DEMOCRAZIA NELLA PALUDE
Dopo la velina anonima del caso Boffo ecco la telecamera nascosta
del caso Marrazzo. Quattro sottufficiali dei carabinieri sono stati arrestati
per aver tentato di ricattare il presidente regionale del Lazio con un filmino
girato in camera da letto. Il generale dell'Arma ha smentito ogni dietrologia
allontanando l'ombra del complotto, spiegando che si tratta di «mele marce».
Difficile crederlo quando a finire nella trappola non è una persona qualunque ma
un politico di prima fila: non erano i soldi l'obiettivo principale, ma il
killeraggio di un uomo politico. E, in ogni caso, la corruzione di un gruppo
di carabinieri con i gradi, non è un episodio da rubricare sotto la voce
criminalità comune. Quando il metodo del pedinamento, del ricatto
personale, dei dossier confezionati e offerti da archivi stranieri diventa il
timbro di una fase politica, è tutto il cesto italiano ad esserne avvelenato.
Il presidente della Regione Lazio sarebbe sotto ricatto da mesi, il gruppo di
carabinieri che lo aveva seguito e filmato viene scoperto per caso e arrestato
alla vigilia delle elezioni primarie del Pd, all'inizio di una lunga campagna
elettorale per il rinnovo del governo regionale. Il metodo della
delegittimazione sferra un altro colpo. Tutti i politici, di maggioranza o
opposizione, da un governatore regionale al presidente della camera, stiano
attenti. Nessuno deve sentirsi al sicuro. Il messaggio
arriva ai destinatari, la strategia è chiara. E i cittadini ascoltino
con attenzione i telegiornali della sera: non è solo il grande capo a non essere
un santo. Come se le escort-candidate e quel che ognuno è libero di fare nella
sua vita privata fossero la stessa cosa. Distinguere è un esercizio
destinato ad affondare nel fetore della palude.
Le scosse violente tra le istituzioni di garanzia e il capo del governo, le
rivelazioni sulla trattativa tra la cupola mafiosa e pezzi dello stato, la
questione morale delle tangenti che riemerge al nord e si specchia in una
questione criminale al sud. Anche una democrazia forte e in buona salute,
e non è il caso nostro, ne verrebbe sfregiata, colpita negli anticorpi che
indeboliscono e non riescono ad arginare l'estendersi dell'infezione. La paura
si infila nelle relazioni umane, la convivenza incattivisce nell'odio sociale
sbarrando la strada a idee e speranze.
Tanto più indifesi di fronte allo tsunami della disoccupazione e davanti
a una protesta sociale larga, orgogliosa, generosa che scende in piazza ma non
trova una leadership in grado di rappresentarla. Con l'aggravante di una
«nebbia fitta» come dice Tremonti, che avvolge i palazzi romani nel rincorrersi
di voci su possibili dimissioni del ministro dell'economia, cioè dell'architrave
di un governo che non riesce ad affrontare la crisi. Un ministro sotto attacco e
un altro, Bossi, che gli assicura la sua protezione.
La politica come una questione di chi guarda le spalle a chi.
Norma Rangeri Il Manifesto 24/10/2009
Un
clima tossico di cui liberarsi
«C'è un clima tossico, insostenibile per un paese civile. Perché quando il
dibattito politico imbocca la strada dei ricatti personali, significa che il
sistema democratico è arrivato a un punto oltre il quale c'è solo una
degenerazione da cui, poi, è difficile tornare indietro». Così Ffwebmagazine,
periodico online della Fondazione Farefuturo, ieri ha commentato la vicenda di
Marrazzo, una storia «fatta di accuse personali, di sospetti e di dossier». A
Marrazzo arriva la solidarietà della destra di ogni sfumatura. «Meglio vivere un
giorno da spiato che cento da spione. E lui sa a cosa mi riferisco», dichiara
sibillinamente Alessandra Mussolini.
Il Manifesto 24/10/2009