Ecco per chi vota il Dio d’America
Non solo Bush,
"il presidente che piange sulle spalle del Signore". Così da Obama a Hillary la
religione sta rivoluzionando la campagna Usa. E la sinistra
La Clinton invece "un
po’ fanatica" e Obama assiduo frequentatore di una Chiesa afro
Il pluridivorziato
Thompson è di fede tiepida e Giuliani si batte per gay e aborto
Washington. Nella corsa alla Casa Bianca scende in campo anche la religione. O
meglio la fede. La novità è che stavolta l´afflato mistico non riguarda i
candidati repubblicani, ma quelli democratici. Tutti hanno scelto di avere Dio
al loro fianco per conquistare quei 30 milioni di voti che la "Christian Right"
sa mobilitare condizionando l´elezione presidenziale. E, mentre i repubblicani
sembrano disinteressati, i leader democratici manifestano una passione per i
«valori tradizionali» che fino a poco tempo fa parevano estranei al loro
elettorato. Così la Clinton informa che la fede l´ha sorretta nella crisi
matrimoniale con Bill, Obama frequenta una chiesa di Chicago e persino Edwards
ricorda la sua «profonda educazione cristiana».
«In chiesa, io? - brontola la bella voce impostata e illanguidita dall´accento
sudista - In chiesa ci vado soltanto quando sono a casa in Tennessee, giusto per
fare contenta la mia mamma». E se non c´è la mamma? Si stringe nelle spalle:
«Dove abito a Washington, le chiese sono poche e lontane». Sembra soltanto una
piccola bugia, la sua, visto che dove abita l´ex senatore Fred Thompson, attore
in servizio e ora candidato repubblicano alla Casa Bianca, nel sobborgo
virginiano chiamato McLean, ci sono 16 chiese di confessioni cristiane "tutti
frutti", Cattolici, Battisti, Episcopali, Ortodossi, Luterani, Presbiteriani,
Metodisti, Avventisti. Avrebbe soltanto l´imbarazzo di scegliere il Dio giusto e
dire all´autista della limousine dove portarlo.
Ma Fred non è un cittadino americano qualsiasi di tiepida fede. Thompson è il
candidato di tendenza, il salvatore atteso e fin troppo annunciato dalla destra
di un partito repubblicano che sembrava essersi per sempre venduto l´anima a Dio
in cambio del potere politico. Ora la grande speranza bianca di teo-con, neo-con
superstiti, cristianisti, crociati, integralisti, "dominionisti" - come li
chiama il giornalista Bill Moyers, cioè quelli che usano Gesù Cristo «come un
randello da picchiare in testa agli avversari per dominare la politica» -
informa gli elettori devoti che lui in chiesa ci va soltanto per far contenta la
mamma.
Se Fred Thompson, che nei sondaggi elettorali è schizzato fino a raggiungere il
cavallo di testa, il sindaco dell´11 settembre Rudy Giuliani, osa parlare così,
qualche cosa di strano è avvenuto nel clima degli umori nazionali. Un cambio di
vento si è alzato a scompigliare le rotte dei naviganti verso la Casa Bianca.
Quel Dio dell´America, che da dieci anni condiziona e terrorizza ogni candidato
con i 30 milioni di voti che la "Christian Right" sa mobilitare, sta cambiando
partito? Anche l´Onnipotente si è stancato di essere tirato per la toga dalla
destra? Sono oggi i democratici a muoversi in processione salmodiante, a
testimoniare una "pietas" cristiana, una passione per i "valori tradizionali"
della quale, fino a ieri, l´elettorato aveva scarse tracce. E sono i maggiorenti
repubblicani a esibire invece pallide credenziali bibliche.
