L'elemosina del potere
Nonostante
i viaggi apostolici e gli appelli a favore dei diseredati, l'immagine che il
cattolicesimo continua a offrire al mondo è quella di una autorità che predica a
favore dei poveri ma è schierata dalla parte dei ricchi e dei potenti
FILIPPO GENTILONI
La morte
di Giovanni Paolo II e l'elezione di Benedetto XVI hanno riportato le chiesa
cattolica in prima pagina. Soprattutto, ma non esclusivamente, in Italia. Una
posizione certamente non del tutto nuova, ma rinnovata e incrementata. Una
posizione che non dimentica, comunque, le varie crisi che affliggono la chiesa e
che vengono sempre ricordate anche da chi cerca di sottovalutarle. Si parla,
anche negli ambienti più vicini al cattolicesimo, di crisi dell'etica sessuale
fra i cattolici, di carenza di vocazioni sacerdotali e religiose, di difficoltà
nell'ecumenismo, di eccessiva centralizzazione. Crisi, difficoltà,
contraddizioni... Mi sembra, però, che non si parli mai o quasi della crisi che
considero fondamentale, centrale, primaria: lo schieramento del cattolicesimo
nella parte più ricca del mondo. Una affermazione che ha bisogno di immediati
chiarimenti.
Schieramento certamente non totale, ma sostanziale.
E' chiaro che non mancano cattolici - singoli o gruppi - schierati dalla parte
dei più poveri, ma ciò non toglie l'importanza e il rilievo sostanziale dei
«palazzi» e dei principali raggruppamenti, dalle associazioni alle parrocchie.
Le molte eccezioni - dai Piccoli Fratelli di padre De Foucauld alle suore di
Madre Teresa ai preti operai - non modificano il quadro generale. Quello di una
chiesa che si può e si deve annoverare dalla parte dei ricchi o, se si
preferisce, dei potenti del mondo. Quelli che contano, che fanno notizia. Non
sempre e dovunque nello stesso modo: penso soprattutto, ma non esclusivamente, a
quella parte del mondo nel quale la chiesa cattolica è più presente, con i suoi
fedeli e le sue istituzioni: Europa, buona parte dell'Africa, Americhe, Oceania.
Molto meno in Asia, dalla Turchia alla Cina e al Giappone.
Non si tratta, dunque, di una identificazione con
l'Occidente, identificazione che è discutibile e, comunque, parziale. Una
riflessione che riguarda soprattutto il cattolicesimo, anche se alcuni suoi
aspetti si possono attribuire a tutte le chiese cristiane.
Più che con l'Occidente, l'identificazione è
piuttosto con la parte ricca del mondo e questa identificazione non può non
apparire, a dir poco, discutibile: tale, cioè, da mettere in crisi il
«messaggio», l'autenticità, cioè, di quello che il cattolicesimo afferma e
predica. Una identificazione che, in altre parole, rende il messaggio o
inascoltato o, per lo meno, falsato.
Nessuno nega che il messaggio sia riconducibile
fondamentalmente alle beatitudini: se queste si dimenticano o si sottovalutano o
rimangono soltanto come bandiere ripiegate e da museo, il messaggio cristiano si
riduce inevitabilmente a qualche cosa che assomiglia alla religione «civile»:
una sorta di moralità pubblica, utile per il convivere sociale, e poco più. E'
quello che sta avvenendo nel mondo.
Nonostante le mille e mille parole a favore dei
poveri, nonostante i tanti recenti viaggi «apostolici» dei pontefici anche nelle
regioni più povere del mondo, nonostante le mille condanne delle guerre e i
mille appelli per la pace. L'immagine che il cattolicesimo offre al mondo è
quella di una autorità che predica a favore dei poveri ma che è schierata dalla
parte dei ricchi.
Come mai? E' forse utile qualche riflessione sulla
storia. Anche politica e sociale.
Prescindendo dai secoli precedenti, che
richiederebbero una riflessione più approfondita, si può pensare al secolo XIX,
con la nascita della famosa «dottrina sociale della chiesa», iniziata da Pio IX
e proseguita dai successori. Il capitalismo si era decisamente affermato,
raccogliendo l'eredita della cultura borghese, mentre il socialismo cercava di
farsi strada in tutta l'Europa. La dottrina sociale della chiesa rappresentava
un tentativo di mediazione: no al capitalismo - in seguito si preciserà:
«sfrenato» - ma no al socialismo che minacciava le libertà e spesso anche la
religione. Una mediazione che mostrava con una certa evidenza la preferenza, fra
i due mali, per il liberalismo capitalista. che, per lo meno, non metteva in
pericolo la religione, non era ateo. Era il tempo anche del colonialismo in
Africa e in Asia: i paesi cattolici sempre più decisamente schierati dalla parte
dei ricchi che cercavano di imporre al mondo povero la loro «civiltà» cristiana.
