Don Carlo libero,
la solidarietà non è reato
Un mese è passato da quel 9 febbraio in cui padre Carlo D'Antoni, parroco della
Chiesa di Bosco
Minniti (Sr) insieme ad altre otto persone è stato posto agli arresti
domiciliari, accusato dal Gip del
Tribunale di Catania di associazione per delinquere finalizzata al
favoreggiamento dell'illecita
permanenza, falso ideologico in atto pubblico e false dichiarazioni a Pubblico
Ufficiale.
È, a nostro parere, un pesante segnale che viene inviato a tutti coloro che -
come padre Carlo fa in
prima persona da anni - continuano concretamente a fornire assistenza ed
accoglienza a quei
migranti che hanno come unica colpa il non avere un documento, o il non averlo
ancora
perfettamente a posto. Quanti sanno che per fare domanda di asilo il richiedente
deve eleggere il
proprio domicilio? Ma come può una persona appena arrivata, che non conosce
nessuno, che non
parla la lingua, dimostrare di avere un alloggio a disposizione?
Ecco allora che i centri di accoglienza, i centri sociali e le
parrocchie come quella di Boscominniti
si attivano per offrire un tetto, un pasto caldo, e una dichiarazione di
ospitalità, primo passo
indispensabile per poter accedere alla procedura. Passato il primo periodo, la
persona prova a
rendersi autonoma, e magari si sposta per cercare lavoro: mantiene però un
contatto con la
parrocchia, con il centro che l'ha accolto e ospitato, punto di riferimento sul
territorio, che consente
di diminuire il fenomeno dell'irreperibilità dei richiedenti asilo.
Ecco quindi i pericolosi reati di cui è indagato padre Carlo, e che lo
costringono ai domiciliari da
due settimane, come un pericoloso criminale: aver dichiarato l'ospitalità per
chi - in fuga da guerre e
persecuzioni - ha trovato nella parrocchia di Boscominniti un rifugio, e aver
rifocillato e accolto
molti di loro, aiutandoli a districarsi nelle pratiche burocratiche.
Sappiamo che il soccorso e l'assistenza umanitaria senza scopo di lucro degli
immigrati anche in
situazioni di irregolarità non sono ancora reato in questo paese, neppure dopo
il pacchetto sicurezza.
Chiediamo quindi che padre Carlo sia liberato, che la sua situazione sia
chiarita al più presto e che
possa tornare a svolgere la sua preziosa opera di solidarietà presso la sua
parrocchia!
*** Tra i firmatari:
Annamaria Rivera (Università di Bari), Eugenio Melandri (Chiama l'Africa),
Moni Ovadia, Daniele
Barbieri (Scimmie verdi, Imola), Padre Alex Zanotelli (missionario comboniano),
Vincenzo e
Caterina Consolo, Maria Immacolata Macioti (Università La Sapienza Roma),
Alessia Montuori
(Senzaconfine, Roma), Iuri Carlucci (Ass. Azad-per la libertà del popolo kurdo),
Shabir Mohamed
(Ass. lavoratori pakistani in Italia), Renato Sarti (Teatro della cooperativa,
Milano), Nella
Ginatempo, Vincenzo Miliucci (Confederazione cobas), Domenico Lucano (sindaco di
Riace),
Chiara Sasso (coord. Rete dei comuni solidali).
Per adesioni: senzaconfine@libero.it
il manifesto 13 marzo 2010