Mentre Fred Thompson ci confessava di essere un cristiano di complemento, e Rudy
Giuliani è fuori dalla cattedrale per la sua tolleranza per gay e aborto,
sull´altra sponda si assiste a un germogliare di professioni di fede. Hillary
Clinton, che non aveva mai manifestato estasi mistiche, ora ci rivela che
«soltanto la mia grande fede in Dio mi ha sorretto durante la crisi del mio
matrimonio e gli anni della Casa Bianca». Vade retro Monica. Barack Obama ci
informa che frequenta con puntigliosa regolarità, insieme con la moglie, una
chiesa molto afro di Chicago, la Trinity United Church. E la terza ruotina del
campo democratico, John Edwards il vanesio, dileggiato per un taglio dei bei
capelli costato 400 dollari, si inginocchia: «Avevo dimenticato la mia profonda
educazione cristiana - sussurra a un confessionale televisivo - ma da qualche
tempo la mia fede è tornata a ruggirmi dentro», proprio così dice, «roar», come
il leone della Metro. Tutti in coincidenza con l´apertura della stagione
elettorale.
Lo schieramento liberal sta cercando di rubare il messalino a una destra che ha
troppo abusato di Dio e non gli ha fatto fare una bellissima figura, in Iraq,
nella assistenza ai derelitti di New Orleans, nei bordelli e nei gabinetti
pubblici frequentati dai campioni della ipocrita moralità valoriale. E nella
breccia aperta dalla strumentalizzazione di Bibbie, Vangeli e Lettere degli
Apostoli, si tuffano, con eguale spudoratezza elettorale coloro che fino a ieri
venivano descritti come gli Anticristi. Gli uffici stampa della Clinton
riesumano la lontana fanciullezza della signora quando pare fosse giovinetta
assai pia. «Era religiosissima, addirittura un po´ fanatica», ci bisbiglia Rahm
Emanuel, il presidente del partito, e il secondo aggettivo pare più credibile
del primo. Già si è espressa per una limitazione della libertà di aborto. «È
bello vedere quanti politicanti scoprono che la via per la Casa Bianca passa per
Damasco», diceva ironico Pat Robertson, lui stesso fondatore e leader di una
congregazione cristiana dalla quale cercò di partire per la conquista del potere
temporale. «Agli occhi di un candidato, la cabina elettorale si trasforma
prodigiosamente in un altare», osserva il politologo E.J. Dionne.
La storia del rovesciamento di campo che il Dio dell´America avrebbe compiuto
comincia da una riunione riservata che i capi delle varie famiglie della "destra
di Dio" organizzarono nel lusso del Ritz-Carlton ad Amelia Island, in Florida,
sette mesi or sono. Era febbraio. Il loro confortevole concilio doveva decidere
su quale profeta puntare, per salvare il partito che rischiava di sgretolarsi
nella frana dell´Iraq e nella lunga agonia di George W. Bush, il Presidente «che
piange sulla spalla di Dio». Di fronte a pezzi grossi quali James Dobson di "Focus
on the Family" (antiabortisti implacabili), di Jerry Falwell («l´11 settembre fu
il castigo divino contro i gay e i peccatori») dopo poco richiamato nei cieli a
render conto delle sue sciocchezze e di Grover Norquist, l´apostolo americano
del "meno tasse a Cesare", sfilarono i top model del partito repubblicano.
La sentenza del sinedrio a cinque stelle fu desolata. I buoni cristiani presenti
alla sfilata, come il fu governatore dell´Arkansas, Mike Huckabee, un pastore
Battista ordinato, o il senatore del Kansas Sam Brownback, eroe dei creazionisti
contro gli evoluzionisti, erano simpatici pesi leggeri senza chances di
vittoria. Il reverendo Huckabee non supera il 3% dei sostegni, nel suo partito,
e Brownback è rumore di fondo. Ma in fatto di credenziali evangeliche e
apostoliche, anche i pesi massimi erano deprimenti. Rudy Giuliani, cattolico
nominale ma con due divorzi, tre mogli, lampanti adulteri, figli che non gli
rivolgono più la parola e preoccupanti frequentazioni (puramente amicali) di gay
non può entusiasmare i crociati, né fingere di essere quello che non è. Fred
Thompson, ennesima caricatura di Ronald Reagan (un uomo di vaga fede) è anche
lui pluridivorziato e risposato a 60 anni con una donna di 30, e con meritata
fama di cacciatore di gonne. John McCain «prega regolarmente» in privato, ma non
ostenta in pubblico.
