Dov'è la vera
laicità
Non poteva Berlusconi risparmiarsi la frase che suona infelice in bocca ad uno
statista: «Il mio
governo non può che compiacere il pontefice e la Chiesa»? No. Non poteva.
È il suo modo di essere schietto e popolare presso i suoi elettori. In questo
caso non vuole lasciare
dubbi sul fatto che il governo si atterrà zelantemente alle indicazioni della
Chiesa in tutte le
questioni sul tappeto, anche su quelle che dividono profondamente i cittadini
italiani.
Ma evidentemente per Berlusconi i cittadini che dissentono (con rispetto) dalle
indicazioni della
Chiesa su alcuni importanti problemi, non contano. Non sono rappresentati dal
suo governo. Il suo è
un governo che «sta dalla parte della Chiesa», non laicamente dalla parte della
intera comunità dei
cittadini. Come se i valori della giustizia, della tolleranza, dell’attenzione
per i più deboli fossero
prerogativa dei credenti. Come se i discorsi sui diritti umani o sul rispetto
della vita fossero
monopolio esclusivo degli uomini di Chiesa.
È questa la scelta della «vera laicità», predicata da tempo dai clericali e
fatta propria dal
centrodestra?
In effetti nelle parole del presidente del Consiglio la separazione tra Chiesa e
Stato è evocata in
modo paradossale, quando dice «lo Stato laico ha tutto il diritto di seguire la
propria impostazione
nell’azione di governo». La scelta appunto di stare con una parte dei cittadini,
di quelli che l’hanno
votato.
Tutto questo non ha nulla a che vedere con la soddisfazione condivisa da tutti
circa il «nuovo clima
che si è instaurato in Italia», purché si riconosca che non è merito esclusivo
della coalizione di
centro-destra.
Ma lasciamo da parte le dichiarazioni di principio e chiediamoci se ci saranno
delle conseguenze
pratiche della visita di Berlusconi in Vaticano. Dalla riservatezza delle
dichiarazioni ufficiali,
emesse dopo la visita, non è dato capire se ci saranno iniziative particolari.
Forse lo può dire
soltanto chi sa leggere tra le righe del documento e sa interpretare i sussurri
dei sacri palazzi.
Verosimilmente gli uomini di Chiesa non hanno alcun interesse a turbare
l’idillio con il governo
sollevando con clamore, frontalmente, le due questioni che più stanno loro a
cuore: il finanziamento
della (loro) scuola privata e la modifica della legge 194. Sui punti caldi della
passata legislatura coppie
di fatto, normative sulla fecondazione assistita o sulle malattie terminali -
possono stare
tranquilli: non se ne farà nulla. Circa le perplessità sulla questione del
finanziamento delle strutture
ecclesiastiche tramite l’otto per mille continuerà l’efficace congiura del
silenzio stampa e mediatico.
Per il resto adotteranno una strategia di pressione indiretta. Magari attraverso
l’uso spregiudicato
delle regioni (si veda l’atteggiamento anticipatore del governatore della
Lombardia, Formigoni). E
soprattutto terranno sotto tiro le velleità laiche del Partito democratico.
Il partito veltroniano rimane sostanzialmente sprovveduto e impreparato ad
affrontare la nuova
situazione. Si lascia ricattare dalle ridicole accuse di «laicismo». Si lascia
intimidire dalla
proclamazione della «non negoziabilità dei valori». Non osa spostare i termini
della laicità dai
problemi del credere/non credere alla questione centrale della democrazia che
riguarda la piena
legittimità di tutte le visioni morali della vita, razionalmente e pubblicamente
argomentabili.
Si tratta ovviamente di problemi impegnativi e difficili, che sono affrontabili
soltanto con un
soprassalto culturale e politico che in questo momento non si vede da nessuna
parte. Tanto meno in
una cultura di centro-destra che nasconde la sua povertà e le sue contraddizioni
dietro lo zelo versola dottrina della Chiesa. È il tempo del «compiacere»
berlusconiano.
Gian Enrico Rusconi La Stampa 7 giugno
2008