Eluana, un anno dopo

L’anniversario della morte di Eluana Englaro è stato un «brutto giorno» per l’uso «politico e
ideologico» che è stato fatto della sua vicenda, anche a un anno di distanza.
Le dichiarazioni e gli
articoli comparsi in quest’occasione dimostrano come la dignitosa e mille volte motivata scelta del
padre Beppino non sia stata né capita né tanto meno rispettata da parte di chi avrebbe preferito
prolungare all’infinito la sopravvivenza puramente tecnica di una giovane donna che aveva chiesto
di morire con dignità. Su temi così delicati e controversi è giusto e necessario che si apra un
pubblico dibattito che attraversa le forze politiche, la società civile e le comunità di fede ma non
può non costernare che, piuttosto che partecipare a un dibattito pluralista nel quale si confrontano
pensieri ed etiche differenti, uomini delle istituzioni e esponenti della Chiesa cattolica si siano
buttati, ancora una volta, sul corpo di Eluana.

«Peccato che non l’abbiamo potuta salvare», ha scritto Silvio Berlusconi alle suore che ospitavano
Eluana. Cito questa lettera perché non è scritta da un uomo qualunque, ma dal capo del Governo e
trovo questa frase oltraggiosa perché falsa, consapevolmente falsa: è infatti chiaro a tutti che da 17
anni Eluana non aveva potuto essere salvata e che finalmente un anno fa il suo tutore, che era anche
suo padre, è riuscito a far valere il diritto di Eluana a morire, e con quali sentimenti combattuti
possiamo immaginare. Come mai non si vergogna chi pensa e arriva a scrivere lettere del genere?
Come mai anche esponenti della Chiesa cattolica romana non riescono a provare vergogna per frasi
del genere e per simili alleanze?
Non sanno questi signori che il Signore ascolta le parole e legge i
cuori degli uomini e quindi anche le loro parole e i loro cuori?

Alla fine della giornata del 10 febbraio, a un anno dalla morte di Eluana, il bilancio etico era
disastroso: nessun ragionamento, nessun rispetto, nessuna compassione. Solo, ancora una volta,
giudizi dogmatici, siano essi teologici o giuridici. In questa battaglia attorno al corpo di Eluana non
è mai risuonata la parola dell’amore e della speranza in Cristo. Abbiamo letto e ascoltato solo
giudizi perentori di cui molti cristiani.

Ma se proprio si vuole parlare «cristiano» a un padre che non si dichiara tale, bisogna dirgli altre
cose, per esempio che la storia e la vita di Eluana, una vita bella e amata dai suoi genitori e da tante
altre persone, è amata anche da Dio che ne conosce il segreto e il senso. E dirgli che anche se il suo
dolore è indicibile, come sempre lo è per dei genitori che perdono un figlio o una figlia, non è detto
che una vita lunga sia più sensata e più piena di una vita breve.
«Per il Signore un giorno è come
mille anni e mille anni sono come un giorno» (II Pietro 3, 8) La vita spezzata anzitempo di Eluana
(da un tragico incidente stradale 18 anni fa e non da un medico compassionevole lo scorso anno)
riceve senso e pienezza e amore da Dio e viene il giorno in cui il nostro tempo sarà rivestito
dall’eternità di Dio e tutti saremo nella luce e vedremo faccia a faccia e capiremo ciò che oggi non
possiamo in nessun modo capire.


Maria Bonafede        in “Riforma” 
(Settimanale delle Chiese Battiste, Metodiste e Valdesi)  19 febbraio 2010