A questa situazione, già di per sé «schierata» si
deve aggiungere la lotta contro l'ateismo comunista, una lotta che il Vaticano
ha guidato per decenni e che inevitabilmente ha contribuito a schierare il
cattolicesimo sempre più decisamente dalla parte dei ricchi, quelli che
combattevano, più o meno sinceramente, in nome di Dio e della religione.
Anche dopo il Concilio la paura del comunismo ha
continuato a influire spingendo sempre più decisamente le gerarchie cattoliche
verso il mondo capitalista: eloquente è stata, purtroppo, la vicenda della
teologia della liberazione in America Latina e non soltanto. Si trattava di una
novità nella impostazione del messaggio, una novità rivoluzionaria che Roma ha
condannato e sconfitto, sempre per timore del comunismo che vi si poteva
nascondere. Così, ancora una volta, il cattolicesimo ha confermato il suo deciso
schieramento dalla parte del grande capitale.
Analoga la vicenda seguita al crollo dei muri, e
quindi alla fine del comunismo mondiale. Roma sperava di poter guidare le
società verso posizioni intermedie, sul tipo di quelle della dottrina sociale
della chiesa. Non è stato così: i paesi usciti dal comunismo si sono affrettati
a gettarsi nel campo del capitalismo, ancora una volta fatto proprio, se non
addirittura benedetto, dal cattolicesimo. Il papa ha rischiato ancora di
apparire come cappellano della Casa Bianca.
Anche per un altro motivo che si è andato ad
aggiungere allo schieramento del cattolicesimo dalla parte del grande capitale:
la contrapposizione fra cristianesimo e islam. Sappiamo bene che il capitale è
di casa anche, e fortemente, in alcuni paesi musulmani, ma è innegabile che, nel
suo complesso, l'islam appare quale religione dei poveri, molto più del
cristianesimo. A ragione o a torto. I paesi dell'Africa e dell'Asia che stanno
cercando di emanciparsi dal colonialismo e insieme dal dominio del capitale e
degli Stati uniti non possono non unire anche il cristianesimo nel complesso
degli avversari ricchi. Si pensi anche alle posizioni cattoliche nei confronti
della lotta all'Aids, lotta che sta colpendo duramente alcuni fra i paesi più
poveri del mondo : le posizioni etiche cattoliche rischiano di apparire come
posizioni dei paesi ricchi nei confronti di quelle dei più poveri. La stessa
insistenza sulla elemosina appare come una conferma dell'alleanza con il
capitale.
Una situazione drammatica, aggravata ancora di più
dalla questione dei mass media. Sempre più necessari, ma sempre più costosi e
quindi legati al grande capitale. Un vero problema per tutti, anche per il
cattolicesimo. Senza i media di massa non è possibile far sentire la propria
voce, quindi non è possibile alcuna evangelizzazione. Ma i media sono sempre più
legati al grande capitale, per i costi, per la inevitabile pubblicità che
rischia di cambiare addirittura il valore della parole, rendendole strumentali
al capitale. Le parole anche più «evangeliche», trasmesse dai mass media.
appaiono funzionali al capitale che le trasmette o ne rende possibile la
diffusione.
Che fare, allora? Come potrebbe essere possibile una
svolta che stacchi la spina che collega strettamente il cattolicesimo al grande
capitale mondiale? La risposta è difficile, forse impossibile.
Qualche aggiustamento sembra fattibile, ma
probabilmente insufficiente. Qualche cosa aveva indicato il Concilio Vaticano II,
ma in realtà non è stata realizzata. Meno richieste di denaro in chiesa per i
sacramenti. Minore sfoggio di ricchezza e di favori ai ricchi. Meno cortesie al
grande capitale (qualche settimana fa il papa benediceva in piazza San Pietro
una serie di Ferrari!). Maggiore insistenza nell'aiuto a tutte le forme di
povertà. Il Vaticano che ha abolito le Guardie Nobili potrebbe abolire anche le
guardie svizzere, le nunziature, ecc. Si pensi alla sobrietà di molte chiese
protestanti e dei loro palazzi. E si potrebbe attribuire più valore a quelle
forme di cattolicesimo veramente povero che non sono mancate e non mancano. Chi
ha fede non dovrebbe attribuire troppa importanza alla voce dei media e quindi
del capitale.
Basterebbe? Non credo. A queste forme di
semplificazione bisognerebbe aggiungere una politica mondiale che sia veramente
favorevole ai poveri del mondo: nella linea della pace, ma non solo. Un vero
distacco da quegli Stati uniti che dominano il mondo e dai quali il Vaticano non
riesce a prendere decisamente le distanze.
Sul «che fare», comunque, è difficile parlare.
Sarebbe già molto se si diffondesse una maggiore consapevolezza della gravità di
questo problema. A questa maggiore coscienza chiunque è consapevole può
contribuire.
Il manifesto 13/7/05