DALL'IRAQ A VICENZA,
TORNIAMO A FARCI SENTIRE
Il
Presidente Bush, nonostante la recente sconfitta elettorale causata soprattutto
dalla guerra da lui scatenata in Iraq, rilancia il nefasto intervento armato
proponendo di accrescere la presenza militare americana in quel martoriato
territorio. Di fronte al tragico fallimento di un conflitto che ha seminato
morte e rovine provocando una micidiale guerra civile tra opposte fazioni, la
Casa Bianca non riflette ma reagisce in maniera istintiva, non ascolta ma lancia
proclami, non "lascia" ma "raddoppia" facendo così nuovi e preziosi regali a
quel terrorismo che dice con tante e dure parole di volere ad ogni costo
combattere. Negli Stati Uniti l'opposizione del Partito Democratico, divenuto
maggioranza al Congresso dopo le recenti elezioni, non sembra in grado, anche
per la ripartizione dei poteri sancita dalla Costituzione di quel Paese, di
bloccare questa disperata e rovinosa politica.
D'altro canto, l'opinione pubblica statunitense, pur avendo dimostrato col voto
il suo dissenso nei confronti di Bush, appare non sufficientemente determinata a
fermare con la protesta popolare l'escalation decisa e portata avanti dal
Presidente americano. Ma l'Iraq è solo l'iceberg di una politica che, nel suo
complesso, punta a "mettere le mani" sul mondo operando interventi armati ed
imponendo un modello di economia che aggrava gli squilibri e colpisce legittimi
interessi e diritti fondamentali. Una politica che manifesta tutta la sua
pericolosità con i bombardamenti in Somalia ed anche, in maniera certo meno
eclatante ma di sicuro fortemente significativa, con la insistente richiesta di
allargamento della base militare Usa di Vicenza, una pretesa accettata a suo
tempo dal Governo Berlusconi alla quale oggi il Governo Prodi non è riuscito ad
opporsi nonostante le riserve ed i dubbi determinati anche dalle giuste
contestazioni e proteste della città veneta.
Di fronte ad una tale situazione cosa fa in Italia ed in Europa il movimento per
la Pace che non riuscì, è vero, nel 2003 a fermare l'occupazione militare
dell'Iraq ma che si impose all'attenzione della opinione pubblica mondiale per
la sua profezia e per la sua forza e che fu perciò definito dal New York Times
"la seconda potenza mondiale"? Cosa frena quella "potenza" che si mostrò in
grado di scendere pacificamente in campo armata solo delle proprie buone ragioni
per tutelare e promuovere la pace ed i diritti fondamentali di milioni di uomini
condannati alla fame e alla morte dalle logiche di dominio e di sfruttamento che
attanagliano l'intero pianeta? In quali dimore si è raccolto, sia pure per
dedicarsi ad utili servizi ed interventi, quel movimento che era sceso nelle
strade e nelle piazze di tutto il mondo per levare la sua voce di protesta e di
proposta? Quali chiusure e quali protagonismi lo hanno indebolito e diviso?
Quale demone, con la perversa astuzia di chi predica il realismo e deride
l'utopia per indurre alla rassegnazione, sta tentando di rinunciare alle sue
speranze ed al suo impegno per la costruzione di un "altro" mondo considerato
fino a ieri "possibile"?
In una difficile situazione interna ed internazionale, all'inizio degli anni
cinquanta, si muoveva anche allora in Italia il movimento mondiale per la pace e
don Primo Mazzolari, a nome del gruppo delle "Avanguardie cristiane", vi aderiva
ed inviava un messaggio al congresso per la pace svoltosi a Varsavia. Un
messaggio che conteneva la presentazione di alcune esigenze e, in particolare,
quella che negli atteggiamenti e nelle decisioni del movimento vi fosse "quel
distacco da ogni prestabilito vincolo politico e quella superiorità con cui
dovrebbero essere servite le grandi cause" nonché quella che fosse dato "più
posto ai poveri di ogni parte del mondo" evitando la prevalenza di
intellettuali, politici e sindacalisti, "i quali, pur avendo l'animo aperto,
difficilmente sanno intendere e tradurre l'angoscia di chi non ha scampo, né in
pace né in guerra, da quelle ingiustizie che tolgono la libertà, la dignità ed
il gusto di vivere".
Sono passati più di cinquant'anni ed oggi abbiamo il terrorismo che imperversa e
le tante guerre che esplodono in diverse parti del mondo ma i problemi del
movimento per la pace non sono in sostanza cambiati rispetto ai tempi di don
Mazzolari e dei suoi amici delle "Avanguardie cristiane": da una parte, le
chiusure preconcette e le difficoltà di dialogo e, dall'altra, i rischi che
tentazioni ideologiche ed interessi di parte possano intaccare l'autonomia e la
forza di un movimento capace di cambiare la storia. È necessario che questo
movimento si ritrovi subito perché il mondo ha bisogno di una forza che non
degeneri e non si disperda, di un grande coagulo di energie morali e sociali
capace di togliere dalle mani dei potenti della Terra, il diritto che tutti gli
uomini hanno di decidere il loro futuro ed il loro destino.
Michele
Di Schiena
presidente
onorario aggiunto della Corte di Cassazione
ADISTA notizie n.9 2007