Eluana
e gli stormi di avvoltoi
Non permettiamo che si raffreddi. Il caso Englaro va riattizzato costantemente:
che davanti a quel
Golgotha arda un lume sempre. Tutti dobbiamo gratitudine a quella vittima
sacrificale e alla sua
famiglia: perché la passione civile non finisca in una cloaca e la passione
etica e religiosa trovino
altre e ben diverse, e superiori, vie.
Si sono visti stormi di avvoltoi, sulla breve agonia di Udine, scendere
in picchiata a disputarsi i resti
di una creatura disfatta e sfamarsi a beccate ignobili di qualcosa che già più
non era e che altro non
aveva da offrirgli, tetri pennuti ciechi, che carne di sventura.
Tale lo spettacolo, da iscrivere nel tragico delle cronache italiane che non
avranno uno Stendhal per
trascriverle. L’Italia, se qualcuno vorrà capirla sine ira et studio,
non è un luogo pacifico, non è una
penisola turistica, non è un animale da stabulario economico - l’Italia è, è
stata sempre, una città di
risse feroci, di brigantaggio, di vendette, di medioevi e di cattivi governi.
Gli avvoltoi, che non si
annidano soltanto sulle torri dei Parsi a Benares, hanno voliere, spalti, e più
d’una cupola anche a
Roma, e non c’è televisione o campo di calcio in grado di oscurarne la presenza
e il volo. Qua,
dunque, non si può vivere avendo per fine esclusivamente il far soldi e pensare
alla salute. Qua si
nasce perché l’Italia ci faccia male, ci ferisca, ci sia una madre crudele,
inzuppata di sadismo.
Vederlo o non vederlo: that is the question.
L’imbarbarimento di profondità, progressivo, non è da statistiche. Puoi vederlo
chiaramente anche
lì: nel pullulare di cure mediche di spavento, nell’ignorare i limiti sacri
della vita, i diritti dei
morenti e di «nostra sirocchia morte corporale» - cure di coma irreversibili
criminalmente protratti,
cure che la tecnomedicina, settorialista e antiolistica, sempre più andrà
sperimentando sulla totalità
del vivente.
L’Italia debole, che con strenuo sforzo - in cui va compreso il tributo di una
risalita coscienza
collettiva, di risorse d’anima e mentali inapparenti, antiavvoltoio, di pensieri
silenziosi ma renitenti
ai ricatti e alle violenze verbali dell’estremismo cattolico, materialista e
anticristico - ha liberato
dalle catene Eluana, è un resto di Italia dei giusti, di Italia che sa
giudicare umanamente e cerca la
libertà nella legge, che non accetta che l’impurità più grossolanamente
sofistica prevalga sulla verità
semplice e pura.
Dobbiamo un po’ tutti ri-imparare a morire: dunque a vivere e a trascendere la
morte. Comprendere
l’insignificanza della vita e dell’esistenza materiale è luce in tenebris.
Per chi, pensando, ritenga che la vera salvezza consista nel liberarsi dalla
schiavitù delle rinascite in
corpi mortali, Eluana col suo lungo martirio avrà meritato la tregua nirvanica,
e non tornerà in
mondi come questo a patire sondini e beccate di avvoltoi - condannati, per loro
intrinseca natura, a
commettere empietà.
Da cristiani autentici si sono comportate le Chiese evangeliche: schierate
dalla parte di Eluana,
hanno voluto ricordare che un essere umano non è soltanto un aggregato
scimmiesco di funzioni e
che è delitto tradirne l’anelito al padre ignoto al di là del finito.
Il combattimento spirituale è brutale. La meno ingiusta Italia, che assumerà
Eluana per segno, non
deve temere di accettarlo, di restare unita, respinto l’avvoltoio, per la pietà
e la luce.
Guido Ceronetti La Stampa 14 febbraio 2009