Il dilemma del partito
La nascita del Partito democratico imbarazza il mondo
cattolico.
Era prevedibile.
Tutto quel mondo che è erede della Democrazia cristiana oscilla fra due
possibili posizioni, con le loro inevitabili molteplici divisioni.
Da una parte chi preferisce una presenza cattolica ben visibile, riconoscibile
accanto alle altre, strutturata come tale.
Dall'altra tutti coloro che preferiscono una presenza «laica», una presenza,
cioè, di cattolici che in politica non si presentano come tali, non si
caratterizzano per il loro cattolicesimo. Un dilemma, questo, che ha segnato il
mondo cattolico italiano dal giorno della fine del partito, come si diceva, «a
ispirazione cristiana».
Oggi il dilemma si ripresenta in termini più drastici, proprio per la nascita di
un partito politico che dovrebbe raccogliere l'eredità sia dei cattolici
«organizzati» sia di quelli che erano confluiti nei vari schieramenti della
sinistra e del centro. Se proprio si devono fare dei nomi, si può indicare Rosy
Bindi come portavoce dei cattolici, per così dire, senza etichetta politica e
invece il ministro Fioroni come esponente dei cattolici etichettati.
Non a caso il ministro della Pubblica istruzione è andato a inaugurare l'anno
scolastico anche in una scuola cattolica oltre che in una scuola pubblica.
Un gesto significativo.
Probabilmente il dilemma continuerà. A alimentarlo anche la gerarchia cattolica,
che da una parte vuole evitare ingerenze che la chiamino in causa direttamente,
ma, dall'altra, teme una presenza dei cattolici troppo nascosta, quasi
invisibile. La necessità della visibilità probabilmente spinge i «palazzi» su
posizioni che non si accordano facilmente con una presenza dei cattolici insieme
ad altri.
Ma quale sarebbe la loro «specifica» presenza politica? Non è facile dirlo.
Si parla molto di una presenza «moderata» che potrebbe, forse, caratterizzare la
presenza cattolica distinguendola dalle altre. Il vecchio «centrismo» non basta
più.
Sarebbe però piuttosto triste che la presenza cattolica si caratterizzasse per
il moderatismo. Triste per la democrazia e triste anche per la «sostanza» del
cattolicesimo.
Una etichetta poco politica e certamente anche poco evangelica. Speriamo che
l'amore della visibilità non conduca a una canonizzazione del moderatismo.
Filippo Gentiloni Il manifesto 16/9/07