L´unico militante dichiarato, Mitt Romney del Massachusetts, è un vescovo,
addirittura, ma Mormone, confessione riscritta da un Gesù riapparso di persona
nelle Americhe e destinato a ripresentarsi nel Missouri (Gesù, non Romney), un
secondo avvento che l´86% dei cristiani fedeli alla versione originale, al
Cristo di Nazareth, considera leggermente stravagante. «Il movimento
conservatore, quello che è chiamato a combattere la guerra culturale del nostro
tempo contro il secolarismo e il relativismo è stato tradito dal partito
repubblicano» ha sentenziato Richard Viguerie, che fin dai tempi di Nixon è il
maestro elemosiniere del tempio.
Il Dio d´America non ha dunque un titolare in campo, questa volta. E in questa
depressione dei cristianisti, si sono create le condizioni atmosferiche per il
cambio di vento. Se nessuno può contare sulla falange sudista che non si
mobiliterà nel 2008 come fece nel 2004 per Bush, il solo serbatoio di voti
possibili al quale attingere sta fra gli Indipendenti, fra quegli americani e
americane che dicono credere in Dio (80%), ma non vogliono arrendersi ai Taliban
della religione usata come randello. Ecco allora il fedele Mormone Romney
ripetere che lui, come già Kennedy, ascolterà la Costituzione, ma non le
direttive degli Anziani della sua Chiesa. «Io sarò il Presidente di una nazione,
non il Presidente dei Mormoni». Thompson segnala obliquamente che è accettabile
andare o non andare alle funzioni, senza per questo essere un terrorista o un
comunista. Giuliani ignora la questione religiosa, perché dopo aver danzato sul
palcoscenico in calze a rete fra le "rockettes", le ballerine di fila del music
hall e avere sposato in chiesa, in prime nozze la propria cugina, ignorando la
necessità di una dispensa vescovile, è tardi per presentarsi come un esemplare
cristiano.
Nella cattedrale abbandonata e su gregge confuso si avventano i democratici, non
per essere i nuovi Hezbollah, il partito del Dio americano, ma per dare
sufficienti pretesti agi incerti per votarli e ai devoti per non votare gli
avversari. E così la religione, già monopolio dei repubblicani e usata come
un´accetta dallo stratega di Bush, Karl Rove, torna in gioco. La Clinton
promette di incoraggiare e mantenere quelle forme di assistenza «basate sulla
fede» che Bush aveva voluto per dare maggiore potere alle chiese e meno al
governo e che avevano creato alla fine della separazione stato-chiesa. John
Edwards spaccia la propria immensa ricchezza (400 milioni di dollari, si dice)
accumulata querelando le grandi società, come una sorta di missione da buon
samaritano, intrapresa per soccorrere «il più piccolo dei miei fratelli». Mentre
Barack Obama si getta in una difesa della fede religiosa, come pilastro dei
valori civili e sociali della nazione, che avrebbe squalificato come papista
quel Kennedy al quale è stato paragonato.
La saggezza popolare americana avverte che «non ci sono mai atei nelle trincee e
nelle corsie d´ospedale». Non ce ne sono neppure quando incombono le elezioni,
tra i candidati, e neppure tra i neo-teo-dem, tra questi nuovi democratici
convertiti che hanno fiutato il profumo del potere tra l´incenso, secondo il
memorabile opportunismo di Enrico di Navarra, convertito sulla via di Parigi.
Giocare la "God´s Card", la carta Dio, pretendere di essere i suoi rappresentati
in terra non dovrebbe servire a far vincere la Casa Bianca, ma soltanto a
evitare di perderla. Questa volta il Dio dell´America, con la spalla bagnata
dalle lacrime di coccodrillo di chi nominò il suo nome invano, potrebbe
astenersi.