Il crimine e la
critica
Un uomo
La pietra in forma di Duomo, tirata il 13 dicembre sulla faccia di Berlusconi,
mostrata al mondo
sanguinante, dolorante e terrorizzata, deve, prima di tutto, farci guardare il
volto offeso e ferito di
un uomo, uno di noi. La sofferenza accomuna tutti. Nessuno offenda il potente
nella sua fragilità.
Chi crede in Cristo, salvatore persino dei ricchi (Matteo 19, 23-26 e passi
paralleli in Marco e
Luca), prega per lui.
Come abbiamo detto e scritto in altri simili casi (Reagan, Craxi), il potente
colpito dalla violenza,
oppure quando è spogliato del potere, ritorna un uomo pari a tutti noi,
fragile, dolorante, e
riguadagna il rispetto e la solidarietà dovuti ugualmente a tutti, che invece la
potenza offusca, così
come – dice Kant - ottunde l’intelligenza.
Il dolore che dobbiamo compartecipare per primo è quello molto più grande
dei poveri, dei senza
voce, delle vittime di immense violenze sistematiche, degli ingannati.
Berlusconi ferito, umiliato e
offeso si avvicina ai poveri: condannando la violenza che lo ha colpito,
combattiamo tutte le
maggiori violenze consolidate nelle strutture e nelle mentalità.
Critica
La com-passione che sente il dolore altrui, anche dell’avversario, è sacrosanta,
eppure non
contraddice né può impedire la critica politica corretta e veritiera, in difesa
delle istituzioni che
devono garantire i deboli ancora più dei forti.
La critica degli atti di Berlusconi, che era giusta, non perde le sue ragioni.
La compassione non
elimina la contesa e il giudizio intellettuale, morale, politico, ma li
riconduce in termini più umani e
gli garantisce termini più giusti. Se nella critica abbiamo talvolta
mancato di considerare la
debolezza patologica (ma pericolosa) del potente superbo, ora vogliamo imparare
di nuovo la regola
umana primaria della pietà, anche nel conflitto, affinché sia e resti sempre
nonviolento.
Violenza stolta
Realisticamente, è da prevedere che il fatto patito sarà utilizzato da
Berlusconi per rafforzare la
presunta giustizia del suo potere, supremo e indiscutibile, con l’enfasi morale
della vittima. Ecco la
stoltezza dell’azione violenta, che di natura sua viene dalla violenza e
permette di giustificare altra
violenza oppressiva o repressiva, fisica, o strutturale, o mentale.
Opposizione
L'opposizione politica, oltre al deplorare giustamente e sinceramente
quell’atto, deve darne una
interpretazione meditata, culturale, politica, nella situazione presente. Essa
deve mostrare che
l'imperiosità che disprezza la legge e le critiche, suscita violenza,
perché è già violenza, e che tutti, a
cominciare dai più forti, devono sottostare alla legge, il cui compito è
limitare e imbrigliare i poteri
di fatto, per liberare i diritti impediti (secondo il grande art. 3 della
Costituzione, disprezzata come
vecchia da Berlusconi)
Libertà e giustizia
Qualcuno ha detto: "Tra il forte e il debole la libertà uccide, e la legge
libera". È falsa libertà quella
di "libere volpi fra libere galline".
Il tema dell'opposizione e Berlusconi deve essere la giustizia, non tanto
(anche) quella penale (non
vendicativa, ma restitutiva-riparatrice), quanto quella sociale. La
disuguaglianza grossa e pesante
offende più della miseria. Suscita servilismo o violenta rivolta. Quando
la ricchezza si fa potere, e
anche potere arrogante, accade facilmente che la critica e il bilanciamento del
potere, se non trova
spazi politici nelle strutture democratiche e nonviolente, sia tentata dalla
violenza; accade
facilmente che i più deboli moralmente e psichicamente, o i più fanatici, vi
cadano. Ma la violenza
non viene su dall’inferno: nasce tra le cose umane, dall’alto e dal basso della
società, quando non
sappiamo regolarle con saggezza e giustizia.
La libertà è frutto della giustizia, e la giustizia non può essere imposta da
chi ne pretenda il
monopolio, ma è frutto della libertà onesta. La libertà è vera quando è
condivisa: la tua libertà non è
il limite della mia, ma la condizione della mia libertà: non sono davvero
libero se non lo sei anche
tu. Libertà e giustizia si sostengono a vicenda, non si può opporle l’una
all’altra. E insieme possono
resistere alla violenza senza riprodurla.
Enrico Peyretti in “www.nuovasocieta.it”
17 dicembre 2009