ELEZIONI: IL VALORE PASQUALE DELL'ATTESA
Può avere a
che fare con la simbologia pasquale questa nostra attesa attiva e fiduciosa
post-elettorale di un cambio sostanziale; politico ma non solo; un cambio che
vada a certe radici culturali e sociali? Vediamo.
Le consultazioni elettorali hanno sempre qualcosa di sconcertante: usano un
codice espressivo spietatamente binario, sì/no, bianco/nero, di qua/di là. E
questo dover tagliare col coltello è impietoso per chi ama la complessità
dell'esistenza sia personale che sociale. Questa volta però allo sconcerto per
così dire strutturale dovuto alla tecnica elettorale si è aggiunto uno sconcerto
ben più inquietante. Ci siamo trovati di fronte a una incredibile, persistente
ampiezza del consenso verso un sistema autoritario, per non dire dittatoriale,
di gestire la cosa pubblica, quale si è rivelato il sistema berlusconiano. Così
nacque il fascismo. Così ora può nascere qualcosa che gli somiglia molto.
Gli esperti di sociologia e i politologi si incaricheranno di spiegarci che cosa
sta succedendo. Ma noi dal basso abbiamo antenne sensibili che ci consentono
quanto meno di intuire. Uno degli elementi che emergono con prepotenza nella
società attuale è certamente l'insicurezza e la paura. E la paura, come si sa,
ci fa regredire, ci rende bambini, ci induce ad affidarci, a gettarci nelle
braccia di poteri forti, ad abdicare alla nostra responsabilità.
E non è proprio sulla paura che è stata tutta impostata dal centrodestra questa
campagna elettorale? È un classico. Paura di tutto ciò che sa di nuovo nel campo
dell'economia come della cultura, della ricerca scientifica, dell'etica e
perfino della religione. Intendiamoci, non che le grandi trasformazioni della
nostra epoca vadano accolte a braccia aperte senza riserve, senza difese e
attenzioni. I processi innovativi devono essere governati con equilibrio e
saggezza. E soprattutto deve essere affrontato con delicata attenzione quel
senso di smarrimento, di insicurezza e talvolta anche di rifiuto che sempre è
generato dal nuovo che nasce.
È una nuova cultura che deve svilupparsi insieme all'incedere delle
trasformazioni strutturali in modo da asservire i processi del cambiamento
invece di esserne dominati. E per questo serve la conoscenza, la razionalità, la
fiducia e non è utile invece la paura. Strumentalizzare e fomentare a scopo di
potere e di dominio lo sconcerto e anche la paura del parto sociale che sta
avvenendo nel grembo fecondo della realtà attuale è una forma grave di
criminalità politica. E purtroppo è proprio questo che sta avvenendo. Di fronte
a questa mobilità planetaria mai prima di ora sperimentata in una intensità così
massiccia, si alimenta la paura del diverso che attenta alla nostra identità, la
paura dell'immigrazione come invasione dei barbari che vengono a rubarci lavoro,
benessere, tranquillità, la paura del terrorismo che incendia il mondo. Di
fronte a conquiste scientifiche e tecnologiche che penetrano nel sacrario più
intimo della vita, si enfatizzano in modo esasperato i pericoli in campo
genetico e riproduttivo. Di fronte a prese di coscienza e scoperte nel campo
della psiche che rivelano profondità e pluralità di modi di essere finora
ignorati, che impongono l'affermazione di diritti negati di parità della donna,
che aprono orizzonti di dignità per le persone dall'orienta-mento sessuale
finora represso, si demonizzano nuovi modi di impostare i rapporti umani come
attentati alla natura, si colpevolizza la responsabilità della donna nel campo
riproduttivo fino ad accusarla di assassinio non solo per l'aborto ma per lo
stesso uso della pillola abortiva. Di fronte alla scoperta della pluralità e
varietà di esprimere il senso della religiosità e dell'etica che rende relativi
tutti gli universi religiosi, ognuno dei quali si considerava assoluto e unico
vero, si agita il pericolo del relativismo che ci farebbe scivolare nel baratro
distruttivo del "tutto è permesso se non c'è un Dio, o meglio se non c'è il
proprio Dio, che giudica il bene e il male". E via di questo passo.
Un grande compito di formazione culturale sta davanti alla politica e alla
società civile e una grande alleanza s'impone fra istituzioni, organizzazioni
sociali e movimenti per guarire dalla paura e ritrovare fiducia. La delega
democratica usata come sedativo addormenta il senso critico e consente al
cosiddetto berlusconismo di covare sotto la cenere. La partecipazione critica
della società è essenziale per non trasformare l'elezione in un affidamento
irresponsabile che esorcizza la paura ma non la guarisce. La partecipazione
critica e costruttiva costa. È tanto più allettante lasciarsi condurre. Ma i
nuovi amministratori non vanno lasciati soli. Ed essi devono aprirsi alla
società, creare nuovi canali di comunicazione a due sensi, dal centro alla
periferia e dalla periferia al centro, e accettare il confronto, anche se può
essere faticoso.
Ha qualcosa a che fare tutto questo con la simbologia pasquale? È la domanda
inziale. Proviamo a fare qualche riflessione.
Il racconto evangelico della resurrezione è simbolico. Non è storico nel senso
in cui intendiamo oggi la storia. E fra gli elementi simbolici del racconto c'è
proprio il senso positivo dell'at-tesa, il valore dell'attesa. Le donne e gli
uomini del movimento di Gesù devono vivere il tempo angoscioso dell'attesa. Tre
giorni di attesa e di angoscia, tre giorni di sepoltura delle speranze dopo la
crocifissione. Tre giorni simbolici che possono significare un attimo come mille
anni. E quando poi in seguito i cristiani perderanno il senso e il valore
dell'attesa, quando incominceranno ad aver fretta di affermarsi e di vincere ad
ogni costo, allora perderanno anche l'anima e si venderanno al potere. E la
resurrezione diverrà il miracolo del trionfo e si trasformerà in alienazione.
Anche noi viviamo un tempo di attesa. È un'attesa attiva. È una scommessa. Non
ci arrendiamo e continuiamo a scommettere sul sepolcro vuoto, il sepolcro della
paura, animando mille e mille esperienze di attesa positiva e attiva, di
solidarietà, di risanamento delle ferite, di ricerca di percorsi di
pacificazione nella giustizia.
È questa la Pasqua che ci auguriamo di vivere.
Auguri pasquali, dunque, agli eletti della nuova maggioranza che si appresta a
governare e auguri ai loro elettori che si apprestano a una nuova partecipazione
critica e costruttiva.
don Enzo Mazzi
della Comunità dell'Isolotto, Firenze Adista Notizie n.31
2006