Enciclica naturale
Grande attesa per la
prima enciclica di Benedetto XVI e grande rilievo nei media: i quali però, come
si sa, dimenticano presto. Così probabilmente accadrà anche al testo
Deus caritas est
appena uscito. Vale la pena, comunque, di sottolinearne alcuni aspetti da
sottrarre alla dimenticanza. I nodi più delicati, ovviamente, si trovano nella
parte seconda, quando il testo passa da un discorso generale sull'amore al
compito «amorevole» della chiesa. E' qui che inevitabilmente tornano in primo
piano le difficili questioni fra chiesa e stato, fra politica ed etica.
«Alla struttura fondamentale del cristianesimo
appartiene la distinzione fra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio». Niente
fondamentalismi, dunque, in nessuna forma. La chiesa non soltanto non fa
politica, ma «neppure vuole imporre a coloro che non condividono la fede
prospettive e modi di comportamento che appartengono a questa. Vuole
semplicemente contribuire alla purificazione della ragione e recare il proprio
aiuto per far si che ciò che è giusto possa, qui e ora, essere riconosciuto e
poi anche realizzato».
Parole dettate da un certo rispetto per la laicità.
Non tutti, comunque, saranno d'accordo con la frase
che segue: «La dottrina sociale della Chiesa argomenta a partire da ciò che è
conforme alla natura di ogni essere umano». Il Vaticano, quindi, continua a
pensare di essere depositario e custode di una «ragione naturale» sicura e
ammessa da tutti: ma ormai, da qualche secolo, non è più così.
L'enciclica si chiude con un commossa esaltazione
dell'impegno caritatevole della chiesa nel mondo. «La Chiesa non può e non deve
prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più
giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello stato. Ma non può e
non deve neanche restare ai margini della lotta per la giustizia». E ancora:
«Non uno stato che regoli e domini tutto ciò che ci occorre, ma invece uno stato
che riconosca e sostenga, nella linea del principio di sussidiarietà, le
iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali...». Di questa presenza della
chiesa, nel quadro della sussidiarietà, probabilmente dovremo parlare ancora e a
lungo.
FILIPPO GENTILONI il manifesto 29/01/2006