soffrono in Iraq, in Afghanistan o in Georgia o sono coinvolti nelle tante
guerre dimenticate sparse
nel mondo, per chi vive nel Darfur o in Somalia, per i milioni di bambini che
sono privi di
assistenza e di istruzione. Perché poi cercare di creare, nell'immaginario del nostro popolo, una
contrapposizione tra l'identità
«cattolica» che, da sola e sempre, difenderebbe la vita e quella «laica» che
spregiudicatamente
sarebbe disposta a facili cedimenti etici? I credenti, senza erigersi a
maestri, potrebbero offrire a
tutti la ricchezza della loro vita spirituale e della loro sensibilità morale
per dialogare sui problemi
della vita e della morte come si pongono ora e per cercare insieme le risposte
delle istituzioni a
problemi nuovi e complessi che la scienza pone oggi all'inizio del terzo
millennio. Nel mondo
cattolico sono ormai tanti quelli che condividono il punto di vista secondo cui
l'identità del credente
sta nelle parole di speranza, di misericordia e di vita della Parola di Dio e
non nelle campagne o
nelle crociate. Lasciamo che Eluana vada in silenzio e in pace nel Regno della
Vita. Per lei e per la
sua famiglia.
Si può aderire al documento firmando
su: http://appelli.arcoiris.tv/Eluana_Englaro/
Si possono raccogliere adesioni su carta con le stesse
modalità di quelle on-line (nome, cognome, professione,
residenza) indirizzate a «Firme sul caso Englaro», via
Vallazze, 95- 20131 Milano
*** Primi firmatari: Vittorio
Bellavite, Milano; Paolo Farinella, Genova; Giancarla
Codrignani, Bologna; Giovanni Avena, Roma; Grazia Villa,
Como; Enzo Mazzi, Firenze; Teresa Ciccolini, Milano;
Albino Bizzotto, Padova; Giovanni Sarubbi, Avellino;
Lisa Clark, Firenze; Alberto Simoni, Pistoia; Rosa
Siciliano, Bari; Giovanni Franzoni, Roma; Carla Pessina,
Milano; Marcello Vigli, Roma; Margherita Lazzati,
Milano; Piero Montecucco, Voghera; Gustavo Gnavi, Ivrea;
Domenico Basile, Chiara Zoffoli, Lecco; Andrea Gallo,
Catti Cifatte, Genova.
Roma, 8 ottobre 2008. in “Il Regno” - quindicinale di
attualità e documenti - del 15 ottobre 2008