Il diritto calpestato
La rottura della legalità sul caso Eluana è netta: c´è una sentenza di cui
il governo impedisce l´attuazione.
Questo povero paese è ormai prigioniero di continue rotture della
legalità, che decompongono un tessuto civile sempre più debole, e violano gli
stessi diritti fondamentali delle persone. Vittima sacrificale, una
volta di più, è Eluana Englaro, alla quale la prepotenza governativa nega quel
diritto di morire con dignità che le era stato definitivamente riconosciuto da
limpidissime e rigorose decisioni della magistratura.
Prepotenza è la parola giusta, e lo conferma il sincero comunicato con il quale
la clinica di Udine ha fatto sapere di non poter dare a Eluana Englaro
l´assistenza necessaria per l´interruzione dei trattamenti che da diciassette
anni la mantengono in uno stato vegetativo persistente. E´ il timore della
revoca della convenzione, minacciata dal ministro della Salute, ad aver
determinato la decisione della clinica, che dice francamente di non poter
correre il rischio della perdita del posto di lavoro per centinaia di suoi
dipendenti e di quanti collaborano con essa dall´esterno. Il ricatto
dell´occupazione, mai forte come in questi tempi, dà forza ad una brutale
imposizione politica.
Eluana Englaro è vittima di un accanimento ideologico che nega la sua umanità,
incrina la fiducia con la quale i suoi familiari hanno sempre creduto nello
Stato di diritto, non si preoccupa della stessa grammatica giuridica.
All´origine vi è quel nebuloso provvedimento del ministro Sacconi, «un atto di
indirizzo» rivolto alle regioni senza sufficiente base giuridica, specchio
fedele di una politica che si mette al servizio di insostenibili posizioni
ideologiche.
La rottura della legalità è netta. Vi è una sentenza passata in giudicato di cui
il governo impedisce l´attuazione. Il fatto già in sé grave, lo diviene ancora
di più alla luce di un precedente: il tentativo delle Camere di bloccare
l´esecuzione della sentenza, sollevando un conflitto di attribuzione tra il
Parlamento e la magistratura respinto duramente dalla Corte costituzionale.
Dove aveva fallito il Parlamento, che pure aveva cercato un simulacro di
rispettabilità giuridica, rischia l´aver successo un governo che impugna come
una clava un puro potere di intimidazione.
Così è, perché gli argomenti giuridici alla base dell´atto di indirizzo del
ministro sono praticamente inesistenti. Si fa riferimento a un parere del
Comitato nazionale di bioetica privo di ogni valore giuridico vincolante e per
di più approvato a maggioranza. Si invoca la convenzione dell´Onu sui diritti
dei disabili che, da una parte, non è ancora pienamente operativa in Italia e,
dall´altra, dice cose che non riguardano il caso di Eluana Englaro.
L´articolo 25 di quella convenzione infatti dice che non si possono interrompere
i trattamenti di idratazione e alimentazione forzata, ma questo divieto riguarda
solo il fatto che non si può imporre l´interruzione. Cosa ovvia, ma
assolutamente diversa dal fatto che quei trattamenti possono sempre essere
rifiutati, come ha riconosciuto la Cassazione nel caso di Eluana Englaro, dando
attuazione ad un principio presente nella nostra Costituzione in vari documenti
internazionali, che attribuiscono alla persona il potere di disporre liberamente
della propria vita. E non si dica che la vita è un bene indisponibile. Ancora
pochi giorni fa una donna ha rifiutato un´amputazione, ed è morta. «Contro
la forza, la ragion non vale», dice un rassegnato proverbio.
Oggi dobbiamo concludere che non vale neppure il diritto dichiarato nelle sedi e
nelle forme proprie. In Italia, come sta accadendo in Francia, si sta
consolidando l´orientamento secondo il quale la sola legittimazione politica può
cancellare ogni altro potere o garanzia. I familiari di Eluana dovranno
continuare la loro civile lotta, e nei prossimi giorni il Tar dovrà pronunciarsi
sulla legittimità della decisione della Regione Lombardia che ha vietato alla
clinica di dare esecuzione alla sentenza della Cassazione.
Ma, di fronte ad una prepotenza che è tutta politica, bisogna chiedersi se da
chi non condivide l´orientamento del governo, e ha precisi ruoli e
responsabilità politiche, sia stato fatto tutto quello che era necessario per
difendere diritto umanità civiltà. L´opposizione si è espressa solo attraverso
prese di posizione personali, prigioniera solo di paure interne, visto che più
di un´indagine ha dimostrato che l´opinione pubblica è nella maggioranza a
favore dell´interruzione dei trattamenti, anche in significativi ambienti
cattolici. Una opposizione silenziosa, che non comprende il senso della
difesa dei diritti e della civiltà giuridica, ha poco futuro davanti a sé.
Stefano Rodotà Repubblica 17.1.09